Home » Rave: una tribù che «sballa»

Rave: una tribù che «sballa»

Rave: una tribù che «sballa»

È stato un crescendo durante tutta l’estate. Migliaia di ragazzi si ritrovano in raduni abusivi su terreni privati o comunque senza autorizzazioni, o controlli, o norme di sicurezza. E tra musica techno e droghe sintetiche, ogni tanto ci scappa il morto. Ferragosto sarà il clou.


Ora gli organizzatori sono più cauti con la pubblicità via social. Preferiscono i canali Telegram, dove i messaggi non lasciano traccia, e anche le locandine non sono più quelle di una volta. Di dichiarato ormai c’è ben poco e per i profani è difficile capire che si tratta di un rave party. Dietro alle poche notizie per partecipare al concerto di musica techno, diffuse solo qualche giorno prima, però, c’è molto altro. Per gli spacciatori è un’occasione ghiotta per rifornire di stupefacenti (soprattutto droghe sintetiche) migliaia di giovani in un colpo solo. E, in attesa del solito maxi evento ferragostano (che ancora non è stato pubblicizzato), i medi e piccoli rave per scaldare i motori sono già in corso, nell’indifferenza generale.

Negli ultimi due mesi se ne contano già tre (il record è del 2018, con una cinquantina di raduni clandestini, dalla centrale di Montalto di Castro, vicino a Viterbo, alla fabbrica ex Viberti di Nichelino, periferia di Torino), che hanno visto migliaia di presenze. Il tam tam gira tra gli appassionati del genere alla velocità della luce. Ed è sempre più difficile prevedere dove arriveranno. La notte del 24 luglio scorso, per esempio, i residenti nella zona della spiaggia delle Rianne, a Laveno Mombello, in provincia di Varese, si sono accorti del rave solo quando la musica è partita con un rombo di tuono. I carabinieri, arrivando sul posto, si sono trovati davanti la solita fila di camper e di auto parcheggiate sul ciglio della strada che porta al lago. E hanno accertato subito che si trattava di una manifestazione non autorizzata. Una cinquantina i giovani denunciati per invasione di terreni (la spiaggia pubblica). Alcuni provenivano dalla Sicilia. Molti dalle città del Nord Italia e dalla provincia di Varese. Il giorno seguente l’amministrazione comunale se l’è dovuta sbrigare per ripulire i quintali di immondizia lasciati in giro.

Nulla di lontanamente simile, però, a quanto accaduto lo scorso anno nella settimana di Ferragosto, quando circa 8 mila ragazzi parteciparono a un maxi rave a Valentano, sulle sponde del lago di Mezzano, in provincia di Viterbo, occupando ben 30 ettari di terreno agricolo. In quelle quattro folli giornate perse la vita un ragazzo di 24 anni. In Tribunale, però, nonostante le centinaia di denunce, c’è finito un solo imputato: Adurel Karafili, 34 anni, accusato di «invasione di terreni». Il processo comincerà nel 2023. E il proprietario dell’area, Piero Camilli, ora ha l’amaro in bocca: «Mi hanno detto che sarò parte offesa nel procedimento contro una sola persona, un albanese che si trovava in galera a Frosinone, ma c’erano 10 mila persone, io dovrei rivalermi solo su di lui?». Il Tribunale civile, ha allora depositato una richiesta di risarcimento danni contro il ministero dell’Interno. Che, proprio come nel caso di Viterbo, non sempre riesce a prevenire le orde barbariche. «Serve una legge», attacca l’ex parlamentare Giuseppe Molinari, che 13 anni fa durante un rave nel Salento ha perso una nipote di 23 anni. «In assenza di regole certe», spiega a Panorama l’ex deputato (due legislature, una delle quali da componente della Commissione parlamentare antimafia), «le forze dell’ordine continueranno solo a contestare il reato di occupazione di terreni. Ma in quelle feste della morte circolano droghe sintetiche pericolosissime e il tutto avviene nel disinteresse generale della politica e anche della stampa. Ci si ricorda di cosa accade durante i “death party” per pochi giorni e solo quando qualche ragazzo lascia su quei terreni la propria vita».

Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, all’indomani dei fatti di Viterbo, aveva cominciato a propagandare alcune misure repressive. Che però sono rimaste campate in aria. «Sono convinta», aveva detto, «che serva un intervento normativo per rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto. Il ministero dell’Interno sta lavorando a un’ipotesi di fattispecie criminosa che consenta di disporre la confisca obbligatoria dei veicoli e degli strumenti necessari per l’organizzazione dell’intrattenimento e che preveda l’obbligo del ripristino dei luoghi». A oggi, nulla di fatto. E «sul piano preventivo», ipotizzava il ministro, «potremmo introdurre la possibilità di ricorrere ad altri strumenti investigativi, come già avviene per diversi reati di particolare gravità. Tutto questo per allinearci alla legislazione degli altri Paesi europei».

Ma il copione è sempre lo stesso. Il 16 luglio scorso più di mille giovani si sono dati appuntamento in riva al Po, nel territorio pavese del comune di Pieve del Cairo, Lomellina. Le forze dell’ordine sono riuscite a mandarli via dopo due giorni di baldorie. Il sindaco Niccolò Capittini dopo aver verificato di persona in che condizioni era stata lasciata l’area golenale, si è rivolto al prefetto: «Chiediamo di strutturare una strategia unica per tentare di prevenire questi raduni non autorizzati e improvvisi, che qualche volta creano seri problemi ad aree ecologiche preservate e a intere zone abitate». Neanche due settimane prima il popolo dei «raver» si era riversato nel Grossetano. Il bilancio: circa 700 persone, dopo aver forzato un posto di blocco, hanno invaso un terreno privato in località la Zingara, nelle campagne di Tirli, comune di Castiglione della Pescaia. Gli identificati, 630, sono stati denunciati per il solito reato: invasione di terreni. Negli scontri sono rimasti feriti sette poliziotti, dopo essere bersagliati con sassi bottiglie di vetro.

Soltanto una settimana prima, a fine giugno, nei boschi della Garfagnana, in provincia di Lucca, l’ennesimo festival della droga e degli ultra decibel. I promotori attendevano almeno 3 mila partecipanti, ma sul posto hanno trovato una massiccia presenza di forze dell’ordine in tenuta anti sommossa. Alla fine dalla Questura hanno contato un migliaio di presenti, arrivati soprattutto con i camper. Molti di loro avevano già piantato le tende. Il prefetto della Spezia, Maria Luisa Inversini, è uno dei pochi ad aver scelto la linea dura. A fine giugno ha chiesto ai sindaci una mappatura delle aree dismesse o abbandonate per prevenire l’organizzazione dei rave party. «La direttiva intende cogliere segnali di situazioni con potenziale rischio», spiegano dalla Prefettura. «Tra queste rientrano i raduni non organizzati in grado di richiamare un elevato numero di partecipanti, rispetto ai quali è stata chiesta la massima vigilanza». Ottime intenzioni. Ma quello ligure resta un caso isolato.

© Riproduzione Riservata