Succede che alcuni campi rom italiani siano ormai inaccessibili per le forze dell’ordine. Preoccupa in particolare la situazione di uno in periferia di Roma dove, in mezzo a container e rifiuti, spuntano costosissime «supercar». E sui profili social di certi giovanissimi sono esibite istantanee «formato extra lusso».
Vivono nei container tra rifiuti e carcasse di automobili. Poi, però, nonostante l’aspetto miserabile, dispongono di enormi liquidità di denaro e hanno una passione per il lusso: bollicine, orologi e soprattutto automobili. Una di loro, si è scoperto agli inizi di settembre, risiedeva in un piazzale tutto roulotte e camper a Vigonza, nel Padovano, e nonostante fosse titolare di una concessionaria di auto usate di lusso, chiamata con un nome di chiaro stampo «gipsy», percepiva il bonus pentastellato.
Ma tra i 120 campi nomadi italiani censiti dall’associazione «21 luglio», uno in particolare sta diventando una bomba sociale. Il campo romano di via Candoni, adiacente alla rimessa Atac della Magliana, è diventato ormai una sorta di Molenbeck, il quartiere di Bruxelles popolato solo da immigrati dove, di fatto, le leggi belghe sono sostituite dalla sharia. Di recente, un turista che aveva subìto il furto dello zaino e geolocalizzato lo smartwach all’interno del campo, dopo aver segnalato alle forze dell’ordine la posizione del bottino, si è sentito rispondere dalla pattuglia intervenuta sul posto che quello è un campo «di difficile gestione» e non potevano addentrarsi tra container abitati da circa 800 persone (200 minorenni), perché privi di mandato.
Ma gli abitanti del quartiere riportano anche la storia di una squadra straniera di cricket derubata di tutte le loro mazze proprio a pochi passi dal campo, che avrebbe recuperato il prezioso bottino dietro pagamento. E anche la convivenza con la municipalizzata dei trasporti è difficile. Il personale, stanco per le continue sassaiole contro i mezzi e per i furti di pezzi di ricambio, spesso agevolati proprio dai vetri rotti durante gli agguati, ha usato le carcasse degli autobus fuori uso per innalzare un muro tra la rimessa e il campo. All’interno del quale si trova la cabina elettrica che fornisce l’energia alla rimessa Atac. Eppure, gli esponenti del Pd romano per anni l’hanno propagandato come un campo modello, dove gli abitanti erano integrati con la popolazione esterna. Adesso sembrano aver cambiato idea, visto che l’assessore ai Trasporti Eugenio Patanè ne ha chiesto la chiusura con una lettera al Prefetto di Roma Matteo Piantedosi. Ma i fatti dimostrano che la situazione stava degenerando già molti anni fa, visto che nel gennaio 2015 tre agenti del Gruppo sicurezza pubblica emergenziale della polizia locale, tra cui il comandante Antonio Di Maggio, furono costretti a ricorrere alle cure dei medici per le lesioni riportate tentando di recuperare smartphone rubati.
Le cronache di allora raccontarono di agenti barricati dentro a un container assaltato dagli abitanti del campo. Ci vollero dieci pattuglie della municipale e 4 Volanti della polizia di Stato per riportare la calma. Anche fuori dai campi le regole per i rom sono un optional. La vicenda di Nicholas Orus Brischetto, morto poco più che ventenne dopo essersi schiantato a 294 all’ora sul Grande raccordo anulare con un’Audi R8 da 200 mila euro, ha svelato un mondo parallelo fatto di lusso ostentato nei social, che evoca i film sui narcos. Ai funerali del giovane sono sfilate (anche dentro al cimitero) supercar per 5 milioni di euro.
Tra le altre, una serie di Lamborghini (tra cui due suv Urus, una delle auto più in voga tra i calciatori), tre Ferrari, Porsche, Audi Rs, Mercedes Amg. Con una di queste ultime, in una serie di vecchi video pubblicati su TikTok il giovane si esibiva in derapate in una rotatoria, con il volante nella mano sinistra e il cellulare nell’altra per riprendere la sua bravata. Nei video ci sono spesso in primo piano costosi orologi, nei modelli più appariscenti, ma non manca l’ostentazione dello shopping nelle boutique di marchi famosi e delle serate nei privé delle discoteche, con tanto di «bollicine» pregiatissime in bella vista.
Una sorta di versione gitana del club dei «rich kids», i figli degli oligarchi che esibiscono le loro ricchezze sui social, che sino alla tragica morte del giovane erano rimaste confinate nei loro profili caratterizzati da nomi preceduti e seguiti da una lunga serie di trattini bassi, come un codice identificativo – che la condivisione dei video commemorativi di Brischetto ha svelato e reso pubblici. Un mondo che, secondo quanto risulta a Panorama, è all’esame delle forze di polizia. L’ostentazione di quella «riccanza», d’altra parte, ha dato troppo nell’occhio.
