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Guerra all'Isis: cosa farà l'Italia?

Ancora forti divisioni nel Governo tra chi propende per entrare in guerra al fianco della Francia e chi dice no. Il premier Renzi invita alla cautela

Invece di appellarsi all'articolo 5 della Nato, che impone ai membri dell'alleanza di soccorrere militarmente l'aggredito, Francois Hollande ha richiamato una norma europea chiedendo l'aiuto militare degli Stati membri contro l'Isis. Sapendo che gli Stati Uniti non hanno intenzione di inviare più truppe in Siria, il presidente francese si è rivolto così ai vicini europei. Tra cui l'Italia.

La Francia in guerra contro l'Isis: nuovi bombardamenti a Raqqa - Foto e Video


Una chiamata alle armiche difficilmente potrà ricevere una risposta comune. Intanto perché, e qui viene al pettine uno dei nodi non risolti dell'Europa, il livello di coesione tra gli Stati membri non è affatto così alto da rendere automatico l'intervento militare di uno Stato in soccorso di un altro nemmeno quando c'è di mezzo un attacco terroristico che ha fatto decine di vittime tra i civili.

Coesione che manca anche a livello mondiale tra Usa, Russia e Europa. Tanto che dal G20 in Turchia il premier britannico David Cameron ha dovuto ammettere che “la distanza è enorme tra quelli di noi che credono che Assad debba lasciare subito e quelli che, come il presidente Putin, continuano a sostenerlo”.

Ma su come portare avanti la lotta al terrore non c'è coesione nemmeno all'interno di alcuni dei singoli Stati. Come l'Italia, divisa tra chi, come la Lega, chiede interventi militari immediati e la chiusura delle frontiere agli immigrati, e il governo che sceglie la linea della cautela.

L'impegno attuale

Attualmente l'impegno del nostro Paese sul fronte anti-Isis è quello di supporto alle forze di sicurezza irachena nell'ambito dell'operazione militare “Inherent Resolve”, guidata dalle forze armate Usa contro lo Stato Islamico di Iraq e del Levante (Isil) che include sia la campagna in Iraq che quella in Siria. Gli attentati di venerdì e l'appello di Hollande hanno acceso il dibattito interno su cosa l'Italia possa e debba fare in più contro il terrorismo.

Nella sua informativa alla Camera sui fatti di Parigi, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha detto che “ci sentiamo colpiti insieme ai nostri fratelli” e che quindi “reagiremo insieme”. Ma insieme come? I nostri fratelli francesi si aspettano, di fatto, che noi scendiamo in guerra accanto a loro contro l'Isis. Ma per ora Angelino Alfano ha solo annunciato l'innalzamento dei livelli di allerta e la chiusura dello spazio aereo su Roma durante il Giubileo, con particolare attenzione al rischio droni.

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E Matteo Renzi ha dichiarato: "non vogliamo entrare in guerra". Ma nemmeno nel governo la pensano tutti nello stesso modo: il ministro della Difesa Roberta Pinotti si era infatti detta favorevole all'estensione dei bombardamenti oltre l'Iraq. Tanto che le opposizioni hanno chiesto di sapere quale sia la linea.

La cautela

In via generale la linea sembra essere quella della cautela. “Prudenza e serietà” le parole d'ordine: tanta solidarietà alla Francia, ma l'Italia non dichiarerà guerra ai terroristi. Soprattutto non si farà trascinare “in alcuna iniziativa senza gli Stati Uniti e la Russia – ha spiegato Renzi – e senza avere un chiaro obiettivo strategico per il dopo”. Piuttosto l'Italia lavorerà per stanarli, i terroristi.

Impresa già di per sé complicata, resa tanto più impervia dalla presenza sul nostro territorio di decine di migliaia di profughi in fuga che, in qualche modo, dovranno essere tutelati, quanto più urgente visto l'imminente inizio del Giubileo. Ed è proprio per evitare di mettere Roma e l'Italia nel mirino dei terroristi, che il premier vuole scongiurare in ogni modo che sia gli italiani che i terroristi islamici si sentano in guerra tra di loro.

E il ministro Pinotti ha confermato, tra le righe, questa linea: "L'Italia è pronta a sostenere la Francia dopo gli attentati di Parigi e vede diverse "possibilità" di aiuto da poter offrire" ha detto ricordando che "non è prevista una missione europea", ma al contrario è stato deciso di procedere attraverso "collaborazioni bilaterali", non necessariamente la partecipazione alle missioni militari che la Francia ha attualmente in corso in Africa o in Medio Oriente. "C'è il tema della propaganda su web, c'è l'intelligence e c'è il controllo dei finanziamenti". Insomma, ha aggiunto, "ritengo che le possibilità di collaborazione siano molte". Pinotti ha assicurato "la disponibilità" dell'Italia a colloborare e dovrà ora definire in che misura di concerto col partner francese.

Agire istintivamente sarebbe sbagliato. C'è il precedente della Libia, ancora nel caos a quattro anni dall'intervento. Gentiloni l'ha detto chiaro: “serve una risposta coordinata e unitaria come Ue”, ma non può trattarsi di fare la guerra all'Islam come vorrebbe Matteo Salvini o una dichiarazione di guerra all'Arabia saudita insieme a una “moratoria sulla vendita delle armi” e al ritiro delle truppe italiane dall'Afghanistan come chiedono M5s e Sel.

L'appello alla “coesione nazionale” lanciato da Renzi dalla Turchia sembra così destinato a cadere nel vuoto. Anche i cittadini hanno opinioni diverse. C'è chi si sentirebbe più al sicuro se l'Italia dichiarasse guerra ai terroristi bombardandone i presunti centri di comando e se le nostre frontiere venissero chiuse al flusso immigratorio, e chi pensa che questo ci esporrebbe ancora di più a possibili attacchi. Nel frattempo questa sera, in uno stadio blindato, a Bologna si giocherà l'amichevole di calcio tra Italia e Romania. Non siamo in guerra, ma in tanti, per paura, hanno deciso di evitare il Dall'Ara e si guarderanno la partita chiusi in casa.

La strage di Parigi

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EPA/CHRISTOPHE PETIT TESSON
Parigini davanti al palazzo del comune si fermano per il minuto di silenzio in ricordo delle vittime delle stragi di Parigi alle 13 del 16 novembre 2015

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Claudia Daconto