La giustizia italiana ultima in classifica
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La giustizia italiana ultima in classifica

Secondo un rapporto europeo siamo gli ultimi. E nessuno ne parla

Ultimi in classifica, secondo il Rapporto sullo stato della giustizia nei Paesi membri dell’Unione Europea. In tutta l’Europa non esiste un paese nel quale il numero dei processi civili pendenti sia più alto che in Italia. E in tutta l’Europa solo Malta ci batte (in negativo) quanto a lungaggine della giustizia civile. Ne vogliamo parlare o dobbiamo tenere a distanza il problema perché anche solo evocarlo significa essere berlusconiani? Vogliamo parlarne o dobbiamo lasciare a don Mazzi la scomodità di sostenere tesi politicamente scorrette e paradossali come la disponibilità a perdonare gli assassini ma non i persecutori di Berlusconi e questo viene preso come odio verso le toghe? Ne vogliamo parlare o è vilipendio anche solo accennare alla “casta” della magistratura, che non è un potere dello Stato, non è elettiva come negli Stati Uniti, e tuttavia si autogoverna come una corporazione medievale spostando le pedine e deliberando promozioni sulla base di una lottizzazione politico-correntizia che grida vendetta se di mezzo c’è la vita delle persone? Ne vogliamo parlare o dobbiamo ancora sopportare che l’Italia sia così ingessata, incapace di attrarre investimenti stranieri anche perché non in grado di garantire la certezza del diritto e la giustizia del processo nel settore civile e amministrativo?

Ci sarà o no qualche responsabilità dell’alta burocrazia giudiziaria nel fatto che i grandi processi politici o le iniziative clamorose come gli scontri fra magistrati nei palazzi di giustizia o la militanza politica di alcune toghe facciano passare in secondo piano la miriade di casi giudiziari comuni che assillano i cittadini qualunque, con dispendio di risorse per inchieste atte quasi soltanto a promuovere l’immagine di singoli magistrati? Ci sarà o no una responsabilità del Csm nella fatica o difficoltà di sanzionare i giudici per le uscite inopportune e la sovresposizione mediatica, per le interviste sui motivi delle sentenze che anticipano il deposito delle motivazioni, per gli errori e per le gravi negligenze per le quali in Italia, a dispetto di un referendum che si è celebrato senza conseguenze normative, i magistrati non sono civilmente responsabili come negli altri paesi europei? Ci sarà una responsabilità della casta delle toghe se l’Europa condanna l’Italia per i privilegi concessi dalla legge (o dalla sua assenza) a PM che per i loro errori, o per accanimento, abbiano rovinato la vita delle persone? 

Insomma, possibile che dal 2010 al 2012 la media di giorni necessari per portare a termine un procedimento civile sia diventata da 500 addirittura 600? E possibile che a pagare per la divulgazione di notizie coperte dal segreto istruttorio siano sempre solo i cronisti e non chi allunga i fascicoli selezionando anche i bersagli? Possibile che ci sia in Italia una congiura del silenzio su questo bubbone della giustizia ingiusta e inefficiente?

   

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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