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Saturnino: «La musica è sempre più disumana»

Saturnino: «La musica è sempre più disumana»

L’elettronica e i computer «tolgono l’anima» alle canzoni. L’intelligenza artificiale crea testi e note che piacciono alle masse, ma «cancella lo human touch», banalizzando l’emozione di un brano. Saturnino si sfoga con Panorama: «gli algoritmi sono la rovina della sonorità».


«E’ l’ago della bilancia, lo human touch (quel tocco che solo l’uomo sa dare) è un po’ come l’innamoramento: non si può spiegare, ma fa la differenza. Quando Sting esegue i brani dei Police nei suoi tour solisti, suona come una cover band perché non ci sono Andy Summers alla chitarra e, soprattutto, Stewart Copeland alla batteria. Era l’equilibrio magico e inimitabile di un trio pazzesco. Fatti mandare dalla mamma di Gianni Morandi è diventata un classico anche perché è stata prodotta e arrangiata da un certo Ennio Morricone» spiega a Panorama Saturnino, musicista, compositore e da più di trent’anni bassista nella band di Jovanotti.

Il suono come espressione del talento e dell’intuizione di un artista o di un producer è l’esatto opposto della musica di «plastica» esplosa negli ultimi anni, creata con un software o scaricando da internet basi dozzinali e precotte. «Oggi ci sono produttori che sfornano canzoni senza le basi minime per fare quel mestiere, senza conoscere la differenza tra un diesis e un bemolle. Un po’ come se uno facesse il docente di italiano senza saper coniugare i verbi. Per non parlare di quei programmi di intelligenza artificiale in grado di creare dal nulla il testo di un brano, in metrica, utilizzando un database di due-tremila parole tratte da poesie o romanzi. Che tristezza» commenta Saturnino.

«Ci sono software che mettono in fila una sequenza musicale fatta, non dico da due accordi, ma da due note, una progressione elementare presente in molti brani rap e trap. In questo contesto di gente che “gioca con le macchine” c’è pure qualcuno che ha da ridire sui Måneskin. Che suonano davvero, sono giovani, belli e hanno gli ormoni a palla. E in più, piacciono in tutto il mondo. Mi scappa da ridere quando mi chiedono un parere su Victoria come bassista: ma che c’è da dire? È perfetta per quel gruppo. Se non ci fosse, i Måneskin non avrebbero quel sound. Ancora una volta, è il fattore umano. Se togli un ingrediente da una ricetta che funziona, il sapore non è più lo stesso».

Nei giorni scorsi sulla pagina Instagram One Hacker Band è apparsa l’inquietante creazione di un ingegnere americano: tre strumenti (chitarra, basso, batteria) che suonano canzoni dei Metallica e dei Nirvana senza che nessuno li sfiori. Le bacchette si muovono da sole e alcune leve guidate digitalmente pizzicano le corde di basso e chitarra. È stata definita la prima robot-band del mondo, ma in realtà non ci sono nemmeno i robot… Insipida è buona parte della musica contemporanea e insipido è diventato il mercato musicale: «Ormai tutti annunciano trionfalmente di aver totalizzato un milione di clic in streaming, peccato che omettano di dire quanti soldi abbiano realmente guadagnato per quel milione di clic. Ben pochi».

Ci si esalta come se quel numero fosse sintomo unanime di gradimento. Ma non è così: nel famoso milione ci sono gli ascolti dei giornalisti musicali che si approcciano a un disco per mestiere, gli ascolti degli addetti ai lavori che cliccano per curiosità e aggiornamento sulle nuove tendenze, gli ascolti casuali di chi s’imbatte nel brano di quell’artista perché inserito in una playlist. Insomma, oltre i numeri e i presunti successi sbandierati a uso social, c’è poi la realtà. Chi suona nei gruppi che hanno fatto e fanno la storia della musica conosce il valore inestimabile dell’alchimia, di quella chimica che si produce tra esseri umani dentro lo stesso studio di registrazione o sullo stesso palco. «Qualche anno fa ho assistito a una scena illuminante» racconta Saturnino. «Dave Gahan, ovvero metà dei Depeche Mode, che chiedeva al promoter se secondo lui ce l’avrebbe fatta a riempire un club milanese da tremila persone per il suo concerto solista. Lui che con la band ne porta 70 mila a San Siro… Un bagno di umiltà e consapevolezza».

Riflessioni che portano a ragionare sul valore e sul senso della musica, che, come è consuetudine affermare in questo tempo, è diventata liquida, un termine obliquo che forse nasconde un’altra verità: è diventata sostanzialmente gratis (con l’eccezione degli irriducibili acquirenti di vinili e cd). «Nei giorni scorsi» dice Saturnino «ho ritwittato una riflessione di Enrico Ruggeri che fotografa esattamente lo stato delle cose: nel suo post c’è una t-shirt con una vecchia audiocassetta e la scritta “Home taping is killing music. And it’s illegal” e un testo che recita: “Una volta i grandi album avevano la dignità dei grandi romanzi… È cominciato tutto così, con le nostre ingenue marachelle di ragazzi – me lo presti che lo registro? – ed è finita con la musica gratis, l’ascolto distratto, lo skip, la fine dei grandi progetti d’arte”. Sottoscrivo parola per parola: la musica è un’arte importante che andrebbe fatta sul serio, non tanto per provarci con qualche trucchetto».

Alla lista degli escamotage per fingere di essere vocalist si è aggiunto da qualche tempo l’ormai inflazionato Auto-Tune: «È un effetto che nasce per intonare chi intonato non è. Nel 90 per cento dei casi, eliminato l’effetto “magico”, si sentirebbe la voce di uno stonato. Quindi, in concerto deve intervenire il fonico con l’aiutino dell’Auto-Tune» spiega. «Detto questo, la musica contemporanea è per fortuna anche altro. Adele trionfa facendo album di canzoni dove non c’è la minima traccia di elettronica, Ed Sheeran riempie gli stadi con una chitarra e la sua voce. E Taylor Swift, come nel duetto con Bon Iver, ammalia cantando» argomenta. Nelle scorse settimane la Swift, classe 1989, che si rivolge in buona parte a un pubblico giovane, ha stravolto ogni previsione vendendo 595 mila vinili del suo ultimo disco, Midnights. Solo 395 mila i cd. È la prima volta dal 1987 che le vendite di un 33 giri superano quelle di un cd. I due numeri sommati sono in ogni caso un segno evidente che ancora per molti la musica non è soltanto un’entità liquida e immateriale.

«La musica vera è fatta di dita che suonano sugli strumenti dosando la forza, l’intensità: i piani e i forti sono parte dell’emozione di un brano» conclude Saturnino. «Molte canzoni di oggi sono come un binario dritto, piatto, dove tutto suona con la stessa dinamica. Tanti pezzi sono pensati e prodotti avendo come obiettivo quello di catturare più gente possibile nei primi trenta secondi di ascolto sulle piattaforme streaming. Il motivo di questa pratica è che l’ascolto viene conteggiato quando un utente sente una canzone per almeno 30 secondi. Mi ripeto: la musica è una cosa seria, mica il contentino per un algoritmo».

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