Mi hai offeso? Ti cancello. La vendetta al tempo dei social network
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Mi hai offeso? Ti cancello. La vendetta al tempo dei social network

Nel mare delle relazioni virtuali, l’offesa più grave è l’unfriending: la cancellazione dal nostro catalogo di amicizie social

di Andrea Porta

Mi hai fatto del male? Ti elimino da Facebook. Nel mare delle relazioni virtuali, l’offesa più grave è l’unfriending: la cancellazione dal nostro catalogo di amicizie social. A otto anni dall’inaugurazione del portale di Mark Zuckerberg, internet si sta popolando di emozioni: "Come nella vita reale tolgo il saluto, su Facebook tolgo l’amicizia£, spiega Nicoletta Vittadini del Centro di ricerche sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica di Milano.

Tanto che, a volte, l’unfriending diventa una modalità di vendetta. Secondo Frank Webster, sociologo alla City University di Londra, il fenomeno è negativo ma non sorprende: il 38 per cento dei Britannici ha utilizzato i social almeno una volta in questo modo. E non è certo l’unica modalità per vendicare un torto. Commenti pubblici negativi e foto imbarazzanti in alcuni casi hanno portato a fatti criminali, anche a casa nostra: due anni fa, a Palermo, quattro ragazzi hanno scatenato una rissa per vendicare uno “sgarro” online. Vittadini non sembra però leggere il fenomeno come allarmante: "Notiamo un continuum tra reale e virtuale. Chi si toglie l’amicizia su Facebook probabilmente non avrà più rapporti nemmeno nella vita reale", spiega. "Quel che manca oggi, piuttosto, è la consapevolezza di come, sui social, azioni e parole siano pubbliche". Perché un’offesa indirizzata a uno può avere ripercussioni su altri, indirettamente.

Gli esperti del Centro studi della Cattolica sono ritrovati intorno a un tavolo con i colleghi delle università di Bergamo, di Bologna, della Calabria e di Urbino, coordinati da Giovanni Boccia Artieri di quest’ultima università, per analizzare il fenomeno per la prima volta da un’ottica nazionale: "Le dinamiche emotive degli italiani sui social", spiega a Panorama.it Boccia Artieri, "sono tendenzialmente le stesse vissute nel resto del mondo occidentale, almeno per chi ha meno di cinquant’anni".

L’indagine, che darà i primi risultati solo tra qualche mese, studia l’influenza dei social sulla mente degli utenti: "L’ipotesi è che col tempo questa nuova modalità di comunicare modificherà le nostre strutture cognitive, come hanno fatto in passato altri mezzi di comunicazione dalla scrittura al telefono". Ma anche quelle affettive: uno dei fenomeni indotti dai social è infatti l’esaltazione delle emozioni che nascono dal confronto con persone, talvolta sconosciute, di cui non vediamo il volto. "Nella ricerca parliamo di flaming e di dating", spiega Boccia Artieri, "cioè la facile tendenza all’aggressività o all’infatuazione dell’altro". Ma il sociologo rassicura: niente di veramente grave, nel mondo social le emozioni intense sono accettate, l’importante è mantenere l’equilibrio con la realtà. In fondo stiamo ancora esplorando il mezzo. Magari con difficoltà e, spesso, sbagliando tiro.

Ansia da unfriend

Unfriend finder , in pratica “scopri chi ti cancella”. Si chiama così il software lanciato da un programmatore americano per gli utenti di Facebook. Un fenomeno ben noto ai sociologi dei media, quello del’ansia da cancellazione. Il mese scorso infatti Jennifer L. Bevan, Jeanette Pfyl e Brett Barclay della Chapman University, in California, hanno pubblicato uno studio dal titolo emblematico: Risposte cognitive ed emotive negative all’unfriending su Facebook. "Un uso intenso del social network", hanno spiegato i ricercatori, "può produrre un forte investimento emotivo. Ecco perché essere eliminati crea risentimento: ne va della propria reputazione". In fondo è capitato con tutti i mezzi di comunicazione: "All’inizio ogni strumento ha uno scopo pratico, ma col tempo acquisisce un peso emotivo", spiega Nicoletta Vittadini del Centro di ricerca sui media e la comunicazione della Cattolica di Milano. Proprio come il telefono: un tempo serviva solo per trasferire informazioni, oggi lo usiamo per litigare o amoreggiare a distanza.

Il Facebook emotivo

Primo al mondo un quarantenne bolognese, Michele Fariselli, ha messo a punto il primo social network delle emozioni. Sei mesi di studi per presentare EmotId . Collegandosi all’account di Facebook o di Twitter, permette di valutare il nostro stato emotivo del momento e di condividerlo con gli amici, di chiedere loro di valutare le loro emozioni pensando a noi e di “emotaggare” link e immagini in base al grado di empatia che suscitano in noi. Un giochino da niente? No, perché alla base del breve test necessario per ottenere l’Emotag c’è uno studio su 15mila persone che si fonda sulla classificazione degli stati emotivi proposta dagli psicologi Robert Plutchik e Paul Ekman all’inizio degli anni Ottanta. "Il problema di Facebook è che non permette di esprimere emozioni diverse dal semplice “Mi piace”. Con questo social mostriamo come le emozioni possono essere diverse e complesse".

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