La provincia sarda dell’Ogliastra vanta il primato mondiale dei centenari. Ed è anche un eccezionale laboratorio per studi genetici, con prospettive promettenti per la medicina anti aging e la creazione di nuovi farmaci.
Con una media di un centenario ogni 222 abitanti, Perdasdefogu, un comune del Nuorese con circa 1.700 residenti, detiene il record di paese più longevo del mondo nel Guinness dei Primati. Siamo in Sardegna, nella provincia dell’Ogliastra, una delle cinque «zone blu» individuate dal demografo belga Michel Poulain e dall’epidemiologo italiano Gianni Pes nell’ambito di un’indagine sui luoghi del pianeta dove si vive più a lungo ed è molto bassa l’incidenza di cardiopatie e tumori.
Le altre fortunate enclave sono la penisola di Nicoya in Costa Rica, la città di Loma Linda in California e le isole di Okinawa in Giappone e di Ikaria in Grecia, ma i sardi hanno una peculiarità: nel corso dei millenni hanno conservato un patrimonio genetico pressoché inalterato e di notevole interesse per la scienza.
Lo rivela il progetto ProgeNIA/SardiNIA, avviato nel 2001 proprio in Ogliastra dal genetista Giuseppe Pilia e tutt’ora in corso, che ha coinvolto 8 mila volontari selezionati in quattro paesi della provincia di Nuoro (Lanusei, Arzana, Elini e Ilbono). Obiettivo, chiarire il ruolo della variabilità genetica e dei fattori ambientali rispetto alla salute e all’invecchiamento.
Lo studio, sostenuto dal National Institute on Aging (NIA), una costola del National Institute of Health (NIH) degli Stati Uniti, e condotto presso la sede di Lanusei dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Cnr (Irgb-Cnr), dal 2010 è coordinato da Francesco Cucca, professore di genetica medica all’Università di Sassari e già direttore dell’Irgb-Cnr.
«Grazie al sequenziamento del genoma di migliaia di sardi contemporanei e dei campioni di Dna estratto da resti ossei provenienti da siti archeologici della zona, si è dimostrato che la popolazione locale ha un’affinità genetica unica al mondo coi primi agricoltori che in Europa si diffusero nel Neolitico, tra 10 e 7 mila anni fa, mentre si è notata una minima commistione con le genti provenienti dalle steppe, che si sono stanziate in Occidente durante l’Età del bronzo imparentandosi con popolazioni locali e diluendo i contributi genetici più remoti» spiega Cucca.
Le indagini del gruppo di Lanusei hanno non poche affinità con il lavoro del genetista svedese Svante Paabo, vincitore del Premio Nobel per la Medicina 2022 per le sue ricerche sul genoma degli uomini di Neanderthal.
Il progetto italiano, però, «ha come finalità prevalente lo studio della salute umana» precisa Cucca. «Attraverso l’esame di migliaia di dati biomedici eseguito sui volontari, come altezza, peso, indice di massa corporea, parametri cardiovascolari, valori ematologici ed ematochimici, e grazie al sequenziamento dell’intero genoma negli stessi individui, siamo in grado di stabilire quali siano le influenze di specifiche varianti della sequenza del Dna sui fattori esaminati, così da poter isolare quelle capaci di determinare protezione o predisposizione nei confronti di numerose patologie». In questo modo sarà possibile mettere a punto farmaci più efficaci, basati sulla selezione del bersaglio terapeutico corretto, di solito rappresentato da una proteina la cui inibizione o stimolazione cura o previene una o più malattie.
I risultati delle indagini svolte in Sardegna, pubblicati su Nature Genetics e sul New England Journal of Medicine, riguardano per esempio la regolazione genetica delle cellule del sistema immunitario, rilevante per le malattie autoimmuni come sclerosi multipla e diabete di tipo 1, dei livelli di emoglobina, importante nella talassemia, e del colesterolo, «cofattore» nella genesi le patologie cardiovascolari.
C’è poi un’altra linea di ricerca dedicata all’invecchiamento. «L’efficienza del sistema immunitario cambia con l’età, e questo fenomeno, detto immunosenescenza, si traduce in una maggiore esposizione alle infezioni, in una ridotta risposta ai vaccini e in un persistente stato d’infiammazione di bassa intensità, che può favorire l’insorgenza di patologie autoimmuni e croniche» continua Cucca. «Il coinvolgimento di circa 7 mila volontari fra i 18 e i 110 anni nell’ambito del progetto SardiNIA/ProgeNIA col supporto del finanziamento europeo Horizon 2020, ha permesso di mappare le modifiche del sistema immune nel corso della vita e di chiarire quanto pesano nell’invecchiamento sia la componente genetica che quella ambientale, tenendo conto dell’azione di virus e batteri ma anche dello stile di vita, del consumo di alcol, dell’abitudine al fumo e della dieta».
Fra le variabili che fanno la differenza nella «blue zone» sarda, spicca il consumo di alimenti a km zero, come il pane carasau, proteico ma povero di glutine, il latte di capra e pecora, ricco di calcio e fosforo, i legumi, fonti di fibre e minerali, i pomodori e il vino rosso (in dosi moderate), potenti antiossidanti.
Ma un ruolo di primo piano lo rivestono anche l’aria e l’acqua purissime, l’attività all’aperto (i centenari dell’Ogliastra sono spesso ex pastori), la vita comunitaria e la bassa esposizione allo stress. Che, aumentando la sintesi di cortisolo, frena il ricambio cellulare e fa invecchiare prima del tempo. n
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