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I «ricondizionati» sono l’alternativa alla crisi digitale

I «ricondizionati» sono l’alternativa alla crisi digitale

Oggi il carovita ridimensiona anche gli acquisti digitali, che invece in passato hanno sempre goduto di una rendita di posizione. Ecco allora che, a fronte di un mercato dei modelli nuovi in frenata, si sviluppa un business in forte crescita di usato revisionato, con tanto di ritiro e «monetizzazione» di vecchi esemplari.


Di solito si associa il fenomeno dell’usato ad abbigliamento, accessori, arredamento, collezionismo, ma mai come adesso anche la tecnologia è entrata in questo mercato. Sembrerebbe un paradosso per prodotti che vivono delle novità, con una clientela proiettata verso il futuro. Eppure, complice il carovita che ha tolto potere d’acquisto ai consumatori, la diffusione della sensibilità green e quindi una maggiore attenzione alla sostenibilità, all’economia circolare e alla riduzione dei rifiuti tecnologici, negli ultimi anni c’è stata un’autentica esplosione dei «ricondizionati». Con questo termine si fa riferimento ai prodotti digitali usati, soprattutto gli smartphone, che vengono riparati (se necessario), in ogni caso ispezionati e verificati prima di essere reimmessi sul mercato. Nel 2021, secondo un’indagine di Persistance market research, a livello mondiale è stato venduto il 15 per cento di cellulari rigenerati in più; nello stesso periodo, le vendite dei modelli nuovi di zecca sono cresciute solo del 5 per cento.

Le prospettive del settore si preannunciano rosee: uno studio di Certideal stima in 65 miliardi di euro il giro d’affari nel 2024 con un ritmo di aumento, entro il 2027, di oltre il 10,23 per cento. Lombardia, Liguria e Lazio sono le regioni con il maggior numero di ordini, con la prima delle regioni in testa per numero di acquisti. La motivazione è innanzitutto il prezzo, 30-40 per cento in meno. Con l’inflazione galoppante, i consumatori temono per il loro futuro e questo incide ovviamente sulla decisione di acquistare prodotti tecnologici – quali gli smartphone – per dare la priorità alle spese necessarie, come i generi alimentari. Segnali di difficoltà erano emersi da tempo, poi la pandemia, la carenza dei componenti – concentrati soprattutti in Cina – e la guerra in Ucraina non hanno fatto altro che accelerare una crisi già in atto, dovuta alla stagnazione dell’innovazione. Canalys, importante società di ricerche di mercato nella tecnologia e nella telefonia mobile, stima che la crisi nel settore durerà ancora a lungo.

C’è poi il fenomeno dell’aumento della domanda dei telefoni 5G di ultima generazione, che paradossalmente ha fatto toccare vertici stellari alle vendite dei modelli ricondizionati perché i consumatori, nel passare ai costosi smartphone, sono ricorsi alla permuta. Siccome è aumentata l’offerta di smartphone ricondizionati, Apple e Samsung hanno visto crescere le loro vendite. Alcuni marchi come Refurbed, Swappie o CertiDeal sono diventati colossi del settore, ma proposte arrivano anche dagli operatori tradizionali come WindTre che ha aperto una pagina dei prodotti usati. C’è anche la startup milanese Senso che opera in una ventina di Paesi, Italia compresa. Si occupa dei dispositivi Apple ricondizionati con un processo di lavorazione che usa la robotica e gli algoritmi per ridurre gli sprechi e le emissioni di CO2.

La country manager Italia di Swappie, Elena Garbujo, stima che «nei prossimi anni il ricondizionato potrebbe diventare la prima scelta». Il pregiudizio che si tratti di prodotti di serie B, è stato sconfitto dalla tecnologia. «Sottoponiamo gli iPhone a un processo di 52 fasi in cui ne verifichiamo la funzionalità, l’estetica e il livello della batteria» spiega la manager. Anche il meccanismo di vendita è diventato più accattivante. Swappie ha inoltre creato, in Finlandia, un circuito di bancomat per smartphone usati. Chi vuole cambiare modello o ha un dispositivo che non usa più, può recarsi allo sportello Atm, compilare un questionario, depositare il proprio telefonino nel bancomat. Nel giro di 24 ore i tecnici analizzano il prodotto e se compatibile a un ricondizionamento, l’azienda eroga una certa somma sul conto corrente indicato.

Lo sportello automatico serve anche per acquistare l’usato. Basta scegliere tra quelli presenti e pagare. Lo scorso novembre, Swappie ha aperto il primo pop up store in Italia per far toccare con mano gli iPhone ripristinati (anche se poi l’acquisto è online) e vendere il proprio vecchio telefonino lasciando che i tecnici si occupino del ricondizionamento. Il fondatore di Refurbed, il «marketplace» dei dispositivi elettronici ricondizionati, l’austriaco Kilian Kaminski, ha cominciato nel 2017 investendo 20 mila euro, insieme con due soci. Ben presto il giro d’affari è decollato e ora è una società leader nel settore. Il canale principale di rifornimento è quello delle grandi aziende, delle banche e delle società di telecomunicazioni, che spesso sostituiscono gli smartphone dei loro dipendenti e vendono i vecchi. E siccome ne vendono grandi quantità, è facile spuntare un buon prezzo. È il business dell’economia circolare, in chiave green, il successo è una scommessa già vinta.

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