Cybersecurity e quantum computing
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Cybersecurity e quantum computing

La Rubrica - Cybersecurity week

Qualche giorno addietro insieme ad un gruppo di addetti ai lavori ci domandavano quale sarà l’hype prossimo venturo. Dopo avere divorato la block chain, incenerito nello spazio di un respiro il Metaverso e quasi giunti alla fine della lenta digestione dell’intelligenza artificiale, il “mostro” del mercato delle nuove tecnologie avrà bisogno di un nuovo osso da addentare. Il primo candidato e forse anche l’unico è la computazione quantistica, su questo ci siamo trovati tutti d’accordo, e subito dopo, come si conviene a chi si occupa di sicurezza, abbiamo iniziato a parlare di rischi, e di questi volevo rendervi partecipi. Facciamo qualche premessa, cercando di semplificare anche a costo di qualche imprecisione. La differenza fondamentale tra la computazione tradizionale e quella quantistica è che, se la prima si fonda sul principio “0 o 1”, nella seconda vale “0 e 1”. Questo presenta il fondamentale vantaggio che le operazioni di calcolo possono essere svolte in parallelo, e questo permetterebbe di rendere l’elaborazione decisamente più veloce. Aggiungiamo che ci sono alcune particolarità del mondo quantistico come il cosiddetto entanglement che, tra le altre cose, consentirebbe l’istantanea trasmissione di informazioni. Basterebbe questo per affascinare chiunque. Proviamo a vedere il rovescio della medaglia. Una delle caratteristiche del “mondo quantistico” è l’indeterminatezza, si potrebbe anche dire la “non permanenza”, poiché in questo universo basta osservare per cambiare le cose. Un primo effetto collaterale è che, allo stato attuale, si stima che un processore quantistico sbagli un’operazione ogni mille: viceversa un elaboratore tradizionale può cadere in errore più o meno un’operazione ogni dieci miliardi. Diciamo che dal punto di vista dell’integrità delle informazioni si potrebbe incappare in un discreto numero di topiche. Ci si domandava poi che fine farebbe l’autenticazione, considerando che, con l'avvento dei computer quantistici, gli algoritmi crittografici tradizionali potrebbero diventare vulnerabili. In pratica siamo ancora lontani dal trovare una soluzione affidabile. Qualcuno poi ha spiegato che banalmente allo stato attuale non esistono hard disk quantistici e se ne rallegrava, costatando come tentare di "leggerlo" modificherebbe inevitabilmente il sistema, rendendo difficile garantire l'integrità delle prove. Non vi tedio ulteriormente con tutte le altre considerazioni decisamente tecniche, piuttosto mi auguro che, una volta tanto, non ci si faccia abbagliare dalle opportunità e prima di lanciarsi in nuove e spericolate avventure hi-tech si tenga nel giusto conto la sicurezza. Sperare in fondo costa poco, al momento…

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Alessandro Curioni