Moda

La Denim Valley abruzzese e il progetto Don The Fuller

Chiara Iachini racconta l’eccellenza del polo tessile innovativo e sostenibile che attira l’alta moda in Val Vibrata.

Progettato nel cuore della Denim Valley in Abruzzo, in Val Vibrata in provincia di Teramo, dove chi si occupa di moda arriva per fare ricerca e produzione, il marchio Don The Fuller appartiene a un gruppo di imprenditori che hanno uno storico savoir faire nella confezione del jeans di alta qualità Made in Italy.

Il team composto da Serafino di Giammatteo e suo figlio Simone, Dino Iachini e la figlia Chiara, con altri soci fra i quali Mauro Cianti, e i due designer interni Rinaldo Flemak (per il comparto maschile) e Sonia Flemak (alle collezioni donna), scommette su questa regione leader dell’eccellenza assieme ai distretti della Lombardia, del Veneto e delle Marche.

Questo polo tessile, in passato considerato un santuario dell’abbigliamento e del casual, locomotiva dell’economia locale, dopo un periodo di crisi e riduzione delle realtà territoriali, sta rivivendo una fioritura grazie alla qualità e alla flessibilità della produzione, alla incredibile esperienza della mano d’opera e all’organizzazione a filiera cortissima e specializzata che permette un meticoloso controllo del tracciamento dei passaggi della lavorazione e confezionamento.

Fra i primi distretti a ricercare specializzazione e sostenibilità, sia in termini di lavorazioni green a basso impatto ambientale (con riduzione dei consumi di acqua e di energie) sia nella tendenza sempre più essenziale del rispetto del capitale umano.

Ottenute le principali certificazioni ISO lungo tutta la catena produttiva, Don The Fuller si specializza nei prodotti d’alta gamma a certificazione ecologica che ha conquistato per la preziosità della fattura i mercati della Corea del Sud, primo cliente acquisito, e del Giappone, oltre a speciali collaborazioni in Europa e Italia.

«Siamo passati da una produzione focalizzata sulle enormi quantità al business nicchia di gamma, al quale assicuriamo certificazioni e il tracciamento veloce della filiera con il controllo su ogni passaggio delle lavorazioni couture o personalizzate» dichiara Chiara Iachini che possiede anche una importante visione dell’aspetto commerciale internazionale del settore.

«L’alta moda ci chiede la prototipia, i campionari e alcune produzioni di capsule speciali come quelle in collaborazione con Gucci, Hèrmes, Givenchy, Balenciaga e Louis Vuitton. Stiamo completando la struttura interna con un team creativo e di ricerca, in modo da poter realizzare tutto, fino al capo finito e seguire le confezioni, parallelamente al lavoro di lavanderia».

L’etichetta interna Don The Fuller ha proprio anche questa duplice mission, affermarsi come proposta moda di total look e lifestyle, e fare da fonte di ricerca e sperimentazione usufruendo in loco degli ultimi trattamenti e novità tecnologiche.

Prosegue Iachini: «Le nostre tele e le texture che creiamo sono trattate come i capi d’atelier, dalle applicazioni handmade alle rifiniture ton sur ton o i ricami, persino la cura sartoriale nello stiro in piega o nel sacco tasca che esce perfettamente bianco da qualsiasi lavorazione».

I trattamenti sono ecologici e innovativi, in tintoria dove i prodotti usati sono certificati ZT HC (con smaltimento nel depuratore interno), e anche quando si tratta di rotture, rammendi, macchie di colore e ogni risvolto del culto dell’invecchiato.

Non ci sono segreti per chi conosce perfettamente le resistenze della tela denim e ha macchinari all’avanguardia come il laser ottico (a energia solare) che taglia il tessuto e contemporaneamente può fare disegni e stampe personalizzate, eliminando un passaggio e senza spreco tessuto.

Oppure il macchinario Dry Mac Zero che crea effetti venatura semplicemente con l’ausilio di carta abrasiva e palle da golf di gommapiuma o altri materiali, e l’Eco Aging che utilizza scarti alimentari di ricetta segreta per produrre il caratteristico effetto ‘used’, senza usale la sabbia chimica.

Anche il metodo Zero Water Wash rende possibile un utilizzo ridottissimo di acqua – fino al 95% rispetto al metodo tradizionale – sostituita dall’ozono che funge anche da potente antibatterico.

I prossimi passi dell’azienda sono proprio quelli di offrire una consulenza a tutto tondo e di spingere all’espansione il marchio omonimo, che ha un comparto maschile molto più fidelizzato e vuol quindi puntare adesso sulla donna e nella distribuzione estera, iniziando dai mercati di Francia e Germania e poi verso gli Stati Uniti.

Il premium jeans Don the Fuller compie dieci anni, in un accurato connubio tra sartorialità e artigianalità da una parte e nuove tecnologie d’avanguardia a garanzia di sostenibilità dall’altra.

Fra i capi di punta e i bestseller di questa prima decade, si ricorda New Jersey, primo biker con sporcature 3D, il modello San Francisco con rammendi, macchie handmade e stampe a pois, il jeans Detroit in tessuto laminato e laserato effetto camouflage traslucido, i cargo Kansas e i pantaloni Tokyo, dipinti con schizzi di vernice bianca e gialla.

Ai capi resinati e quelli con lavorzioni plissè, si aggiungono le ultime novità di sovratintura con marmorizzazione e ricami in lurex dorato.

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Barbara Tassara