Per decenni il collegamento diretto tra la Francia e l’Italia (fino al secolo XIX la Savoia sabauda) rimase un sogno irrealizzato. Troppo imponente e impenetrabile alla tecnologia di due secoli fa era il Monte Bianco, che rimase guardiano insormontabile del confine fino al secondo dopoguerra. Fu dal 1946 che i progetti per il traforo furono ripresi, questa volta con l’obiettivo concreto di portare a termine la grande opera, una delle più importanti per l’Europa del Ventesimo secolo.
Per la realizzazione del tunnel del Monte Bianco molto si deve all’opera del conte Dino Lora Totino, ingegnere ed imprenditore del biellese. Appassionato di montagna, si era già distinto per la realizzazione delle funivie del Plateau Rosa nel 1939. Negli anni ’50 sarà il promotore delle funivie dei ghiacciai sul Monte Bianco. Visionario e facoltoso, iniziò i lavori a sue spese tra il 1946 e il 1949, ma con mezzi inadeguati che posero più di un dubbio sulla possibilità di successo. Solo un successivo accordo tra autorità francesi e italiane firmato nel 1949 diede finalmente il giusto slancio all’opera, che fu ripresa solamente nel 1959, 10 anni dopo i 250 metri che il conte Lora Totino era riuscito a realizzare in quasi tre anni di scavi. La tecnologia dell’epoca prevedeva l’utilizzo di un escavatore speciale chiamato «Jumbo», un colosso di 10 tonnellate con 16 trivelle collegate tra loro su 4 piani di lavoro. L’avanzamento dal lato italiano iniziò per primo a una media di 9 metri al giorno. Poco dopo, nell’estate 1959, cominciarono i lavori anche sul versante di Chamonix. Un milione di metri cubi di roccia costituì il materiale di risulta degli scavi, effettuati con utilizzo di esplosivi. Non mancarono gli incidenti mortali: il bilancio finale dell’opera reclamò la vita di 23 operai e due guide alpine, disperse durante i lavori di triangolazione e rilevazione.
Durante le opere di scavo, più difficili sul lato italiano per la presenza di grandi infiltrazioni d’acqua, si instaurò una sorta di competizione tra italiani e francesi, con questi ultimi che affermarono più volte la sicurezza di giungere per primi alla fine dei 5.800 metri a loro assegnati. Fu così che il direttore dei lavori italiani Giulio Cesare Meschini riorganizzò i turni, rendendoli continui e raddoppiando la paga degli operai. Ebbe alla fine ragione quando il 3 agosto 1962 il «tubo» italiano fu terminato, in anticipo di 11 giorni sui colleghi d’oltralpe. Ci vollero altri tre anni per rendere transitabile il traforo, che fu pronto per essere inaugurato il 16 luglio 1965 alla presenza dei presidenti Giuseppe Saragat e Charles De Gaulle. Verrà aperto al traffico tre giorni dopo, il 19 luglio. Il traforo funzionò ininterrottamente fino al tragico incidente del 24 marzo 1999 quando un autotreno entrò con un’avaria al motore e prese fuoco nel cuore della montagna, causando una strage nella quale persero la vita 39 persone. Dall’incidente il tunnel rimase chiuso fino al 2002, periodo nel quale fu interessato da una completa modernizzazione soprattutto negli aspetti della sicurezza.






