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Oliver Stone: «La mia verità su JFK»

Oliver Stone: «La mia verità su JFK»

Il regista americano, con un docufilm di due ore (andrà in onda su Rai Tre) e una serie tv (Sky), smonta punto per punto le tesi sull’omicidio Kennedy. A Panorama rivela che cosa ha scoperto nei documenti desecretati sul caso e dice: «Per me il vero assassino è…».


Per chi ricorda i fatti del lontano 22 novembre 1963, quando il Presidente americano John Fitzgerald Kenney fu assassinato mentre sfilava in corteo a Dallas, o per chi è troppo giovane e ha appreso dell’omicidio solo da adulto, il nome di Lee Harvey Oswald si è impresso nella mente come quello dell’unico colpevole del delitto, tanto che persino Wikipedia lo identifica come colpevole: un comunista con simpatie per il regime di Fidel Castro che, sparando dal sesto piano del deposito di libri in Dealey Plaza, alle spalle dell’auto su cui viaggiavano JFK, sua moglie Jackie e il governatore del Texas John Connally, ha colpito a morte il primo e ferito il secondo, prima di essere arrestato dalla polizia nello stesso edificio e ammazzato dal criminale Jack Ruby, due giorni dopo, durante un trasferimento.

Oliver Stone, il regista a stelle e strisce con il Dna da antiamericano, già autore di durissimi film sul Vietnam (Nato il 4 luglio, Platoon), il mondo della finanza (Wall Street) e la National Security Agency (Snowden), ma anche di controversi documentari su Chávez e Putin, non ha mai creduto alle risultanze delle indagini della commissione governativa Warren che ha puntato il dito contro Oswald, e mise in discussione la verità ufficiale già nel 1991 con il film JFK, in cui Kevin Costner era il procuratore Jim Garrison che indagò sull’omicidio.

Stone torna, trent’anni dopo, a occuparsi del caso con due opere: un documentario di due ore, JFK Revisited – Through the looking glass e una serie tv di quattro puntate, JFK – Destiny Betrayed, che andranno in onda rispettivamente su Rai Tre (la data è da definire) e Sky Documentaries il 22 novembre.

Perché il regista se ne occupa ancora? « Il motivo è che nel 2019 sono stati descretati migliaia di documenti finiti nel rapporto della HSCA, la commissione della Camera chiamata nel 1976 a occuparsi di riesaminare il caso, e già raccolti in parte dall’agenzia istituita nel 1992, proprio a seguito dell’uscita del mio film» racconta a Panorama nella suite di un hotel durante il festival di Cannes, dove il documentario è stato presentato. «Naturalmente questo ha permesso di aggiornare la mia personale indagine sul delitto Kennedy e di avere un quadro più completo della situazione. La verità è che nel rapporto Warren sono state scritte un sacco di menzogne e ai fini di questo documentario è tornato utile anche il fatto che molti testimoni si sono fatti avanti per la prima volta oppure hanno ritrattato le proprie affermazioni dell’epoca».

Il documentario prende le mosse dalla cronaca di quel terribile giorno in cui l’America rimase scioccata dalla notizia che il Presidente più amato e carismatico della storia era stato ucciso. Una volta raccontati i fatti attraverso i resoconti televisivi di Walter Cronkite e altri giornalisti dell’epoca, Stone procede a smontare una a una le tesi della controversa relazione della commissione Warren, in cui oltre al presidente della Corte Suprema Earl Warren c’erano vari politici compreso il futuro Presidente Gerald Ford e l’ex capo della Cia Allen Dulles.

«Ciò che abbiamo provato, analizzando migliaia di documenti precedentemente classificati, è che molte delle prove sulla colpevolezza di Oswald, inclusi l’arma del delitto, le impronte su di essa, la traiettoria, le ferite analizzate nell’autopsia furono falsificate» dice Stone. Un esempio interessante è la storia del proiettile magico: secondo la commissione Oswald sparò solo tre proiettili, ma siccome le tracce di uno vennero trovate sul cemento vicino a dove JFK fu colpito e uno fu considerato il colpo fatale alla sua nuca, il terzo diventò nel rapporto quello in grado di entrare nel collo di Kennedy, uscire dalla gola, ferire al braccio il governatore del Texas che gli sedeva davanti prima di uscire e conficcarsi nella sua gamba: un percorso giudicato inverosimile da vari esperti di balistica.

La questione della pallottola è solo uno dei tanti tasselli messi insieme da Stone attraverso testimonianze o esami di documenti, che mostrano la precisa volontà di insabbiare la verità per costruirne una alternativa: dal fatto che Jack Ruby, l’assassino di Oswald, avesse lavorato come informatore dell’Fbi, al fatto che il fucile rinvenuto sulla scena del delitto non corrispondesse a quello che impugnava il presunto omicida nelle foto divulgate come prove a carico; dalla mancanza di impronte sull’arma alle testimonianze che sostenevano come Oswald si trovasse in una caffetteria al secondo piano dell’edificio da cui si udirono i colpi e non al sesto.

Fino a contraddittorie dichiarazioni sull’autopsia in cui prima si sostenne che la nuca del Presidente fosse spappolata come può accadere solo con un foro d’uscita («sono state raccolte almeno 40 testimonianze sul punto» precisa Stone) e poi si ritrattò dichiarando che tutti i colpi erano arrivati alle sue spalle, negando così la presenza di due cecchini che avrebbe contraddetto la teoria del lupo solitario. Senza contare che il film ricollega con prove e testimonianze lo stesso Oswald, venduto ai media come comunista e castrista, a operazioni di infiltrazione in mezzo a gruppi anti-Castro per conto della Cia.

Complotti, depistaggi che portano a sconvolgimenti politici accadono e sono accaduti anche in altri Paesi, Panorama fa notare a Stone. «Certo» risponde il regista, «il presidente Moise è appena stato assassinato ad Haiti, ma quella è considerata una “repubblica delle banane”. Questo vuol dire che lo sono anche gli Usa. La verità è che il 16 novembre del 1963 fu attuato un illegittimo cambio di potere con un nuovo presidente, Johnson, che modificò totalmente la politica di Kennedy, per esempio in Vietnam dove JFK aveva già pianificato con il generale Marshall il ritiro delle truppe americane e dove invece dopo la sua morte l’intervento Usa fu massiccio, con i risultati che sappiamo. Lo stesso può dirsi del progetto di fermare i test atomici, che Kennedy aveva avanzato con la Russia. La verità è che Kennedy era un pacifista, e la pace è molto costosa. La strategia della tensione e la minaccia di nuove guerre negli Usa ha sempre funzionato, anche in tempi recenti, perché essere ai ferri corti con Cina, Russia, Iran o Cuba o Venezuela permette di aumentare la spesa militare e di far fare un sacco di soldi a molte corporation. Per questo l’America ha sempre bisogno di trovare un nemico: come diceva Donald Sutherland in JFK (interpretava una sorta di eminenza grigia, ndr), il principio su cui si basa la società americana è la preparazione di una guerra».

Ma alla fine chi è il colpevole dell’assassinio di JFK? «Sono sempre stato convinto che dietro l’omicidio ci sia stato un complotto dei servizi segreti e i nuovi documenti desecretati lo dimostrano. In fondo la commissione Warren lasciò fuori dalla propria analisi tutte le prove che andavano a cozzare con la versione prefabbricata della colpevolezza di Oswald e a questo servì l’inserimento tra i sette membri della stessa commissione di Allen Dulles, ex capo della Cia la cui presenza aveva proprio lo scopo di non fare avvicinare troppo gli altri membri alla verità». n

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