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Ricorsi Scuola: ecco l'uomo che li vince tutti

Si chiama Marcello Pacifico e guida l'Anief, il sindacato più agguerrito dei docenti. Dal 2008 a oggi più di cinquantamila ricorsi. Vinti.

Smonta con la legge la scuola fuori-legge. Vuole portare in tribunale la Buona Scuola? «Sono già pronti trentamila ricorsi. Il ricorso è la leva della storia». Non crede che il ricorso sia l’oppio dei professori italiani? «Il ricorso è movimento, vitalismo. Tar, Consiglio di Stato, Tribunale del lavoro. Giustizia europea. Buona scuola, tié». Quanti ne ha formulati? «Cinquantamila ricorsi dal 2008 fino a oggi. E abbiamo sempre vinto». È vero che Matteo Renzi la teme più di Maurizio Landini? «So solo che per paura di vedersi sommersi dai nostri ricorsi, questa estate hanno tolto le ferie agli avvocati di Stato».

Marcello Pacifico cavalca il sindacato più infiammato dei docenti che sono precari, mezzi di ruolo e mezzi supplenti, sicuramente acrobati. Si chiama Anief la colonna più avanzata nella disputa legale contro il Ministero dell’Istruzione, un reparto scelto di docenti sniper del decreto, della circolare, del sub-emendamento, insomma la scuola quadri in sabotaggio contro i pasticci di Trastevere, i bisticci della graduatorie, la scientificità degli algoritmi: «E anche contro il “cervellone” che ha assegnato i posti della Buona scuola faremo ricorso». E infatti sul sito dell’Anief, che è il catechismo del professore guerrigliero, se ne contano venti di procedimenti, class action per contestare le procedure “a pettine”, “a cattedra”, “Pas”, “a esaurimento”, “recupero graduatorie”, “Tfa”, “idonei”, tutte bolge dove si trascina e si mescola questo proletariato intellettuale a cui Pacifico ha dato coscienza e ha fornito il manifesto, anzì, le slide, di classe: «Eravamo quattro amici quando iniziammo. Oggi ad Anief sono iscritti in cinquantamila, 18000 insegnanti con delega, una sede nazionale a Palermo, sette in Italia e poi abbiamo gli sportelli. Per noi lavorano 400 avvocati».

Di certo è di Pacifico l’invenzione di questo Nautilus, un sindacato snello e liquido, che oggi ha numeri più rigorosi del ministero quando si ragiona di scuola, competenza e memoria giuridica che fanno vacillare sottosegretari. L’Anief è l’unico sindacato a parlare un burocratese intellegibile che seduce i giornali e converte i precari alla «buona lotta». Vince tutti i ricorsi? «Tutti finora. Se ci boccia il Tar ci promuove il Consiglio di Stato che ultimamente per far ottemperare una sentenza ha perfino commissariato il ministero». Fa l’avvocato della cause vinte? «Le vinciamo perché i provvedimenti sono dettati da risparmi di spesa pubblica, scritti in materia frettolosa, quasi con irriverenza e senza conoscere la legge pregressa. E ogni volta che vinciamo paga la collettività. Il vero guaio è che nessun dirigente è responsabile per danno erariale. Il ministero si è così arreso che nell’ultima legge ha previsto un fondo per ripianare i debiti provocati da sentenze sfavorevoli. Come vede hanno alzato bandiera bianca». Quanto costa un ricorso? «Circa 100 euro che vengono spesi per pagare gli avvocati e presentarlo».

A 38 anni, Pacifico non assomiglia ai sindacalisti polacchi con i baffoni unti di grasso nonostante la sua Anief sembri una sorta Solidarnosc, più mutuo soccorso e ospedale da campo che gerarchia e distacchi sindacali, tanto «damose da fa’» e nessun privilegio, «prendiamo solo volontari devoti alla causa». Per venire ad ascoltarlo i professori partono con i bus e se non è ancora popolo è pero già cellula, sezione, una forza sociale che abbattuta dalla soperchieria del preside si rivolge a lui per imparare la pratica ostruzionistica, il cavillo riparatore del torto, la furbizia del codice. Pacifico è dunque il ferroviere che sta conducendo gli scoraggiati in cerca d’autore alla fermata dell’impiego annuale, accompagna i laureati migranti che bramano il posto fisso, è il Bobby Sands dei professori che richiedono l’indipendenza e che vogliono insegnare nella loro provincia d’origine: «Li hanno abrutiti e adesso li stanno prendendo ancora in giro». Non li stanno assumendo? «Stanno costringendo un professore d’inglese a insegnare francese, a uno di matematica a insegnare musica. È questa la vera fase C. E in tutto questo hanno impedito agli abilitati di partecipare al piano straordinario salvo poi chiamarli ma come supplenti. Un esempio sono i professori di matematica. Da una parte la Buona scuola li recluta sulla carta, dall’altra li esclude per legge perché non iscritti alla Gae o abilitati prima del 2012. E posso citare ancora il caso dei professori di cinese. In Italia ne servono 800 ma il ministero non li assume nonostante ne abbia abilitato 170, e tutto perché non fanno parte delle fasce selezionate dalla Buona scuola». Non è stato lei a far riaprire le Gae nel 2001 sempre con un ricorso e che hanno generato una pandemia di richieste? «Sono stato io a spingere e ne vado orgoglioso, ma allora anche Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd, fu promotrice dell’emendamento che poi nei fatti le aprì, la stessa Puglisi che oggi le vuole chiuse». Come si vince un ricorso? «È facile. Prenda la Buona Scuola di Renzi. Hanno assegnato i posti della Fase B ma non hanno pubblicato le graduatorie. Si chiama violazione del principio della trasparenza dei pubblici atti. D’italiana, nella Buona Scuola, c’è sola la sciatteria. E mi creda non è così difficile per un ufficio legale invalidare tutto. Con i ricorsi faremo entrare tutti gli idonei esclusi. Idonei di tutta la scuola unitevi».

L’idoneo è il proletario? «L’idoneo è chi si è iscritto all’università ha raccolto crediti per insegnare». Pacifico che è palermitano ha gli occhi arrossati del giurista che studia gli incunaboli, «mi sento come Pier delle Vigne, il logoteta di Federico II», poca furia ma la rotonda ironia dei canzonatori di Jonathan Swift, indossa la cravatta ma allentata come Jose Mourinho, parla la lingua strascicata della città astuta che si insedia nell’insidia, si rigira nel diritto e lo piega interpretandolo. «E però il sacrificio è costante, ogni notte mi sveglio alle tre, sviscero le gazzette, setaccio le circolari, collaziono leggi nazionali e sovranazionali, individuo la falla» dice prima di entrare in uno dei suoi seminari di formazione che sono immersioni nelle profondità del diritto scolastico, esplorazioni nei fondali di quella carta che davvero, e Renzi dovrebbe saperlo, appesantisce la nostra scuola ed è pericolosa quanto l’inagibilità degli edifici scolastici. «Ho intrapreso un viaggio. Cento seminari per spiegare la riforma che noi contestiamo». È la risposta all’operazione cento teatri che ha lanciato il premier? «È una risposta al casting del preside, ai numeri matti che il governo annuncia». Si può ricorrere contro l’aritmetica? «No, ma i numeri di Renzi non sono veri. Innanzitutto si era partiti da 200 mila assunzioni e si è scesi a 100 mila. E già sappiamo che 9000 posti della cosiddetta fase B non sono stati assegnati perché nelle graduatorie a esaurimento non erano presenti professori con quelle caratteristiche. Nella terza e ultima fase, altri 7000 non saranno assegnati sempre per il medesimo motivo. Alla fine si arriverà alle stesse assunzioni fatte da Maria Stella Gelmini nel 2011».

Pacifico che è professore a Collesano, in provincia di Palermo, ha la passione del medioevo tanto da portarla al collo, «questa è la croce di Gerusalemme», un romanzo di formazione da precario, «lo sono stato dal 2000 e pure mia moglie Nicoletta “deportata” in Sardegna. Per raggiungerla ho viaggiato sui traghetti una volta al mese. Ero costretto a dormire nel sacco a pelo e vicino ai bagni per mancanza di spazio». Sua moglie l’ha portata all’impegno, tribuno per amore? «Avevo già iniziato con il sindacato dei presidi ma non mi bastava. In realtà sono medievalista. Ho insegnato all’università di Palermo, a Nanterre in Francia. Ho pubblicato un libro sulle crociate curato da Franco Cardini di 800 pagine ma solo in Italia si stabilisce che valgono più tre pubblicazioni da 200 pagine piuttosto che una da 800». È “deportare” trasferire un professore lontano da casa? «Una cosa è trasferire un insegnante a trent’anni senza famiglia, un’altra a cinquant’anni. E bisogna spiegare che non si può pensare di avere lo stesso numero di insegnanti di Porta Nuova a Milano e nel quartiere di Ballarò a Palermo. Lì a nove anni già spacciano, a tredici hanno figli». Pacifico ha costruito una professione nel terremoto scolastico, l’Internazionale dei minatori con la penna rossa. «Io potrei chiuderla l’Anief. Anzi, dovrebbe essere questo l’approdo finale, l’estinzione di Anief». Vede? Parla come Marx. «Lo dico sul serio. Anief non dovrebbe neppure esistere in un paese che sapesse legiferare». Sogna lo Stato dei professori? «Perché no? Ma mi basterebbe per una volta vedere alla guida di quel ministero un’insegnante. E Renzi la soluzione ce l’ha. Sia rottamatore fino in fondo. Nomini sua moglie Agnese ministro dell’Istruzione».

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Carmelo Caruso