CHEF RUBIO Unti e bisunti 3
Ufficio Stampa DMax
Televisione

Chef Rubio: "Dopo Unti e Bisunti 3, pronto per un format sui viaggi"

Il popolarissimo cuoco dice la sua su unioni civili, Europa e street food

Il salto da personaggio di nicchia a fenomeno mainstream è quasi sempre un triplo salto carpiato. In molti ci provano, tentano parabole ardite ma si schiantano alla prima curva. A pochi invece riesce, senza cedere a compromessi e schivando con destrezza le effimere lusinghe del successo. Tra questi c'è senza dubbio Chef Rubio - Gabriele Rubini il suo vero nome - lo chef ed ex rugbista che è riuscito nell'arco di qualche stagione tivù a crescere senza snaturarsi, coltivando un pubblico ultrasocial che più trasversale non si può. Alla vigilia della terza edizione di Unti e Bisunti - al via da domani sera 8 settembre su DMax, ore 21 e 20, canale 52 del digitale terrestre - racconta a Panorama.it le novità della nuova stagione e i progetti per il futuro.    

Rubio, partiamo tracciando un bilancio della terza edizione di Unti e Bisunti. Com'è stata?

Direi un bel banco di prova. All'inizio ero un po' sfiduciato perché pensavo che le regioni più potenti dal punto gastronomico le avessimo già raccontate, invece ci sono state delle sorprese inaspettate. Il Molise, ad esempio, che ha tirato fuori un'identità propria molto interessante.

In più ci sono per la prima volta delle tappe all'estero, in Francia, Germania e Spagna: come sono andate?

Diciamo che la sfida è stata vinta e ne siamo usciti indenni. Non era facile dialogare in lingua madre e rendere al pubblico a casa: è stata una vittoria personale e del gruppo, che ha trovato alcune difficoltà a livello logistico. Invece è andato tutto bene.

Risposta di getto: c'è spazio e materiale per una quarta edizione di Unti e Bisunti?

Se al pubblico piace sì, se c'è materiale sì. Non faccio una cosa per partito preso, controvoglia o per aumentare il numero. Deciderà il canale e la gente da casa. Io sono assolutamente a disposizione per continuare il racconto.

Hai sdoganato lo street food che ormai è un fenomeno dilagante: non c'è paese che non organizzi una festa incentrata sul tema o un carretto che spunti nei luoghi più inaspettati. Al netto della varietà del cibo di strada che offre il panorama gastronomico italiano, non si è superato il limite?

Da un certo punto di vista sono perplesso. Ma mi affascina anche che molti giovani abbiano puntato su questa declinazione del cibo, magari mettendo su un carrettino e girando le sagre. Quello però è un punto di partenza: se trovo le tigelle, le mangio, mi piacciono e non mi sforzo di capire cosa siano e di approfondire, è un loop senza contenuto e dunque una sconfitta. Gli eventi si sono moltiplicati, è vero, ma se li intendiamo come dei piccoli corsi di formazione per i curiosi e non solo come un modo per far arricchire i soliti noti, vanno bene. Qui c’è in ballo il patrimonio culturale italiano già sotto attacco da più parti.

Spiegati meglio.

Basta pensare all'Unione Europea che vuole stabilire la pezzatura delle vongole dell'Adriatico. Per non parlare dell'imposizione di produrre formaggio senza latte: è indegno oltre che una chiara strategia politico-commerciale. Così non solo toglierà ai piccoli e medi produttori la possibilità di sopravvivere ma antropologicamente si sminuisce l’identità di un popolo. Pare davvero di vivere in 1984 di Orwell dove la cioccolata non sa di cioccolato e s’ingurgitano masse solide indistinte.


Torniamo al Rubio della tivù. In una precedente intervista a Panorama.it avevi svelato che ti sarebbe piaciuto fare un programma sui viaggi. C'è questa possibilità nel tuo futuro prossimo?

Mi piacerebbe scrivere dei format che riguardano proprio il viaggio, che è una delle mie grandi passioni. Mi preme raccontare le cose con un altro punto di vista e spero ci sarà modo di farlo. A breve  vorrei trascorrere qualche mese in Sud America.

Dunque slitta ancora l'apertura di un ristorante tutto tuo.

Ho un contratto con Discovery per qualche anno e sono a loro disposizione, ma non ti nego che una volta esaurita questa fase – non a breve – vorrei rallentare e raccontarmi attraverso la ristorazione. Fino a quel momento la gente mi dovrà inseguire. Per ora mi brucia la terra sotto i piedi, devo raccogliere, fare esperienza e poi divulgare.

Dicevi del tuo contratto con Discovery. Nell'ambiente tv si dice che tu sia parecchio corteggiato.

Ho voluto e dovuto dire no a diverse cose. Ci sono stati parecchi piacevoli colpi da schivare. Ho detto no a due programmi popolari e importanti. I tempi non erano maturi, non sarebbe stato giusto per loro e nemmeno per me: non avrei potuto dare il massimo e non è nella mia natura mancare gli accordi presi.

Un altro aspetto del "fenomeno" Rubio si declina sui social network. Il tuo ultimo bersaglio sono i/le fashion blogger, che prendi in giro parodiando i loro scatti.

(ride) Diciamo che mi diverto, sono una presa in giro delle loro pose finto-naturali. Maddalena Corvaglia o Valentina Vignali hanno colto l'ironia, si sono fatti una risata e hanno ripostato la foto. La Marcuzzi, Belén Rodriguez e la sorella non mi hanno considerato di striscio. Ma va bene così.

Poi passi a post molto più seri come quelli sulla ingiustizie sociali, sulla "questione" rom o su casi molto discussi come quello Aldovrandi.

Sono un ossimoro, sono pieno di contrasti. Ho il mio punto di vista, la mia opinione e mi stanno a cuore certi argomenti. Di fronte a certe ingiustizie sociali non si può rimanere indifferenti: dai disabili che non riescono a salire in metro all’assistenza sessuale negata ai portatori di handicap, ai casi come quello di Federico Aldovrandi ci sono tante questioni da denunciare. Ma non sono Don Chisciotte, porto semplicemente avanti delle battaglie che ritengo giuste, non per popolarità ma perché sento di farlo. 

E la reazione dei tuoi fans qual è?

Le persone che lavorano con me spesso mi consigliano di non espormi, ma io mi infervoro. Molti followers minacciano di non seguirmi più, ma mi fanno solo un favore. Se la gente si informasse un po’ di più capirebbe meglio certe questioni, come quella dei rom - in cui il disagio crea disagio - e che un certo tipo di comunicazione spinge all’odio e al caos senza portare a soluzioni concrete.

Di recente sei stato ospite al Gay Village. Che idea ti sei fatto della unioni civili, in discussione in questi giorni alla Commissione Giustizia del Senato?

Provo schifo per i giudizi sulla sessualità, la trovo una cosa medioevale e ipocrita. I primi che puntano il dito sono quelli che poi la sera vanno a trans e prostitute. Mi hanno chiesto perché sono andato al Gay Village e la risposta è che da etero mi metto a disposizione. Detto questo, per me il matrimonio è un contratto – ipocrita e ridicolo – ma tutti devo poter aver la possibilità di sottoscriverlo. E dico di più, sono favorevole anche alle adozioni per le coppie gay, sono favorevole a tutte le persone che sono in grado di amare i figli, che toglierei a molte coppie etero orrende e anaffettive. Anche su questo argomento c'è un’approssimazione incredibile: sarebbe bello informarsi e provare a capire come stanno davvero le cose invece che limitarsi a credere a certe scemenze colossali.

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Francesco Canino