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Storie di sequestri "lampo"

Dalla modella inglese rapita a Milano al ristoratore rapito a Castel Gandolfo ecco perché molti rapimenti durano solo poche ore

La storia di Chloe Ayling, la modella inglese rapita a Milano dal polacco trentenne Lukasz Pawel Herba, se pur con le differenze nelle modalità che rendono ciascun sequestro unico, non è né più ne meno diversa da un qualsiasi sequestro di breve durata, ovvero quello che gli investigatori definiscono "sequestro lampo".

Infatti, se non fosse per la drammaticità dell’atto che priva un altro essere umano della propria libertà, talvolta mettendone addirittura a repentaglio l’incolumità, il modus operandi messo in campo dagli autori degli ultimi sequestri dalla durata di pochi giorni (se non di pochissime ore) fa, a volte, sorridere.

Rapimenti senza pianificazione

L’assenza di intelligenza e pazienza con una abbondante dose di cialtroneria, infatti, caratterizza molti sequestri lampo. E proprio questo li rende, paradossalmente, più pericolosi di quelli che la storia, con l’anonima sarda o la 'ndrangheta calabrese, ci ha insegnato: il rapimento non può essere sinonimo di improvvisazione.

Il sequestro di Cesare Casella, rapito a Pavia il 18 gennaio 1988 e rilasciato presso Natile di Careri, in Calabria, il 30 gennaio 1990, uno dei più lunghi mai avvenuti in Italia, ne è la dimostrazione. Per arrivare al suo sequestro e al pagamento miliardario del riscatto, ci fu una lunghissima pianificazione. Meno lungo ma sicuramente studiato, anche il sequestro di Farouk Kassam, in Sardegna nel 1992, quando la vittima aveva solo 7 anni.

Alla base di un sequestro, infatti, c’è una scrupolosa organizzazione che nasce a seguito di una lunga osservazione del soggetto che deve essere rapito, così come pedinamenti di mesi per studiarne nei minimi dettagli le abitudini sue e quelle dei suoi familiari.

Inoltre vi deve essere anche una profonda conoscenza del territorio e delle infrastrutture a disposizione. Insomma, per portare a segno un sequestro, occorre una pianificazione che non è molto diversa da quella che viene effettuata dalle forze di polizia prima di un blitz.

Lukasz Pawel Herba, il rapitore che la giovane modella inglese chiamava "MD", non aveva fatto niente di tutto ciò. La sua programmazione era poco più che improvvisata.  

Il rapimento della moglie del gioielliere 

Come quella del caso della moglie del gioielliere pugliese, rapita lo scorso 14 maggio, per poco più di mezz’ora. I rapinatori armati di fucile hanno intimato alla donna di fermarsi, trattenendola a bordo della sua auto. Col cellulare della vittima hanno contattato il marito chiedendogli il contenuto della cassaforte in cambio della libertà di lei. 

Ma il rapimento non ha portato al risultato sperato: lo scambio non è potuto avvenire perché la cassaforte era già stata chiusa con un sistema temporizzato di protezione che consente di aprirla sono nelle fasce orarie stabilite. Il “riscatto” è stato pagato dal gioielliere con oggetti di bigiotteria di poco valore che erano esposti in vetrina.

Goffi, persino ridicoli, i sequestratori.

Il sequestro del ristoratore romano

Più o meno la stessa cosa è avvenuta per il rapimento lampo di un noto ristoratore di Castel Gandolfo, vicino Roma. L'uomo fu prelevato con la forza, sotto la minaccia di una pistola, dal suo ristorante sul lago di Albano

È la sera del 17 maggio 2015, quando arriva la richiesta ai familiari del pagamento di 3 mila euro per la sua liberazione. All'appuntamento con il sequestratore, però, si presentano i carabinieri di Castel Gandolfo e arrestano il rapinatore.

Stando a quanto fu ricostruito dagli investigatori, lo scopo del sequestro era quello di estorcere all'imprenditore (che durante il rapimento subì violenze psicologiche e fisiche) l'ennesima somma di un vecchio debito usuraio di 40 mila euro contratto nel 2008, e che negli anni aveva raggiunto la somma di 90 mila euro.

Sequestrato nell'ex convento di Lusignano 

Sequestro “lampo” anche per un sudamericano, J.V.C., che fu rinchiuso nel 2016 nell’ex convento di Lusignano, frazione di Albenga, da Mouhamed Alì Kassraoui, detto “Tyson” (per la sua vaga somiglianza con il noto pugile), un algerino di 46 anni, per entrare in possesso di una partita di droga.

Il rapito, per giorni fu minacciato e picchiato con un coltello da cucina e legato con delle fascette di plastica. Ma i suoi carcerieri non avevano organizzato nei dettagli il sequestro: approfittando di un momento di distrazione dei suoi carcerieri, il rapito riuscì ad inviare un sms alla compagna per chiedere aiuto. La donna allertò i carabinieri che, con un blitz, lo liberarono.

La bambina di Bari

Per fortuna è durato poche ore anche il sequestro in provincia di Bari avvenuto a giugno 2016, di una bambina di 7 anni, rapita mentre giocava in strada. A prendere la bambina un uomo di 49 anni, con precedenti sessuali. Dopo la denuncia ai carabinieri da parte della mamma, i militari trovarono la bambina nascosta all'interno della casa dell’uomo.

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Nadia Francalacci