La moda maschile si racconta in una mostra al V&A di Londra
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La moda maschile si racconta in una mostra al V&A di Londra

Al Victoria and Albert di Londra va in scena, fino al 6 novembre 2022, la mostra Fashioning Masculinities: The Art of Menswear che celebra il potere, l’arte e la varietà dell’abbigliamento e dell’aspetto maschile, decostruendo le norme e le forme della mascolinità.

Un progetto ambizioso che vede il coinvolgimento di Gucci e del suo direttore creativo Alessandro Michele, «la cui visione» - ha affermato Tristram Hunt, direttore del V&A - «rifugge dal machismo per mettere in luce la vulnerabilità, l'autodeterminazione e la diversità».

Il percorso espositivo si presenta come un tentativo di rispondere al celebre quesito posto da Erasmo da Rotterdam - «È l’abito a fare l’uomo?» - attraverso tre macro temi: Undressed, Overdressed e Redressed. I curatori della mostra sembrano aver lasciato grande libertà al visitatore, permettendo a quest’ultimo di ammirare i pezzi presentati senza necessariamente seguire un ordine prestabilito. Come la moda, anche Fashioning Masculinities vuole essere un punto di partenza, non di arrivo, per una discussione più ampia.

Il nostro viaggio nella moda maschile inizia allora con l’analisi dell’archetipo dell’eroe, tra statue di marmo che mostrano dei e semidei, rappresentativi dell’ideale di bellezza per la società occidentale Ottocentesca. Per la nobiltà e la borghesia britannica, i marmi erano visti come manifestazioni fisiche del concetto astratto di bellezza ideale e incarnazione della perfezione politica, culturale e artistica della Grecia ellenica e della Roma repubblicana.

Tra le opere in mostra è interessante notare la “foglia di fico” disegnata nel 1857 da Domenico Brucciani per coprire la nudità del David, che aveva scioccato la regina Vittoria alla prima visita al museo che portava il suo nome. L’opera è posizionata proprio di fronte a un manichino che sfoggia un paio di slip stampati con una foglia di fico, disegnati da Vivienne Westwood nella fine degli anni Ottanta. Un gioco di contrasti che sottolinea come la cultura dell’iper-mascolinità abbia plasmato la nostra società e come la moda - specialmente negli ultimi anni - stia cercando di contrastare questo meccanismo che impone la conformità di essere.

La riedizione delle «Tre grazie», immaginate attraverso creazioni di JW Anderson, Virgil Abloh per Off-White e Ludovic de Saint Sernin mostrano con scioccante chiarezza la scelta (conscia o meno) della moda di abbracciare la fluidità. L’abbigliamento indossato dalle tre figure gioca con trasparenze e tessuti come l’organza e il taffetà, storicamente associati alla figura femminile. È lo stesso Anderson ad affermare: «La neutralità di genere non è una tendenza, è una realtà».

Ad accoglierci nella seconda area tematica è un “oblò” da cui possiamo intravedere un completo Gucci in velluto blu, indossato da Harry Styles. I tempi moderni sono però ancora lontani. Overdressed ci porta infatti nelle corti europee del 1600, nel periodo dell’opulenza e dello sfarzo. Pizzi, drappeggi e colori brillanti caratterizzano i ritratti dei principi rinascimentali. C’è uno spazio riservato al rosa, pantone femminile per eccellenza, indossato con orgoglio da Jean Cazotte, uno dei rivoluzionari francesi, ghigliottinato nel 1792.

La mascolinità è così definita dall’abbigliamento o dalle azioni di un uomo? La domanda sorge spontanea ed ecco che ci si trova di fronte a un altra espressione di “effeminatezza”, rappresentata dal completo con fiori applicati di Randi Rahm indossato da Billy Porter alla cerimonia dei Golden Globe. In un breve excursus sul colore, Fashioning Masculinities spiega come le tinte brillanti siano passate dall’essere sinonimo di ricchezza (prima del 1850 la tintura era molto costosa) a essere rappresentazione di una nuova libertà di espressione e un desiderio di mostrarsi al mondo senza nascondersi, grazie alla diffusione tra gli anni Sessanta e Settanta del simbolo della bandiera arcobaleno.

Il finale, Dressed, è una sintesi che guarda a tre momenti “virali” con l’abito disegnato da Christian Siriano indossato da Billy Porter alla cerimonia degli Academy Awards nel 2019, l’abito di Gucci che Harry Styles indossa nel servizio di copertina del numero di dicembre 2020 di Vogue US e l’abito da sposa che Bimini Bom Boulash, concorrente di RuPaul DragRace UK, ha portato in passerella durante una delle puntate finali della competizione.

Quello che la mostra dimentica di raccontare, concentrandosi esclusivamente sulla concezione Occidentale di mascolinità nei secoli, è il fondamentale impatto che la «soft masculinity» Orientale sta apportando all’universo moda. Nonostante il clamore generato dalla copertina di Styles, l’interesse delle Maison per mercati come la Cina, il Giappone e la Corea ha senza dubbio rappresentato una svolta nel modo di concepire le collezioni maschili.

Nel suo complesso, Fashioning Masculinities, racconta con dovizia di dettagli l’evoluzione della moda maschile e dà adito a una nuova discussione sul futuro di questo importante mercato. Futuro di cui leggeremo nel volume filosofico a firma di Alessandro Michele ed Emanuele Coccia, in uscita il prossimo anno.

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Mariella Baroli