Simoncelli
Simone Rosa/Lapresse
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Lucchinelli: 'Il Sic, lo avrei voluto come figlio'

Un anno senza Simoncelli. Il ricordo di chi, come lui, correva al massimo

"Simoncelli, lo ricordo come un amico che non c'è più. Uno con dei valori, che mi sarebbe piaciuto avere come figlio".

E' passato un anno. Marco Lucchinelli non è mai stato, nella sua vita e nella sua carriera in moto, uno abituato ai giri di parole. Ci sono persone che gli piacciono e altre che non sopporta. Piloti che non gli dicono niente e altri che lo fanno saltare sul divano. "Ma come faceva a non piacerti uno come Marco?" continua l'ex-campione del mondo che sui circuiti veniva chiamato "cavallo pazzo" per il suo stile di guida sempre al limite. Intanto il carrozzone del motomondiale è tornato in Malesia, a Sepang, su quello stesso asfalto che ha visto le ultime pieghe di Simoncelli prima dello scontro, fatale, con Rossi e Colin Edwards. E' già passato un anno (era il 23 ottobre 2011) e allora la nostalgia e i ricordi cominciano a riaffiorare...

Lucchinelli, qual'è la prima immagine di SImoncelli che le viene in mente?

"Quella di un pilota che ti dava soddisfazione perchè correva come quelli dei miei tempi, che ti facevano alzare dal divano. Mi dava gusto guardarlo persino quando faceva le interviste perchè era un puro. Putroppo si sente la sua mancanza anche perchè, diciamola tutta, era l'erede designato di Valentino".

L'ultima volta che vi eravate visti?

"Una decina di giorni prima di Sepang siamo stati fuori in moto per uno sponsor comune. Tre giorni in giro per i laghi d'Italia a scherzare sul fatto che in pista era un pilota 'un pò aggressivo', diciamo un 'bel bastardo' per dirla alla Valentino. Era veramente diverso dagli altri".

Perchè tutti, compreso chi non lo conosceva, hanno un ricordo "personale" di Simoncelli?

"Perchè Marco a differenza degli altri, che vivono le corse come dei professionisti portandosi dietro un sacco di paranoie, provava gusto nel correre. Per lui, come si dice, "pioggia o asciutto cambiava poco".L'importante era che ci fossero la pista e una motocicletta, esattamente come deve essere per un pilota normale. Ecco, Simoncelli era un pilota 'normale', con i suoi pregi e i suoi difetti, per quello piaceva a tutti".

Com'è che certi piloti quando ci lasciano diventano delle leggende?

"Perchè la gente vede nel tuo modo di correre la persona che sei. Ci sono piloti che non saranno mai come Marco nemmeno se ci provano cent'anni. Per diventare come lui non basta aver vinto chissà che. Mi viene in mente un mio pilota che non c'è più, Matteo Campana (scomparso a 26 anni in un incidente stradale ndr), che non ha vinto quasi niente ma se vai nei box e chiedi di lui se lo ricordano tutti, esattamente come si ricordano di Marco".

Se tra qualche anno dovesse spiegare a suo figlio "chi era Marco Simoncelli"...

"Gli direi che era un ragazzo che va preso come esempio, ma non solo per come andava in moto ma per i valori che aveva nella vita. Io ho 3 figli e so quanto è difficile insegnare l'educazione. Simoncelli sapeva dare il giusto valore alle corse, al denaro, all'amicizia...".

Però prima di Sepang non tutti i piloti e addetti a i lavori "amavano" SImoncelli..

"Ho visto tante, troppe persone che fino al giorno prima parlavano male di lui e che poi il giorno dopo erano lì in prima fila a fare 'i belli'. Dovrebbero vergognarsi. Onestamente credo di essere l'unico amico che conosceva Marco che non è andato al suo funerale. A sua mamma ho detto che un giorno andrò a trovarli a casa ma che io sono diverso: Simoncelli l'ho sempre difeso anche quando tutti gli davano contro, perchè quello era il modo di correre di uno che aveva le palle".

Vuole dire c'è stata ipocrisia anche tra i piloti?

"Sicuramente tra i giornalisti. I piloti li posso anche capire perchè in fondo Marco era uno scomodo, che non ti regalava niente".

Riguardando oggi le immagini dell'incidente non le viene da dire "se avesse lasciato la moto..."?

"Le immagini le ho riviste di recente in un programma sulla Rai ("Sfide" ndr) e francamente l'incidente non lo ricordavo nemmeno così. Come ha detto sua madre "era scritto che dovesse morire quel giorno". Non si è mai visto nessuno farsi male per una caduta a 45 all'ora. A quella velocità non ti fai male nemmeno in strada. Era destino".

Se ha visto il programma avrà anche visto, e sentito, Valentino parlare del suo amico "Sic"...

"Negli ultimi anni per Rossi si sono sommate diverse cose. Prima di tutto il fatto di aver perso quella specie di magia grazie la quale sembrava non potesse mai perdere: è passato dal vincere 10 gare all'anno al non arrivare mai sul podio. E poi prima l'infortunio del Mugello, quindi la mazzatta finale dell'incidente con Simoncelli. Sono tutte cose che, si vedeva dai suoi occhi, lo hanno segnato e lo hanno fatto crescere. E' chiaro che poi non puoi e non devi per questo smettere di correre. L'unica cosa è tenerti il ricordo nel cuore e pensare che a te non possa succedere".

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Teobaldo Semoli