Le potenzialità economiche dell'Unione Euroasiatica
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Economia

Le potenzialità economiche dell'Unione Euroasiatica

La membership attuale garantisce un mercato di 170 milioni di persone e un Pil aggregato di 2.700 miliardi di dollari

E' da tempo che il presidente russo Vladimir Putin sogna di costruire uno spazio economico comune tra Europa e Asia, una struttura che rimetta anche solo in parte in discussione il monopolio di Bruxelles sul Vecchio Continente, chiarendo che Mosca non ci sta più a rimanere fuori dai giochi europei. 

Eppure, quando il primo gennaio del 2015 entrerà in vigore l'Unione Euroasiatica ci ritroveremo a fare i conti con una nuova organizzazione che, a dire il vero, di europeo ha ben poco. Per il momento, infatti, Putin è riuscito a coinvolgere nel suo progetto solo la Bielorussia di Alexander Lukashenko e il Kazakistan di Nursultan Nazarbayev, ma entro la fine dell'anno dovrebbero essere confermate le adesioni di Armenia, Azerbaijan e Kirghizstan.

Mosca ha presentato la sua allenaza con Minsk e Astana come un tentativo di intensificare le relazioni economiche e commerciali tra le ex repubbliche sovietiche. Un qualcosa di molto diverso rispetto alla Shanghai Cooperation organization, di cui fa parte, oltre a Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, anche la Cina. Per il momento, infatti, l'obiettivo dell'Unione Euroasiatica è quello di ricucire da un lato il legame con tutti quei territori che un tempo hanno reso grande l'Unione Sovietica, dall'altro di iniziare a proporre quello che potrebbe diventare un nuovo blocco economico fortissimo come alternativa all'Unione Europea.  

Putin ha già sottolineato in più occasioni che i primi tre membri di questa nuova unione controllano da soli il 20 per cento delle riserve mondiali di gas e il 15 di quelle petrolifere, e che impegnandosi a garantire la libera circolazione di prodotti, servizi, capitali e lavoratori e coordinando contemporaneamente le loro politiche nei settori chiave di energia, industria, agricoltura e trasporti saranno in grado di gettare le basi di un nuovo potentissimo centro di sviluppo economico vantaggioso per loro e per tutti i paesi che decideranno di aderirvi.

Del resto, l'attuale membership garantisce già un mercato di 170 milioni di persone e un Pil aggregato di 2.700 miliardi di dollari che secondo le ultimissime previsioni diffuse dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo potrebbe crescere di altri 900 miliardi di dollari nei prossimi quindici anni. In un contesto globale di crisi latente e a fronte di una Russia che non sta certo attraversando il suo momento migliore dal punto di vista di crescita e sviluppo, è chiaro che proiezioni come queste fanno gola a tutti.

Alllo stesso tempo, ed è proprio per questo che Mosca ha spinto così tanto per trasfrormare l'unione doganale con cui, nel 2010, si era legata a Minsk e Astana in Unione Euroasiatica, la potenza chiave di questa struttura rimarrà a prescindere la Russia, che inevitabilmente finirà col ritagliarsi al suo interno una posizione di primus inter pares. 

E' tuttavia ancora presto per capire se il principale obiettivo di Putin sia quello di creare un nuovo gruppo di nazioni coese e integrate che possano diventare, insieme, sempre più forti, oppure quello di trovare un nuovo modo per mettere un piede in Europa. Per prevedere cosa succederà dovremo aspettare di vedere quali nazioni decideranno di aderire alla nuova unione, e se le nazioni che già ne fanno parte prenderanno in considerazione le richieste di paesi "non euroasiatici" come India, Israele e Vietnam di entrare a farne parte.

A dire il vero, al momento le due ipotesi sembrano garantire a Putin l'opportunità di ricorrere a un piano B nel caso il cui il suo originale progetto non dovesse andare in porto. Se Repubbliche ex-sovietiche come Estonia, Lettonia, Lituania e naturalmente Ucraina decidessero di rimanere allineate a Bruxelles rinunciando alle opportunità economiche offerte dall'Unione Euroasiatica di Putin per paura di ritrovarsi a fare parte di un'Organizzazione in cui diventerebbe impossibile non sottomettersi al volere del nuovo Zar di Russia, quest'ultimo potrebbe comunque rendere il suo blocco ancora più potente aprendolo a paesi che inizialmente non aveva considerato. Tuttavia, a prescindere da se l'Unione Euroasiatica si rafforszerà allargandosi ad est o a ovest, l'Europa farebbe bene a iniziare a pensare a un modo economicamente vantaggioso e soprattutto non conflittuale per interagirci alla pari.

  

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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