Doveva essere un lavoro tranquillo, il racconto di un’azienda italiana capace di farsi apprezzare all’estero. Invece, il viaggio si è trasformato in un giorno di straordinaria follia. L’incauto cronista di Panorama si è ritrovato a testa in giù, frullato nell’aria e lanciato nel vuoto, quasi travolto da un’ondata esagerata d’acqua gelida. Prima a contatto ravvicinato con il tetto di un capannone, poi aggrappato a un sedile a compiere contorsioni e giravolte. Non perché l’azienda in questione ami torturare i suoi ospiti, anzi il suo compito è l’opposto: inventa metodi sorprendenti per farli divertire.
Da oltre mezzo secolo, da tre generazioni, Zamperla progetta e costruisce attrazioni vendute in ogni continente. Placide e adrenaliniche, per bambini e adulti, per pavidi e impavidi, in grado di sedurre gente comune e potenti assoluti, dall’ex presidente americano Obama al «supremo» leader coreano Kim Jong-un, fino al sultano del Brunei. Ecco, anche la giostra è una livella, verrebbe da dire citando Totò: accoglie e strapazza tutti, pure i tiranni, in modo democratico. È un’evasione economicamente accessibile e universalmente piacevole.
Gli archivi di Altavilla Vicentina, alle porte del capoluogo veneto, al primo piano della sede di questa fabbrica di sogni irrequieti a occhi aperti (o chiusi, se il coraggio latita), sono ricchi d’immagini, aneddoti, ricordi. Altrettanto, di cumuli d’avanguardie e prospettive: qui vengono montate e testate le macchine che, domani, popoleranno i parchi di ogni nazione. «Saranno molto diverse tra loro, ma con un tratto comune: privilegiare l’interattività. Le nuove generazioni non sono più abituate a un consumo passivo, hanno bisogno di essere coinvolte» teorizza Antonio Zamperla, che da quando era bambino provava caroselli, da ragazzo è passato alle montagne russe e ad altri animati attentati alla gravità. Oggi è il ceo dell’azienda di famiglia, il timoniere e la nostra guida in questo spazio affrancato dal senso della realtà e delle proporzioni, dove ci s’imbatte in martelli giganti e teiere sovrabbondanti, barche che s’arrampicano sui binari, robot scultori accanto ad artigiani dai guanti sporchi di polvere.
«La frontiera è rendere la giostra simile a un videogioco. Stiamo inserendo leve che consentono ai passeggeri d’issarsi all’altezza che preferiscono, abbiamo integrato telecamere per riconoscere i loro gesti e modulare l’intensità dell’esperienza vissuta. Così ogni giro è diverso dall’altro. E si ha voglia di rifarlo». Quella di Zamperla è un’ingegneria delle emozioni con solide basi teoriche, una matematica dell’intrattenimento.

Nebulaz
Provare l’esperienza di cavalcare una nuvola, salendo a bordo di un immenso orologio dal meccanismo nudo. A renderlo possibile, una danza di quattro braccia rotanti in orbite che s’intrecciano tra loro. Una giostra bella da fare (la sensazione è quella di volare) e ipnotica da osservare.

Big Wavez
I passeggeri sono sospesi a 15 metri di altezza, prima di essere scaraventati in mezzo a un’onda immane. Quanto si bagneranno, dipenderà da come si comportano: un cervellone usa sensori e telecamere per verificare se eseguono correttamente i comandi richiesti, per esempio battere le mani. Se non ubbidiscono, li schizza senza pietà.

Pump & Jumpz
La caduta nel vuoto bisogna guadagnarsela. Per raggiungere l’altezza desiderata, occorre muovere una speciale leva sistemata davanti al sedile, che rende artefici del proprio destino. Divertente anche perché si possono improvvisare sfide di abilità con gli altri passeggeri, gareggiando per determinare chi arriva per primo in cima.

Blendez
Un frullatore umano, una macchina che si muove lungo tre differenti assi di rotazione. Sui sedili esterni l’esperienza si avverte in maniera più estrema, inoltre c’è una fase di caduta libera che cresce d’intensità in base al peso degli occupanti.

Antonio Zamperla
Nipote del fondatore Antonio Zamperla senior e figlio del presidente Alberto Zamperla, da gennaio è il ceo dell’azienda. La società ha 400 dipendenti tra addetti diretti e indiretti, ha chiuso il 2020 con un fatturato di 70 milioni di euro, per il 95 per cento realizzato all’estero.
A scriverne le equazioni contribuisce Vittorio Babini, il direttore tecnico, che con la sua squadra dosa accelerazioni e velocità, calibra la suspence lenta dell’attesa e la catarsi di un lancio proteso verso il suolo. Sempre accertandosi di rispettare alla lettera tutte le norme per garantire una sicurezza totale: «Le giostre sono macchine i cui occupanti si concedono licenze e atteggiamenti imprevedibili. Dobbiamo prevederli tutti». Per poi stordirci con gli effetti speciali: se la legge impone rigorosi limiti al movimento, il trucco è non farceli avvertire inebriando la mente con sequenze di video e di suoni, dilatando gli spazi con gli specchi, manovrando i sensi con tiri mancini alla prospettiva.
Fabio Berti, in Zamperla da 25 anni, uno dei tantissimi qui dalle origini o quasi, si occupa invece d’integrare la tecnologia in macchine che, salvo freni magnetici e materiali evoluti come la fibra di carbonio, sono esemplari longevi di meccanica. Bestioni tappezzati di sensori, che oggi avvertono di potenziali guasti e necessità di manutenzione; domani, collegati a smartwatch in grado di leggere il battito cardiaco, adegueranno fluttuazioni e acrobazie ai livelli d’inquietudine di ciascun passeggero. Rallentando se lo sciagurato temerario è sull’orlo di un attacco di panico, infuriandosi se un frullatore in quota lo turba quanto un lieve venticello autunnale.
La società conta 9 mila giostre installate in tutto il pianeta, gestisce per intero il parco di Coney Island, inno alla gioia a sud di Brooklyn, uno dei più suggestivi e nostalgici approdi di New York. Vende a colossi come la Universal e la Disney, anzi di più: il fondatore Antonio senior è nella «hall of fame» della Iaapa, l’associazione di categoria dell’industria del divertimento, in compagnia proprio di Walt Disney e di George Ferris, l’inventore della ruota panoramica. Il nipote, Antonio junior, gestisce un patrimonio tangibile di memoria e innovazione coerente con l’attualità: uno studio promosso da Zamperla ha concluso che «i parchi di divertimento possono essere un valido aiuto per contrastare il disturbo post-traumatico da stress derivante dalla pandemia». Sono una cura per l’anima, ecco, o almeno il palliativo di una distrazione provvisoria.
Sarà certamente una tesi di parte, però è verificabile senza scomodare lo storico olandese Johan Huizinga, che nel saggio Homo ludens annodava il piacere con il gioco, definendolo «il sintomo di una porta che si dischiude, un relazione possibile con il tutto». Per provarlo, per sentirselo piombare addosso questo spensierato tutto, basta salire a bordo di una giostra. Smaltita l’iniziale paura, si naufraga in uno spazio senza tempo, in cui la mente si arrende all’evidenza ipercinetica di non avere più il controllo. Frullato e sommerso, scosso e agitato, il corpo è libero di godersi il suo attimo di puro abbandono.