Vincenzo Consolo: "Un infelice che voleva essere Sciascia"
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Vincenzo Consolo: "Un infelice che voleva essere Sciascia"

Il ricordo del fotografo Ferdinando Scianna amico di Vincenzo Consolo che Mondadori pubblica nella collana "I meridiani"

Era un maestro di silenzio? “Io credo che fosse infelice, del resto tutti gli scrittori sono infelici e i siciliani più degli altri. La nostra allegria è quella della buccia: quando siamo felici ci vergogniamo della nostra felicità”. Vincenzo Consolo era uno scrittore infelice? “Era tormentato e la sua scrittura aggrovigliata e barocca. Voleva essere come Leonardo Sciascia, il suo maestro, ma non aveva la fede illuminista nella scrittura che aveva Sciascia”. Nelle sue foto, però, è felice e risolto: “E’ vero, con me rideva perché due siciliani che stanno insieme ridono. Ed è sempre una risata maligna”.

Ferdinando Scianna dice di aver scattato circa un milione di fotografie tutte catalogate “in quell’armadio, un grande cimitero vivente, una piramide di carta. C’è anche Consolo...”. E indica una scansìa nel suo studio di Milano dove lavora il figlio maschio che non ha mai avuto Sciascia, che infatti lo amava, il fotografo siciliano che si è preso gli occhi del mondo a “furia di ammazzare i vivi e resuscitare i morti”. Scianna porta due bretelle rosse che lo infiammano come un diavolaccio, raccoglie cavallucci di legno “non so perché, ho cominciato e poi non mi sono più fermato”, si lamenta degli acciacchi e dei medici che insulta ma perdona “per una diagnosi sbagliata ho smesso di fare fotografie”. Scrive con prolificità ma ogni volta se ne pente “ho così rispetto per la scrittura che scrivo con disagio, come se commettessi un torto”.

A volte c’è più impostura negli scrittori di professione che nel fotografo che scrive. “Il fatto che me lo facciano fare e che pubblichino i miei scritti dice molto sulla letteratura contemporanea” dice con la collera aristofanesca delle maschere che smontano con il motteggio e la battuta. Scianna seppellisce scrittori, attori, tutto "ciò che è stato" direbbe Roland Barthes, nel suo laboratorio camposanto che sembra il tendone di un circo con cilindri e cerchi di fuoco. E parla per sbuffi, vapori che fa salire carichi di suono, conversa con il piacevole dovere di chi si libera delle idee: “Consolo faceva archeologia della parola, io strappo le forme al tempo”. Oggi qualcuno pubblicherebbe un libro o un articolo dell’umbratile Consolo? “Difficilmente. I suoi pezzi di cronaca nera per “L’Ora” erano troppo belli e i giornali di oggi sono troppo brutti”. Forse pure per questo Scianna vorrebbe ringraziare Renata Colorni, “che mi ha spinto scrivere il mio ultimo libro “Visti e Scritti”, la curatrice e signora dei meridiani Mondadori a cui si deve la pubblicazione dell’opera intera di Vincenzo Consolo (“Consolo, l’opera completa, euro 80”) lo scrittore siciliano più magico e lirico che ci ha mostrato le possibilità della lingua e la tortuosità delle parole.

“Fu Sciascia a presentarmelo. Avevo trovato “La ferita dell’Aprile” un libro giovane e pieno di speranza. L’asprezza della sua lingua nascondeva un’angoscia esistenziale”. Anche lei crede nella critica sciocca che ha fatto de “Il Sorriso dell’Ignoto marinaio” un “Gattopardo” di sinistra ? “No. Ma è un capolavoro di rivolta. Uno scrivere contro. Consolo non voleva essere un letterato ma uno scrittore impegnato”.

E però non credeva nel progresso che faceva invece sperare Elio Vittorini. “Fa parte di quei siciliani, come il fotografo Enzo Sellerio, che si preoccupano dell’opinione degli altri. Sellerio quando gli veniva chiesto di Palermo rispondeva che lui non abitava a Palermo ma a casa sua. È una sindrome tutta siciliana, un po’ come la cassata: sentirsi isola e odiare le altre isole. Consolo credeva di non aver avuto il giusto riconoscimento per le sue opere, ma non era vero. Da vivo aveva vinto numerosi premi. Alla fine litigò con tutti e si isolò da tutti”. Odiava Andrea Camilleri e il suo successo? “Provava rancore e il rancore è una componente siciliana importantissima. Ci permette di lamentarci della marginalità e così giustificare in realtà l’amore che si ha nell’essere marginali, siciliani”. Scianna come Consolo, e in parte Sciascia, ha scelto di vivere a Milano, “con Enzo eravamo anche vicini di casa”, ed era vicino anche a Siracusa, dove lo scrittore aveva preso casa, e dove adesso Scianna dice di tornare poco per via del suo problema ai piedi che lo affligge da sette anni e che da sette dunque non ce lo fa più vedere ma leggere.

Milano è stato l’esilio di Consolo? “Per Consolo, Milano serviva a misurarsi con il mondo. Luigi Pirandello era solito dire ai siciliani di talento questa frase “naturalmente anche tu andrai via dalla Sicilia, ma non dimenticare il profumo”. Mi ha sempre colpito quel naturalmente. Di solito i siciliani, e Consolo pure, vanno via dalla Sicilia promettendo di non tornarci mai. E invece si fugge portandosi via lo strazio”. Ma è morto a Milano e non è mai tornato in Sicilia. “Consolo anche da Milano rimaneva il più siciliano tra gli scrittori siciliani. Era un fuoriposto. Voleva scappare sia da Milano che dalla Sicilia. In realtà le radici sono inestirpabili”.

In Sicilia ci sono ancora i baroni colti e riformisti di Consolo? “Quei personaggi sono finiti negli anni ’50. Siamo strambi e decadiamo. Strambo è anche il nostro governatore, Rosario Crocetta, che ha fatto della sua omosessualità una categoria della politica. Ci piace il decadere. Basti pensare che Consolo fece diventare metafora una rovina come lo Spasimo di Palermo”. Scianna tiene il meridiano di Consolo sul tavolo e vicino alle sue pipe che riempie di continuo “di tabacco ormai divenuto scadente”. E la sua tavola è una splendida metafora del caos, ricca e fragorosa come la sua risata da mangiatore di vita: “Da Consolo ho imparato che l’unico modo, e vale per la fotografia, è metaforizzare la realtà attraverso la fantasia e il mito”.

Sia Consolo che Sciascia collezionavano foto con maniacalità. La scrittura è forse il malinteso della fotografia? “Consolo credeva che la fotografia fosse un materiale da lavorare, Sciascia che fosse un semilavorato. È un’idea tutta naturalista che viene dai francesi. Sciascia smise di fare foto quando vide le mie”. Il meridiano è il monumento che non ha mai ricevuto Consolo e che la Sicilia non gli ha elevato? “Lo desiderava. Sapeva della sua preparazione. Per una volta si sarebbe sentito al suo posto”.

 


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Carmelo Caruso