Crisi Deutsche Bank: perché non è la nuova Lehman Brothers (ma ci siamo vicini)
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Economia

Crisi Deutsche Bank: perché non è la nuova Lehman Brothers (ma ci siamo vicini)

Il colosso tedesco è in grosse difficoltà ma per gli analisti non è sull'orlo del fallimento, almeno per ora

La buona notizia è arrivata venerdì scorso, nel pomeriggio. Secondo una indiscrezione non confermata e diffusa dall'agenzia Afp, il gruppo Deutsche Bank subirà negli Stati Uniti una multa meno salata del previsto. L'ammenda che il governo americano vuole comminare al colosso tedesco (per le violazioni commesse con i titoli tossici legati ai mutui subprime) non sarà di 14 miliardi di dollari ma di portata ben più modesta, probabilmente attorno ai 5,5 miliardi, una cifra in linea con quanto la stessa Deutsche Bank aveva accantonato in vista del contenzioso con gli Usa.

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E così, nella comunità finanziaria è tornata un po' di tranquillità nelle ultime ore, dopo che per diversi giorni è aleggiato addirittura lo spettro di un fallimento del gigante finanziario di Francofrorte, cioè di un possibile crack che nulla avrebbe da invidiare nelle dimensioni a quello del 2008 della banca d'affari statunitense Lehman Brothers, causa primaria della grande crisi economica dell'ultimo decennio. Deutsche Bank sarà una nuova Lehman? E' il tormentone che va avanti da mesi anche se molti esponenti della comunità finanziaria non credono alla possibilità di un crack, pur facendo gli opportuni scongiuri.


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Nell'estate scorsa, sulle pagine del sito Lavoce.info, l'economista Nicola Borri ha invitato per esempio a guardare con attenzione alle cifre e ai dati sui bilanci del colosso tedesco. Quando si dice infatti che Deutsche Bank ha in pancia una montagna di prodotti derivati per 42mila miliardi di euro, bisognerebbe chiarire che si tratta del cosiddetto valore nozionale dei contratti. Se un prodotto derivato copre dal rischio di rialzo dei tassi d'interesse su un mutuo, per esempio, ha un valore nozionale di 100 o 200 mila euro, che corrisponde all'importo del finanziamento cui è legato. Non è detto dunque, che se questo derivato si trasformasse in carta straccia la perdita di bilancio sarebbe pari a quello del mutuo sottostante. Inoltre, non va dimenticato che nei bilanci di una banca ci sono derivati che coprono da rischi di segno opposto e che dunque si sovrappongono e annullano reciprocamente (alcuni contratti, per esempio, tutelano dal rialzo dei tassi, altri dalla possibilità di un ribasso). Se saltano gli uni, insomma, non è detto che saltino anche gli altri. A parte questi tecnicismi, però, anche Borri non nega che il gruppo Detusche Bank sia oggi tutt'altro che in salute.


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Dello stesso parere è anche un altro editorialista di Lavoce.info, Marco Onado, che di recente ha ricordato come il gruppo tedesco sia un colosso dai piedi di argilla, che in passato ha puntato molto sulle attività di investment banking e che oggi si ritrova con attività di bilancio per 1.600 miliardi di dollari ma con risultati di bilancio molto deludenti. L’ultimo esercizio della banca si è chiuso infatti con una perdita di 6,8 miliardi su un patrimonio netto tangibile di 58 miliardi di euro. Inoltre, Deutsche Bank ha un cost-income-ratio, un rapporto tra costi operativi e profitti pari al 119%. “Il che significa”, scrive l'economista su Lavoce.info, “ che gli utili correnti non sono sufficienti a fronteggiare neppure le spese per il personale e i connessi costi generali”. Non sarà una nuova Lehman Brothers, insomma, ma non si può dire certo che Deutsche Bank sia un esempio da prendere a modello.


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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