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ANSA/FABIO CAMPANA
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Per la nuova Fiera di Roma è l'ora dei cinesi?

La sindaca Raggi snobba l'assemblea e nessuno spiega il taglio delle cubature sui vecchi terreni che manda all'aria i conti di Investimenti Spa

Quando è venuto il momento di iniziare l’assemblea della Investimenti Spa (unica azionista della Fiera di Roma), alle tre di pomeriggio del 29 agosto, i rappresentanti della Camera di commercio di Roma e della Regione Lazio ci sono rimasti male. Avrebbero potuto risparmiarsi i venti chilometri di viaggio fin quasi a Fiumicino, visto che la sindaca di Roma Virginia Raggi non c’era e non aveva mandato nessuno a rappresentarla. Senza neppure avvertire.

 L'intento della convocazione era proprio cercar di capire quale destino abbia in mente il Campidoglio per la società di cui è il secondo azionista con il 22 per cento (la Camera di Commercio ha il 58,5 e la Regione il 19,6), e dunque per la Fiera. Interrogativo sorto in modo prepotente nelle scorse settimane, dopo il blitz con cui l’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini ha ridotto da 67 mila a 44 mila i metri quadrati edificabili dell’area della vecchia Fiera di Roma, ossia dei terreni che da oltre 15 anni aspettano di essere venduti per pagare i mutui (180 milioni circa) con cui Investimenti ha finanziato la faraonica Nuova Fiera inaugurata nel 2010 sulla Roma-Fiumicino.  

 Anche se la notizia non ha avuto grande risalto sulla stampa cittadina, complice forse anche il periodo di vacanze, con questa mossa (che ha fatto infuriare anzitutto la Camera di Commercio, a cui le "fregature" delle giunte capitoline degli ultimi vent'anni in questa partita sono costate un centinaio di milioni) il Movimento 5 Stelle compie il suo primo intervento strategico nel corpo della città.

Tagliare in modo così drastico le cubature edificabili nell’area della vecchia Fiera (sul lato destro di via Cristoforo Colombo all’altezza di piazzale Navigatori andando verso il centro) significa infatti cominciare a ipotecare il futuro, mandando all'aria i conti già ampiamente disastrati della Nuova Fiera di Roma. E la mancata partecipazione all’assemblea indica che non si tratta di un equivoco ma di una scelta consapevole e meditata.

Che cosa succederà ora? Dalla vendita di quei terreni, ora pesantemente svalutati a causa della riduzione dei volumi edificabili, dipende la capacità della Investimenti Spa di rimborsare i debiti contratti soprattutto con Unicredit per la nuova Fiera. A quanto fanno sapere vari protagonisti di questa vicenda (tutti in modo rigorosamente anonimo) mancherebbero all’appello a questo punto almeno una cinquantina di milioni.

Il fallimento della società sembra dunque avvicinarsi a grandi passi. O almeno la sua messa in liquidazione, visto che gli spazi della nuova location anche per la loro vicinanza all’Aeroporto Leonardo da Vinci, possono far gola a molti. Ed è qui che si apre uno scenario per certi versi clamoroso, con la conservazione alla nuova Fiera di Roma di uno spazio di gran lunga ridotto rispetto a quello del progetto iniziale e la cessione del resto (8 padiglioni su 14, secondo le ipotesi più ragionevoli) al migliore offerente.

A quanto risulta a Panorama si sarebbero già fatte sotto importanti aziende cinesi, con l’idea di realizzarvi un gigantesco centro di stoccaggio. Vendere in blocco la gran parte della nuova Fiera e chiudere in fretta questa pagina ingloriosa dell’amministrazione cittadina potrebbe anche avere senso. Ma la Capitale d’Italia può permettersi di stendere un tappeto rosso ai concorrenti più temuti del nostro commercio?

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Stefano Caviglia