Il commissario Maltese sbanca in tv. Intervista esclusiva a Kim Rossi Stuart
Televisione

Il commissario Maltese sbanca in tv. Intervista esclusiva a Kim Rossi Stuart

Un eroe, moderno però. L'attore, tornato in televisione dopo 13 anni, si racconta. Privatamente

Forse avevano ragione Bertolt Brecht e Tina Turner nel direche non abbiamo bisogno di un altro eroe. Quello che è appena arrivato in tv, sbancando l'Auditel, rischia però di sconfessarli. Si chiama Dario Maltese, commissario di polizia nella Sicilia degli anni 70;  ricorda il collega della Piovra, quel Corrado Cattani che arrivò a svuotare strade, bar, cinema quando era in tv (1984-2001) contribuendo non poco, fra polemiche e palpiti, a risvegliare politica e società civile sul tema della mafia.

Per di più, Maltese. Il romanzo del commissario è un prodotto che nulla ha da invidiare alle migliori serie americane: ritmo, modernità, scrittura, forte linguaggio tv, ottima regia, cast di primo ordine e la Palomar come produttore (Il commissario Montalbano, Braccialetti rossi..).

Non bastasse, dopo 13 anni torna in tv Kim Rossi Stuart, l’attore più schivo, antidivo, imprendibile, "impegnato" su piazza. E maledettamente bravo. Per intenderci, quello che ha illuminato con il suo Lucignolo il Pinocchio di Roberto Benigni; che ha infilato film d’autore e pièce lavorando con Alessandro D’Alatri, Luca Ronconi, Wim Wenders , Gianni Amelio...; che ha dato volto al Freddo di Romanzo criminale e a Renato Vallanzasca. E che è pure regista.
Toccati i 47 anni, è quasi in pace con la vita, ha un figlio di 5 anni e una compagna, Ilaria Spada.

Ci voleva un eroe per riportarla in tv: non sta esagerando con l’"impegno"?
Dopo Fantaghirò (miniserie fantasy del ‘91, di enorme successo, ndr), mi proposero una telenovela: ero giovane, mi offrirono tantissimi soldi. Andai sul balcone e diedi fuoco alle sceneggiature. Volevo rendere il mio mestiere un atto di impegno civile e non di svago. Una missione, militanza.  

Non scherza neanche stavolta: per il suo Dario Maltese ha preso a modello Antonino Cassarà, il poliziotto assassinato da Cosa nostra nell’85.
Di solito leggo la sceneggiatura prima di accettare un ruolo. Stavolta mi hanno solo detto che volevano portare sullo schermo un eroe positivo. Ho detto sì al buio. Ci sono voluti due anni per scrivere la sceneggiatura. Intanto io ho girato Tommaso, da regista.

Aveva 16 anni quando hanno ucciso Cassarà e 23 quando ci furono gli omicidi Falcone-Borsellino. Che ricordi ha?
Pochi. Solo la sensazione di sgomento generale.

Era ancora redimibile la Sicilia negli anni 70 del suo Maltese?
Con i "se" si può andare lontano...Diciamo che era un momento in cui gli uomini dello Stato diventavano eroi solitari in forte polemica con lo Stato. Però si sperava ancora. Era la speranza a galvanizzare.

Un poliziotto della sua squadra la definisce "un animale a sangue freddo". Lei com’è?
La necessità di controllare tutto è stato un aspetto molto forte della mia vita.

Adesso non lo è più? Per anni ha avuto fama di "precisino", di cervellotico...
Fare un figlio, innamorarmi è stata per me  un’occupazione vera. Con un bambino si comincia ad imparare ad amare in maniera incondizionata.

Si piace di più adesso?
Caposaldo del mio modo di pensare è non avere rimpianti a meno di aver fatto del male a qualcuno.

In quel caso sarebbero rimorsi...
Neppure. Li combatterei. Io sono il risultato di ciò che ho fatto: errori e scelte. Sono moderatamente soddisfatto della mia vita.

"Moderatamente": espressione da precisino... A proposito: non è che tutto il suo impegno derivi dalla voglia di riscatto anche per suo padre, grande attore, ma etichettato come caratterista?
No, no... è un dilemma psicanalitico questo! Se ho messo sempre anima, corpo e cuore nel mio lavoro cercando un "senso", è perché non mi divertiva fare il principino o l’innamorato.

La sua storia famigliare è però complessa: è cresciuto con suo padre e le sorelle, lontano da sua madre.  
Da adolescente, le turbolenze interiori sono state tante, ma non sono mai caduto in esagerazioni.

Cosa pensa degli adolescenti di oggi?
Non sanno dove investire le loro energie. C’è una disperazione diffusa. Sono molto arrabbiati con una società che non gli dà futuro. E non trovano un "senso", un lavoro che coinvolga anche la passione.

Lei ha collezionato una serie di personaggi dal lato "nero": non è che ne è attratto?
Fra i 20 e i 25 anni ho esplorato un mio lato distruttivo. Ora non più.

Farà bene anche a lei Maltese, uno che ci crede e che non molla?
Maltese ti fa venire voglia di essere parte di un mondo "sano".

Il commissario sembra non aver paura della morte. Lei?
Il suo bello è che ha paura, ma è disposto ad affrontarla. È questo che lo rende un modello, un "eroe". Io invece, ho attraversato alcuni anni nei quali mi assaliva un terribile sgomento all’idea di questo ignoto, imprescindibile. Bisogna  accettare il pensiero lancinante che non vedrai più i tuoi cari e che provocherai loro dolore. Sono però convinto che esista un’altra realtà. Trascendente.

Chiudiamo con un "gioco": il film che l’ha divertita di più?
Questione di cuore con Antonio Albanese. Ci siamo fatti delle risate anche se, da precisino come dice lei, avevo tre giorni di pensamenti per capire come costruire una scena.

Il film che l’ha toccata di più?
Le chiavi di casa: fu un viaggio incredibile, ero il padre di un ragazzo portatore di handicap. Ho dovuto gestire sul set la sua divina follia.

Quello a cui deve di più?
Senza pelle: mi fece accettare dal salotto buono.

Quello che avrebbe voluto fare?
Il  nome della rosa: in realtà fui scritturato però sbagliarono gli agenti e non lo potei girare perché ero impeganto altrove. Ma il mio nome finì nei titoli di coda.

Da ultimo: le piacerebbe diventare con il suo Maltese il Cattani dell’Italia 3.0?
Stiamo parlando di un modello... Le pare che dica di no?

Ufficio Stampa
Maltese. Il romanzo del commissario, regia G. M. Tavarelli - Palomar

I più letti

avatar-icon

Stefania Berbenni