Karl Lagerfeld: l’uomo che ha rivoluzionato i codici della moda
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Karl Lagerfeld: l’uomo che ha rivoluzionato i codici della moda

Guanti spuntati in pelle nera, occhiali da sole squadrati e un codino che racchiude i capelli argentati, un uomo che ha fatto della sua immagine uno status

Karl Otto Lagerfeld, meglio noto come il Kaiser della moda, venerato dai colleghi del settore e conosciuto persino dai novellini della moda, è il protagonista del Met Gala di quest’anno. Karl Lagerfeld: A Line of Beauty la mostra che ha l’arduo compito di rendere omaggio al direttore creativo selezionando, purtroppo, solo 150 abiti. A onorare la memoria del direttore creativo saranno anche gli ospiti, che hanno il compito di scegliere il loro abito «In Honor of Karl». La scelta è sicuramente ardua ma le aspettative sono molto alte, Lagerfeld nel corso della sua carriera ha prestato la sua immaginazione a tante case di moda, tra Balmain, Fendi e Chloé, per non parlare di Chanel. Ma vediamo nello specifico com’è nato questa figura che sembra essere sempre esistita nel mondo della moda.

Possiamo ricondurre il suo esordio al 1954, quando Lagerfeld ha partecipato al Woolmark Prize, ideato dall’Internazional Wool Secretariat - organizzazione formata per gran parte degli allevatori di pecore dell’Australia - che ai tempi rappresentava un punto di riferimento per i giovani apprendisti della moda a Parigi, promotori dell’uso della lana vergine nell’era in cui le fibre sintetiche fecero il loro ingresso. La competizione metteva in palio la realizzazione del proprio bozzetto e le categorie erano tre: cappotto, abito da sera e tailleur. Karl, nonostante la sua avversione per i cappotti, trionfò grazie al suo cappotto giallo canarino con maniche a tre quarti, dal profondo scollo a V sulla schiena e una spessa fibbia al posto del colletto. Gli appassionati sapranno che è la stessa competizione che ha visto anche la vittoria di Yves Saint Laurent per l’abito da sera, che venne realizzato da Hubert de Givenchy, mentre il cappotto di Karl da Pierre Balmain. Dopo poco tempo il designer tedesco riceve l’offerta di lavorare come assistente per Balmain, rifiutando la proposta di Cristóbal Balenciaga perché ritenuto dal Kaiser troppo «spagnolo» con linee severe e dalla fredda eleganza.

Passano gli anni e il designer inizia a sentirsi insoddisfatto, si trasferisce così alla maison di Jean Patou di Rue Saint-Florentin, acquisendo a pieno titolo la carica di direttore creativo che tanto agognava. Sin da allora si capisce che Lagerfeld ha le idee ben chiare e fa di sé stesso un’icona. É infatti tra i primi a realizzare degli scatti che lo ritraggono all’opera mentre poggia del tessuto su una modella, sfruttando i media a suo vantaggio e creando la sua identità. Stanco dell’alta moda, il giovane Karl decide di mettersi in proprio suscitando lo stupore generale intraprendendo questo percorso ai tempi considerato avventato.

Dal 1964 inizia a collaborare con Chloé che permetteva a giovani designer di ideare bozzetti e allo stesso tempo lavorare in proprio infatti, nonostante gli impegni con Fendi, Chanel e il marchio omonimo, Lagerfeld ha lavorato per la maison fino al 1998.

È il 1967 quando le sorelle Fendi volano a Parigi per firmare il contratto che sanciva l’inizio di una collaborazione che sarebbe durata ben 54 anni, un record per il mondo della moda. Gli anni Sessanta hanno visto il desiderio del designer di rilanciare numerosi marchi famosi prender vita e fu infatti l’inizio di una collaborazione piena di affetto dal sapore di casa «All’inizio mi sembrava una specie di mago: si sedeva alla scrivania, tracciava un paio di linee, poi un’intera silhouette e la volta dopo aveva già un modello pronto. Non mi capacitavo della sua abilità di dare vita a un’intera collezione a partire da una singola idea. Per me era diventato un punto di riferimento fondamentale» racconta Silvia Fendi, che alla sua morte ha preso il suo posto alla guida della Maison.

Nel 1982 arriva la proposta da Alain Wertheimer - presidente di Chanel - di risollevare la maison francese ai tempi in gravi difficoltà. Il Kaiser non si tirò certo indietro e prese i simboli distintivi della storia narrata da Coco Chanel e ne modernizzò i codici stilistici. Mai così attuale la collezione FW del 1995 che Karl dedica al Barbiecore, moderna e terribilmente alla moda con tailleur che diventano abiti e silhouette eleganti.

Sfidando le 24h che la giornata ci mette a disposizione, sembra che il designer avesse ancora del tempo da sfruttare perciò un anno dopo decide di aprire il suo marchio omonimo.

«La moda è lo spirito che dobbiamo dare alle cose perché si evolvano» recita il designer.

Ciò che Karl ha capito e messo in atto sin da subito è il non guardare mai al passato, perché la società è in continua evoluzione e la moda ha il dovere di stargli dietro, senza voltarsi mai. Nonostante ciò, c’è una grande verità che è pienamente condivisibile: «Ogni epoca ha la moda che si merita».


Chanel Spring/Summer 1998 Ready-to-Wear (Ansa)

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Elisabetta Cillo