50 anni fa l'addio all'Indice dei libri proibiti
il 4 febbraio 1966 Paolo VI annunciava l'abolizione dell'Index Librorum Prohibitorum, istituito nel 1559 da Paolo IV
Due papi con lo stesso nome fissano gli estremi della storia di 5 secoli di censura della Chiesa Cattolica: Paolo IV e Paolo VI, che abolirà il 4 febbraio 1966 l'Index Librorum Prohibitorum nato durante il Concilio di Trento, nel 1559.
Spinta dalla Riforma protestante e dalla divulgazione crescente della stampa, la Chiesa elaborò attraverso l'Indice lo strumento per l'applicazione e il controllo della censura sui libri considerati "eretici" o ritenuti dannosi per la moralità canonica. Il controllo della "lista nera" fu affidato alla "Sacra Congregazione dell'Indice", attiva fino al 1917 e sostituita nell'ultima parte della sua attività dal Santo Uffizio.
L'applicazione al di fuori dello Stato della Chiesa fu affidata a soggetti diversi tra stato e stato, sia laici che ecclesiastici (come i Gesuiti, che avevano il monopolio dell'istruzione in molte zone).
Caddero nelle maglie dell'Indice i grandi filosofi e gli scienziati del 600 (sopra tutti Galileo Galilei), gli illuministi per l'idea della supremazia della ragione sulla religione, i riformatori del 700 ma anche autori di romanzi come Defoe o scrittori politici come Vincenzo Gioberti e John Stuart Mill. Nel XX secolo spicca la censura universale dell'opera omnia di Gabriele d'Annunzio, di Jean Paul Sartre, di Alberto Moravia. L'ultima edizione aggiornata dell'Index data 1948 e rimase in vigore fino all'abolizione del 1966.