Tirreno Power, tutte le carte dell'inchiesta
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Tirreno Power, tutte le carte dell'inchiesta

I pm di Savona indagano 86 persone. Tra loro nomi eccellenti tra cui Paita e Burlando. E 40 dirigenti dell'azienda partecipata da Sorgenia

La monumentale inchiesta della Procura di Savona sull'inquinamento della centrale a carbone di Vado Ligure arriva a destinazione. Stamattina gli ufficiali giudiziari hanno cominciato a consegnare la notifica di conclusione delle indagini preliminari a 86 persone. E alcuni dei nomi coinvolti sono eccellenti. Ci sono tutti gli esponenti della ex giunta regionale della Liguria: dal deposto governatore Claudio Burlando all'aspirante presidente Raffaella Paita. C'è anche l'ex presidente della Provincia di Savona, Angelo Vaccarezza, assieme ad altri vecchi assessori. Ci sono una caterva di amministratori locali, tecnici ministeriali e regionali. E ben 40 dirigenti e membri del cda della Tirreno Power, la società che detiene la centrale, partecipata dalla societa francese Gas de France e dall'italiana Sorgenia, la holding energetica fondata e controllata dalla famiglia De Benedetti fino allo scorso marzo. Quando, schiacciata dai debiti, è passata alle banche. E tra i manager indagati c'è appunto anche Massimo Orlandi, amministratore delegato di Sorgenia dal 2002 al 2013: l'uomo a cui la famiglia dell'«Ingegnere» si era affidata per guidare la fallita diversificazione nell'energia.

I reati contestati dal procuratore di Savona, Francantonio Granero, e dal pm Chiara Paolucci vanno dal disastro ambientale doloso al disastro sanitario colposo, dall'abuso d'ufficio all'omicidio colposo plurimo. I fumi della centrale, avrebbero causato enormi danni alla salute: dai 298 ai 433 ricoveri di bambini per patologie respiratorie, dai 2.161 ai 2.233 ricoveri di adulti per malattie cardiovascolari e respiratorie, dai 657 ai 427 morti per le stesse patologie. 

I magistrati, nel corposo avviso inviato agli indagati, mettono in fila le responsabilità di politici, burocrati e manager. A Burlando, ad esempio, vengono contestate condotte specifiche: "Legittimava, dal punto di vista delle necessarie autorizzazioni, il mantenimento in funzione dei vecchi gruppi a carbone economicamente molto redditizi"; scriveva di suo pugno un articolo, "presentando all'opinione pubblica in forma ideologicamente falsa l'accordo tra Regione Liguria e Tirreno Power"; "esercitava una forte pressione sui sindaci dei comuni, sede dell'impianto". A lui e alla sua giunta, tra cui l'ex assessore alle Infrastrutture Paita, sono contestate autorizzazioni, delibere, accordi. Come la decisione di giunta del 12 luglio 2011: un "pactum sceleris" con l'azienda, lo definiscono i pm, in cui venivano accettate emissioni largamente superiori a quelle previste dalle normative esistenti.

I magistrati, nel loro atto, elencano anche le presunte condotte illecite della Tirreno Power. Sono 40 i dipendenti e dirigenti coinvolti, a vario titolo, nell'inchiesta. I pm scrivono: "Omettevano una completa informazione specificamente riferita alla taratura e verifica degli analizzatori nel sistema di montoraggio". E poi: "Non fornivano informazioni sugli interventi di verifica e controllo della funzionalità ed efficienza dei sistemi di abbattimento degli inquinanti". Una "condotta fraudolenta" finalizzata truccare le emissioni: l'azienda avrebbe fornito dati, rilevati senza alcun controllo, ben più bassi di quelli reali, e "con picchi di concentrazioni orarie ben al di sopra del limite autorizzato". Tirreno power, quindi, "provocava emissioni massiccie di macroinquinanti, con un quadro emissivo peggiorativo rispetto a quello conseguito nella gestione Enel fino alla fine degli anni Novanta". Un minor rispetto dell'ambiente che coincide, annotano i magistrati, con il momento in cui la società che controlla la centrale di Vado Ligure, alla fine del 2002, viene acquisita da una cordata guidata dalla Cir, la holding della famiglia De Benedetti.

Anni caratterizzati, scrivono i pm, da modesti investimenti per l'ambiente, riduzione della manutenzione degli impianti, gestione illecita delle ceneri di carbone e scelta di scarse materie prime. Ma anche di profitti favolosi: "Tra il 2002 e il 2013 i gruppi a carbone hanno contribuito per oltre un miliardo di euro al margine di contribuzione della società". Tanto che, fa notare la Procura, tra il 2006 e il 2009 il cda della Tirreno power "distribuisce dividendi lordi per complessivi 280,407 milioni di euro". Tre anni in cui "la distribuzione effettiva di utili ai soci, risultante da altre indagini, è pari ad almeno 700 milioni di euro". Finiti soprattutto a Sorgenia, che dal 2007 al 2011 è l'azionista di maggioranza della Tirreno Power. Una montagna di soldi. E solo briciole per la difesa dell'ambiente.


 

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Antonio Rossitto