Il lockdown, i concerti bloccati, i cinque figli e l’effetto terapeutico della sala di incisione. Il cantautore romano si confessa a Panorama e racconta il suo ultimo album ispirato da uno studio di Leonardo da Vinci.
Trovo inaccettabile che un governo possa ritenere sacrificabile il settore della musica. Mi auguro solo che le aperture delle ultime settimane non siano l’anticamera delle prossime chiusure» afferma Max Gazzè, uno degli artisti che più si è speso per far ripartire l’azienda musica. A cominciare dal cruciale settore dei concerti: «L’anno scorso ci sono stati piccoli eventi live senza casi di contagi. In tempo di pandemia si possono organizzare concerti rispettando le regole, se le regole sono accettabili. E di buon senso. Inutile sbandierare che si possono fare i concerti allo stadio con una capienza massima di mille persone. È ridicolo dirlo. Altro discorso è ragionare su uno spazio all’aperto che contiene 10 mila persone. Basta farne entrare 5 mila che assistono allo spettacolo sedute e distanziate: questo è fattibile così come è possibile riaprire i teatri con una capienza ridotta» spiega il cantante. «Non vedo perché un luogo di aggregazione, che non significa assembramento, non possa riprendere a lavorare. La musica non è solo divertimento e intrattenimento, è salvifica, rigenera le endorfine, nutre l’anima. Il blackout ha cambiato il panorama intorno a me, ci sono persone che da sempre lavoravano in ambito musicale e adesso si guadagnano da vivere al servizio dei grandi store digitali, gli unici che non hanno subìto le conseguenze della pandemia».
Non aderisce alla retorica della distanza a tutti costi, Max Gazzè, che il suo ultimo album, La matematica dei rami, lo ha registrato come si faceva negli anni Settanta suonando strumenti veri insieme a un gruppo di musicisti veri, la Magical Mystery Band (di cui fa parte anche Daniele Silvestri): «Abbiamo resistito come esseri umani esattamente come i rami degli alberi secondo uno studio di Leonardo da Vinci: che non crescono mai in maniera casuale, ma in un ordine naturale, funzionale alla loro resistenza al vento e alle intemperie. È la matematica della natura. Ecco, io e la Magical Mystery Band abbiamo resistito chiudendoci in uno studio di registrazione vedendoci tutti i giorni, suonando, provando e sperimentando. Senza ausilio di computer in alcuna fase. Lo abbiamo usato solo come registratore. Tutto in presa diretta, con pochissime sovraincisioni…» racconta.
Il risultato è un album estremamente piacevole, uno di quei rari dischi che si fanno ascoltare dall’inizio alla fine, in cui tutte le canzoni hanno una ragion d’essere: «Oggi non mi preoccupo del successo del singolo pezzo, mi interessa molto di più il senso di quello che faccio e come lo faccio. Con passione, dignità e molto amore per la musica. Per me il processo artistico della creazione di un disco si conclude quando l’ascoltatore sensibile riconosce il tuo lavoro come unico, genuino e sincero. E i feedback che sto ricevendo mi confortano molto…» aggiunge.
Voleva un disco per annullare o quantomeno attenuare le distanze Max Gazzè, padre di cinque figli che a seconda delle età e in misura diversa hanno patito, come tutti i loro coetanei, le privazioni da lockdown: «Ho una figlia di 15 anni e credo che lei, ancor più della sorella ventenne, abbia trascorso un anno di sofferenza che poi è diventata la sofferenza di noi genitori impotenti davanti a questi ragazzi privi di strumenti per affrontare ciò che è successo. Gli adolescenti hanno bisogno di “sfociare” nella vita, nelle relazioni personali, hanno necessità di esperienze vere, non della Dad, un orrendo acronimo che definisce la disumanizzazione dell’apprendimento» ribadisce prima di riprendere un tema a lui molto caro, quello dell’approccio analogico al pensiero e al modo di vivere.
«Questa era pandemica spinge in maniera malsana all’individualismo. Ci stiamo abituando a qualcosa del tutto innaturale come la distanza nelle relazioni. Invece è indispensabile la percezione dell’altro. Non abbiamo solo un corpo fisico, stiamo mettendo a dura prova il nostro corpo metafisico, c’è bisogno di allenare la tecnologia interna, quella dell’anima. Non dobbiamo diventare organismi biomeccanici. In quel che stiamo vivendo non c’è alcuna “nuova normalità”, bisogna preservare l’integrità dell’essere umano all’interno di questo organismo chiamato mondo».
Un mondo confuso e disorientato dove i ruoli si confondono e si invertono. «Ne vuole una prova? L’altro giorno ho chiesto a un famoso dottore quando tutto questo finirà. Mi ha risposto: “Non lo so, non sono un politico”».