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45 anni fa la morte di Pasolini; le nuove carte sulle indagini

45 anni fa la morte di Pasolini; le nuove carte sulle indagini

“La viltà avvezza a vedere morire nel modo più atroce gli altri,

nella più strana indifferenza.

Io muoio, ed anche questo mi nuoce.”

A 45 anni dall’assassinio di Pier Paolo Pasolini, la sua morte rimane un mistero.


Il 2 novembre 1975 lo scrittore fu ucciso da Giuseppe Pelosi. Il suo corpo fu brutalmente massacrato e investito dalla sua stessa auto. Pierpaolo Paolini fu uno dei personaggi più importanti del 900. Scrittore, giornalista, poeta, regista e filosofo. La sua filmografia e le sue opere hanno influenzato il panorama culturale del XX secolo. Pasolini fu una figura molto controversa del suo tempo e i suoi articoli di denuncia lo resero un personaggio scomodo, ma nonostante questo la sua morte fu derubricata da subito come omicidio a sfondo sessuale.

È il TG1 del 2 novembre 1975 a dare notizia dell’omicidio di Pierpaolo Pasolini e lo fa leggendo la deposizione resa dal suo assassino Giuseppe Pelosi ragazzo di vita: “Ho visto per terra la tavola e gliela ho rotta in testa. Sembrava che non avesse sentito niente e sembrò non sentire nemmeno due calci nelle “palle”. Allora gli ho afferrato i capelli e gli ho dato due calci in faccia. Il Paolo barcollava, ma ha trovato ancora la forza di darmi una bastonata sul naso. Allora non ci ho visto più e con uno dei due pezzi della tavola l’ho colpito di taglio più volte finché non l’ho sentito cadere a terra e rantolare. Subito dopo sono salito in macchina e sono fuggito con quella. Nel fuggire non so se sono passato o meno con l’auto sul corpo del Paolo.”

La notte dell’omicidio

Pasolini era rientrato da Parigi da un paio di giorni e la sera dell’omicidio aveva cenato con l’attore Nino Davoli e la sua famiglia al ristorante “Il Pomodoro” a San Lorenzo. Dopo cena intorno alle ore 23 si era recato in un bar a Piazza dei Cinquecento a Roma nei pressi della Stazione Termini. In quel posto sotto i portici aveva incontrato il suo assassino, Giuseppe Pelosi chiamato “La Rana” dopo averlo fatto salire a bordo della sua Alfa Romeo GT grigia, i due verrano visti per l’ultima volta al ristorante “Il Biondo Tevere” in via Ostiense, dove Pasolini cliente abituale aveva portato Pelosi a mangiare. Poco dopo la mezzanotte sono risaliti in macchina e fatta una breve sosta in un distributore di benzina sono ripartiti in direzione dell’Idroscalo di Ostia. Arrivati a destinazione Pasolini ha fermato l’auto consumando un rapporto orale incompleto con il Pelosi poi sceso dall’auto per urinare. Il poeta secondo quanto affermato dalle sole dichiarazioni del suo assassino, lo ha seguIto tentando di avere un rapporto sessuale con lui non consenziente e vedendo le sue resistenze, lo ha colpito con un bastone procurandogli una piccola ferita alla testa. Il colpo ricevuto da Pasolini riferisce Pelosi, ha scatenato la furia omicida. Nella sua deposizione ha dichiarato di aver staccato un pezzo di legno da una staccionata, per poi usarlo per picchiare selvaggiamente il poeta a tal punto da staccargli un padiglione auricolare. Nel fuggire ne ha straziato il corpo investendolo più volte con la sua auto. Verrà fermato dopo un inseguimento all’una e 20 bordo dell’Alfa Gt di Pasolini dai carabinieri di Ostia. Fu arrestato per furto d’auto ma ancora nessuno sapeva che Pasolini era stato ammazzato. Il ritrovamento del cadavere è avvenuto alle 6,30 del mattino, solo allora Pelosi confesserà il delitto. Pierpaolo Pasolini fu ritrovato in posizione prona, riverso con il braccio destro sotto il torace e il sinistro lungo il fianco, la faccia completamente sfigurata intrisa di polvere e sangue. A riconoscere il suo corpo martoriato l’amico Nino Davoli alle 10 del mattino.

L’autopsia

L’autopsia sul corpo di Pasolini parla chiaro. Lo scrittore è stato vittima di un massacro. L’esame necroscopico, riportato nella seconda perizia medico legale del Professor Faustino Durante descrive un cadavere sfigurato che porta i segni di un accanimento feroce. Nella perizia vengono riportate nel dettaglio le lesioni mortali sul corpo del poeta: “Due larghe escoriazioni ecchimotiche alle regioni frontali laterali. Un ecchimosi escoriata nelle regioni zigomali. La mandibola è fratturata in due punti. L’orecchio destro è completamente strappato dal suo impianto. Il naso appiattito deviato verso destra. Frattura delle falangi della mano sinistra, 10 fratture costali, frattura dello sterno. Ferite su spalle, torace e lombi. Lacerazioni capsulari al fegato lunghe 15 e 7 cm. Un violento trauma contusivo ai testicoli. La causa del decesso è stata lo scoppio del cuore provocato dal sormontamento della sua auto.”

I dubbi sull’omicidio

Le indagini purtroppo non tennero conto di molti particolari scientifici ed il caso fu chiuso. Il poeta massacrato all’Idroscalo di Ostia secondo le cronache del tempo e le indagini condotte fu ucciso per una “questione tra omosessuali” come se ci fosse una volontà di uccidere insieme a lui anche il suo personaggio provocatore e anti borghese.

Secondo la perizia legale di parte del dott. Faustino Durante del 1976 l’analisi sul corpo “induce ad avanzare con fondatezza l’ipotesi che Pasolini sia stato vittima dell’aggressione di più persone.” stessa conclusione a cui si arrivò con la sentenza di primo grado dove Pelosi venne condannato a 9 anni, 7 mesi per “omicidio volontario in concorso con ignoti” Successivamente la Corte ritenne “estremamente improbabile, che Pelosi possa avere avuto uno o più complici”. Una sentenza divenuta definitiva il 26 aprile 1979 e confermata in Cassazione.

Sentenze a parte i dubbi sono rimasti. Pino Pelosi nonostante avesse massacrato il poeta non era sporco di sangue. Aveva solo dei piccoli schizzi su un polsino della camicia e sul bordo di una scarpa come se avesse assistito e non partecipato al delitto. Il suo racconto di quella sera non coincide con la ricostruzione scientifica. Pelosi ha dichiarato di aver colpito più volte alla testa con un tavola di legno Pasolini e poi di averlo preso a calci nella zona scrotale. Colpi che avrebbero impedito allo scrittore secondo la perizia di potersi rialzare, mentre il suo corpo è stato trovato schiacciato dalla sua auto a 70 metri da dove era stato preso a calci. Pasolini infatti in un gesto disperato aveva tentato di fuggire, si era alzato da terra e dopo essersi sfilato la camicia ha cercato di tamponare le copiose perdite di sangue causate dalle gravi lesioni alla testa, ma è stato investito dalla sua auto. Un’altra questione che non è stata mai chiarita è quella dell’auto di Pasolini. L’Alfa con cui si è compiuto il suo omicidio è stata usata da Pelosi per investirlo e poi scappare, ma non c’erano tracce di sangue sul volante dell’auto ma bensì sul tetto al lato del passeggero. Un’auto che nonostante il tipo di assetto molto basso non era rimasta danneggiata dopo l’investimento del corpo e che è rimasta parcheggiata nel deposito giudiziario dei carabinieri quattro giorni prima di essere analizzata. La notte dell’omicidio Pelosi fu fermato ad Ostia dopo l’una con l’auto di Pasolini, ma sempre la stessa sera fu trovata l’auto di Pasolini sulla Tiburtina alle tre di notte nei pressi di dove viveva Jonny Lo Zingaro noto criminale del tempo, una versione confermata da Graziella Chiarcossi cugina della vittima. Com’è possibile che l’auto dello scrittore fu ritrovata due volte? Il giorno dopo del delitto, sembrerebbe che quella stessa automobile fu portata dal meccanico Antonio Pinna in riparazione presso una carrozzeria al Portuense ma il Pinna sparì subito dopo.

Dubbi su dubbi quindi tra cui il fatto che Pasolini era un atleta, un uomo forte ma fu comunque sopraffatto da un ragazzo esile di 17 anni. Inoltre secondo la testimonianza dei ristoratori che videro per l’ultima volta Pasolini la descrizione del ragazzo che era con lui non corrispondeva a quella di Pelosi. Il poeta era in compagnia di un ragazzo biondino con i capelli lunghi molto corrispondente all’aspetto di Jonny Lo Zingaro.

Tra le altre testimonianze c’è poi quella di un pescatore che viveva in una baracca all’Idroscalo che disse di aver assistito all’omicidio. Secondo il suo racconto Pasolini quella notte fu massacrato da piu persone ma la sua versione non fu nemmeno presa in considerazione. Sulla macchina di Pasolini venne poi ritrovato un plantare di una scarpa che non apparteneva né a Pasolini né a Pelosi ma avrebbe potuto verosimilmente appartenere a Giuseppe Mastini, chiamato Jonny Lo Zingaro claudicante a causa di una vecchia sparatoria con la polizia. Mastini è lo stesso che aveva regalato a Pelosi il famoso anello militare ritrovato sull’auto di Pasolini, che fu la prima cosa che il 17enne cercò disperatamente dopo aver confessato il delitto. Jonny Lo Zingaro era noto per essere un feroce assassino ma gli esami del DNA effettuati su un mozzicone della sua sigaretta non portarono a nulla. A scrivere una contro inchiesta sulla morte di Pasolini fu la scrittrice Oriana Fallaci sull’Europeo il 14 novembre 1976, grazie ad un testimone rimasto anonimo che aveva visto sulla scena del delitto due motociclisti che avrebbero ucciso Pasolini insieme a Pelosi. Nel corso degli anni Pelosi cambierà versione due volte. Nel 2005 sarà lui stesso infatti a ritrattare la sua confessione in una trasmissione televisiva dicendo di non aver ucciso lui Pasolini e che gli assassini avevano un accento siciliano a bordo di un auto targata Catania. Nel 2008 invece in una dichiarazione alla stampa cambiò di nuovo versione: “Vidi una moto che ci seguiva con i Fratelli Borsellino. All’Idroscalo venni afferrato da un tipo con la barba che mi disse di non muovermi altrimenti mi avrebbero massacrato. Presi un pugno in faccia e vidi che tirarono fuori Pasolini dall’auto e lo picchiarono. Non era vero quello che ho detto nel 2005 ossia che gli assassini di Pasolini avevano un accento siciliano, era un mio depistaggio. Quella sera vidi poi una seconda macchina investirlo che era uguale alla sua”

Franco e Giuseppe Borsellino erano militanti dell’MSI. Un poliziotto infiltrato li aveva sentiti vantarsi dell’omicidio ma poi dissero di essersi inventati tutto e secondo un’altra ricostruzione quella sera dovevano incontrare Pasolini perché avevano rubato le bobine del suo film «Saló».

Giuseppe Pelosi è morto nel 2017 per un cancro e con lui molto probabilmente la verità sulla morte di Pasolini.

«Perché ho fatto riaprire le indagini sulla morte di Pasolini»

A far riaprire il caso nel 2010 l’Avv. Stefano Maccioni poi nuovamente archiviato nel 2017. Grazie alla sua istanza i Ris di Roma, analizzarono i 50 reperti custoditi presso il Museo Criminologico del Ministero di Giustizia relativi all’omicidio di Pasolini per i rilievi tecnico scientifici. Il 7 giugno 2013 sono stati consegnati gli esiti biologici. “Da una delle numerose tracce di sangue nella parte anteriore dei jeans è stato rinvenuto un altro profilo genetico maschile allo stato ignoto”, il terzo sulla scena del delitto.

Avvocato perché ha cercato di far riaprire le indagini sull’omicidio di Pasolini?

«Ho iniziato a studiare le carte e i documenti relativi all’omicidio alla fine del 2008 come cold case. A marzo del 2009 dopo aver letto un libro appena uscito Profondo Nero che riportava i risultati delle indagini condotte dal giudice Calia in merito all’omicidio di Enrico Mattei, decisi di richiedere la riapertura delle indagini, visto che giungeva a risultati simili a quanto fino allora raccolto anche da me. La richiesta di riapertura delle indagini veniva assegnata alla dott.ssa Diana DE MARTINO con numero RGNR 2754/09 K, ma soltanto nel marzo del 2010, a seguito di quanto dichiarato dal senatore Marcello DELL’UTRI in merito al presunto ritrovamento di un capitolo scomparso dell’opera “Petrolio” di Pier Paolo PASOLINI, il procedimento veniva effettivamente riaperto e assegnato al dott. Francesco MINISCI. Nel maggio del 2010 venni nominato difensore da parte di uno dei cugini di Pasolini Guido Mazzon ed ho potuto così seguire il corso delle indagini».

Sono emersi elementi nuovi?

«Certamente. Moltissimi. Una importante nuova attività svolta è stata quella di tipo scientifico, da me sollecitata e mai fino allora effettuata, che, partendo dall’analisi dei reperti rinvenuti sul luogo del delitto, si è indirizzata con successo verso l’estrapolazione di profili genetici. Sono stati identificati ben 3 profili che potrebbero essere comparati e portare alla identificazione degli esecutori materiali del delitto».

Lei ritiene che le indagini siano state ostacolate? Da chi?

«Non posso dire con certezza se 45 anni fa le indagini vennero ostacolate. Sicuramente sono emerse delle circostanze che fanno sorgere fondati sospetti che ciò possa essere avvenuto, come peraltro già evidenziato anche allora da Oriana Fallaci nelle sue inchieste. E’ certo che nel corso del Telegiornale delle ore 20 di Rai Uno del 2 novembre 1975 venne letto integralmente l’interrogatorio reso da Giuseppe Pelosi poche ore prima. E’ certo che non vennero raccolte le testimonianze delle persone che abitavano all’Idroscalo di Ostia dove venne ucciso Pasolini. E’ certo che il testimone principale che avrebbe visto Pelosi con Pasolini nella notte tra il primo e due novembre del 1975 sarà legato alla neonascente Banda della Magliana. Ed altro ancora potrei aggiungere».

Dopo 45 anni i reperti di quella tragica notte, potrebbero essere stati inquinati dalle procedure di quel tempo. L’assassino Giuseppe Pelosi è deceduto. Cosa si potrebbe tentare ancora per ricostruire l’omicidio in assenza di prove e testimoni?

«Nel corso dell’ultima riapertura delle indagini sono state raccolte prove che resistono al trascorrere del tempo e mi riferisco ai tre profili genetici. Avevamo chiesto alla Procura della Repubblica di Roma di effettuare varie comparazioni per identificare gli aggressori ma si è ritenuto di non effettuare ulteriori indagini in tal senso decidendo prima di archiviare e poi di non richiedere una nuova riapertura. Sarebbe auspicabile che finalmente fosse istituita una Commissione parlamentare di inchiesta».

Secondo lei perché Pasolini è stato ucciso?

«Come si ricorderà Pasolini scrisse poco prima di essere ucciso un famoso articolo sul Corriere della Sera dove affermava: Io so ma non ho le prove. Ecco io penso che Pasolini sia stato ucciso non solo perché sapeva ma aveva anche le prove di ciò che affermava. In particolare mi riferisco anche alle vicende narrate nel suo ultimo romanzo Petrolio dove affrontava le vicende del delitto di Enrico Mattei attribuendo specificamente specifiche responsabilità a colui che diventerà successivamente il presidente dell’Eni ovvero Eugenio Cefis. Non dimentichiamoci che Pasolini era un personaggio “scomodo” che scriveva sulla prima pagina del Corriere della Sera».

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