Ecco quanti studenti non vanno a scuola
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Ecco quanti studenti non vanno a scuola

L'abbandono scolasatico è una vera e propria piaga senza fine. Ecco i numeri di questa tragedia

La ‘campanella’ non è suonata per tutti. Lunedì scorso è stato primo giorno di scuola per gran parte degli studenti italiani, per molti altri bambini e adolescenti, invece, è stato un lunedì come tutti gli altri: nessuna ansia per le nuove materie, nessuna preoccupazione per i professori e meno che mai per eventuali brutti voti in pagella.

Per questi ragazzi è sconosciuto non solo il suono della campanella d’inizio lezione ma persino l’edificio scolastico. In Calabria, i Carabinieri hanno denunciato 165 nuclei familiari che non hanno iscritto i propri figli alle scuole dell’obbligo. Le motivazioni? In base agli accertamenti effettuati dai militari, sono molteplici spesso aggravate da condizioni socio-economiche difficili in cui i minori sono vere risorse per la famiglia che li avvia a saltuari lavori piuttosto che alla gestione quotidiana di mansioni di controllo su fratelli più piccoli.

Ma la mancata frequenza o l’abbandono del percorso di studi è un serio problema che affligge molte Regioni del Sud Italia anche se con delle insospettabili aree del Centro-Nord. Ma chi abbandona lo studio o non inizia neppure? I maschi o le femmine?

Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione la maggiore propensione all’abbandono scolastico, è da parte degli alunni di sesso maschile ed è particolarmente evidente nelle aree più disagiate del paese: per la scuola secondaria di I° grado, la differenza è particolarmente elevata soprattutto in Sicilia, Sardegna, Campania e Calabria; per la scuola secondaria di II grado oltre alla Sicilia, alla Sardegna, Calabria e alla Puglia spiccano, a sorpresa, anche le Marche e la Liguria.

Gli alunni a “rischio di abbandono scolastico” se analizzato per fasce di età ha dimensioni molto diverse. Ad esempio, per la scuola secondaria di I grado, il 17,6% degli alunni a rischio di abbandono ha un’età inferiore ai 14 anni, il 43,7% un età compresa tra i 14 e i 16 anni, il 34,3% è tra i 16 e i 18 anni e il 4,4% è sopra i 18 anni.

Quanto alla scuola secondaria di II grado, la composizione percentuale per età mostra che appena lo 0,1% degli alunni “a rischio di abbandono” ha meno di 14 anni, il 6,1% ha un età compresa tra 14 e 16 anni, il 28,8% è tra i 16 e i 18 anni e ben il 65% ha raggiunto la maggiore età. Infine, analizzando la percentuale degli alunni “a rischio di abbandono” sugli iscritti a settembre 2013, emerge che l’1,24%, calcolato considerando gli alunni di tutte le età, scende allo 0,24% nell’ambito dell’età dell’obbligo, ossia considerando gli alunni fino ai 16 anni di età.

L’Anagrafe Nazionale degli Studenti del Ministero dell’Istruzione, ha registrato che nell’anno scolastico 2011/2012 il numero di alunni “a rischio di abbandono” è stato di 3.409 ragazzi per la scuola secondaria di I grado (0,2% degli alunni iscritti a settembre) e di 31.397 studenti per la scuola secondaria di II grado (1,2% degli alunni iscritti).
Nella secondaria di I grado, gli alunni “a rischio di abbandono” sono prevalentemente iscritti al secondo e al terzo anno; il fenomeno è più evidente nella scuola secondaria di secondo grado in cui l’abbandono interessa prevalentemente il terzo e quarto anno di corso.

In Italia l’unica Regione ad avere raggiunto il target europeo, con un valore dell’indicatore pari al 9,9% è il Molise. Il fenomeno dell’abbandono scolastico continua a interessare in misura più sostenuta il Mezzogiorno, con punte del 25,8% in Sardegna, del 25% in Sicilia e del 21,8% in Campania. In confronto al 2011, Marche, Trentino Alto Adige, Liguria e Umbria registrano un miglioramento rispetto agli anni precedenti.

Ma com’è il grado di istruzione in Italia rispetto agli altri Paesi d’Europa?

Nella graduatoria dei ventisette Paesi UE, in base ai dati del Miur, l’Italia occupa ancora una posizione di ritardo e si colloca nella quart’ultima posizione, subito dopo il Portogallo. Il divario con il dato medio europeo è più accentuato per la componente maschile (20,5% contro 14,5%), in confronto a quella femminile (14,5% contro 11,0%).

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Nadia Francalacci