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L’ABC della blockchain

Inchiesta sul registro digitale del futuro – PRIMA PUNTATA

  • Per fare chiarezza sulla piattaforma tecnologica più vagheggiata del momento, Panorama.it lancia il suo primo approfondimento. Corredata da video realizzati in collaborazione con Sda Bocconi School of Management, l’inchiesta è pubblicata in cinque puntate a partire dal 3 marzo 2020.
  • Prima puntata: Dalle ricerche di Alan Turing al sogno di Friedrich von Hayek, dall’acquisto della prima pizza con i Bitcoin all’esplosione delle criptovalute, tutto quello che c’è da sapere sulla rivoluzione prossima ventura.

Il colosso del lusso LVMH l’ha usata per creare una piattaforma che certifichi l’autenticità dei suoi prodotti. L’Ue ha investito 4 milioni di euro per creare un’infrastruttura di sostegno ai servizi pubblici del continente (Ebsi). La Bocconi e il Politecnico di Milano l’hanno introdotta come materia di studio. Gli artisti più innovativi, come gli italiani Hackatao, l’hanno adottata per creare il movimento della CryptoArt. E i supermercati Carrefour l’hanno applicata alla tracciabilità della filiera alimentare degli agrumi.

La blockchain sta trasformando la nostra vita quotidiana. E non è un’iperbole: i profeti dell’innovativo registro digitale sono convinti che questa nuova tecnologia riscriverà le modalità di certificazione di prodotti e quindi i codici della fiducia dei consumatori. Eppure pochissimi in Italia hanno capito che cos’è questa piattaforma informatica e che benefici può portare ad aziende e consumatori, pubbliche amministrazioni e utenti. Per fare chiarezza su un ambito nel quale il nostro Paese rischia di rimanere indietro, ecco la prima puntata dell’inchiesta di Panorama.it.

«La blockchain è una nuova tecnologia che sta rivoluzionando il modo di gestire i dati online». Valeria Portale, che dirige l’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano, spiega a Panorama.it che cos’è la piattaforma tecnologica più vagheggiata (e meno conosciuta) del momento.

La blockchain è stata ideata nel 2008, ma è il frutto di oltre mezzo secolo di ricerche a partire da quelle condotte dal leggendario matematico britannico Alan Turing, il padre della crittografia che decifrò il codice nazista Enigma. Per finire con la creazione della prima forma di moneta digitale anonima nel 1982, DigiCash, a opera dell’informatico e crittografo statunitense David Chaum.

La blockchain è stata invece introdotta dal fantomatico Satoshi Nakamoto per far funzionare in maniera completamente decentralizza Bitcoin, la madre di tutte le criptovalute. Un anno dopo è stata usata per la prima volta per l’acquisto di un bene fisico (nella fattispecie, una pizza). Ma oggi, a oltre 10 anni di distanza, i possibili ambiti di utilizzo della blockchain si sono moltiplicati a dismisura, andando ben oltre le criptovalute.

Che si tratti di una moda passeggera o di un paradigma destinato a rivoluzionare l’esistenza di miliardi di persone, resta comunque necessario capire come funziona. «La similitudine più interessante è quella con Internet, che ci ha permesso di scambiarci informazioni, ma non ci permette di scambiare valore perché abbiamo sempre bisogno di un intermediario che gestisca lo scambio di asset» prosegue Portale, che fa l’esempio della mail.

«Quando vogliamo mandarne una» spiega, «Internet è perfetto perché ci permette di mandare una copia del file al destinatario. La blockchain è un sistema simile a Internet, che tuttavia ci permette di inviare non una copia dell’asset ma l’asset stesso. In tal modo abbiamo la certezza che dal nostro portafoglio esce del valore che poi finisce nel portafoglio del nostro destinatario». La docente del Politecnico precisa che «per asset non si intende solo un valore di carattere monetario, ma per esempio un diritto d’autore, cioè un asset che ha un valore intrinseco».

La blockchain è insomma una specie di libro mastro globale? «Esattamente» risponde Valeria Portale. «È come se fosse un registro in cui viene tenuta traccia di tutti i trasferimenti di questi asset. Ma anziché essere centralizzato nei server di un unico attore, è un registro distribuito. Vale a dire che tutti i nodi di questa rete possono vedere esattamente dove è finito l’asset che ho trasferito. Questa struttura garantisce la trasparenza e anche l’immutabilità della transazione».

Per il Politecnico, il registro digitale garantisce insomma trasparenza e immutabilità. La Bocconi, l’altro grande ateneo milanese che assieme al Politecnico si sta occupando della rivoluzionaria tecnologia, aggiunge un altro punto: sicurezza. Nelle sue attività di docenza e ricerca all’interno del Devo Lab della Sda Bocconi, Leonardo Maria De Rossi spiega le tre principali caratteristiche di una blockchain aperta, come quella di Bitcoin. Ossia: immutabilità, trasparenza e sicurezza.

Partiamo dall’immutabilità. «Le transazioni sono immutabili, nel senso che non possono essere alterate o cancellate» spiega il docente della Bocconi. «Modificare le transazioni salvate in una blockchain aperta richiederebbe uno sforzo computazionale troppo elevato. Pertanto possono essere considerate immutabili». Passiamo alla trasparenza. «I membri di una rete di blockchain detengono sempre il controllo delle loro informazioni e dei loro asset» prosegue De Rossi. «Sempre nel caso di blockchain aperta, le transazioni sono visibili da chiunque, ovunque e in ogni momento».

Infine, la sicurezza. «Gli utilizzatori della Blockchain possono contare sul fatto che le transazioni saranno eseguite a specifiche condizioni, senza bisogno di terze parti fidate (come per esempio le banche)» conclude De Rossi. «Inoltre, per la sua natura decentralizzata, la piattaforma riesce a resistere meglio agli attacchi malevoli». Come sintetizza il docente della Bocconi, la blockchain di per sé non è nient’altro che «un registro di transazioni finanziarie cronologicamente ordinato e decentralizzato, senza nessuno nel centro a dire: “Sì, una transazione è avvenuta prima di un’altra”».

Innovazione tecnologica ma anche sociale, la blockchain potrebbe sovvertire l’intero sistema finanziario. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare vedendo le criptovalute associate a pacchiani speculatori finanziari o alla criminalità organizzata, dietro questo paradigma c’è un movimento sovversivo. Non a caso i suoi ideatori sono anarco-capitalisti, che vogliono aggirare gli intermediari che si frappongono nei rapporti economici fra gli individui, distorcendo le logiche di mercato.

«Si tratta per lo più di hacker e matematici che vogliono ridurre al minimo il ruolo dello Stato nella finanza» spiega De Rossi. «Si ispirano alla scuola di Friedrich von Hayek, l’economista austriaco che teorizzava che non deve esserci una singola moneta, ma devono essere tante in competizione fra loro, in modo che emerga la migliore». Un sogno che si sta realizzando: oggi le criptovalute sono diverse migliaia. Ed è solo l’inizio.

(continua)

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