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Ciocci, l'ex pupillo del Trap che ha insegnato in Giappone

Trent'anni fa l'esordio in Serie A per il ragazzino della Primavera che nel tempo libero consegnava i pacchi per la società

Per i tifosi nerazzurri degli Ottanta il suo nome evoca freschezza e speranze. Massimo Ciocci nella seconda metà del decennio rappresenta l'orgoglioso talento di casa da custodire e coccolare in attesa dell'esplosione.

Fisico mingherlino, 172 centimetri per una sessantina di chili, è dotato di uno scatto bruciante, movenze rapide e di un ottimo controllo in velocità del pallone. Una promettente alternativa alle torri Altobelli e Rummenigge, con Garlini in panchina. In società temono i richiami della gioventù alla bella vita e, per tenerlo lontano dai pericoli, gli affidano le consegne di pacchi e plichi per Milano. Senza motorino, però, troppo pericoloso. Qualcuno, non a caso, lo rinomina il "pony express del gol".

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Massimo Ciocci negli anni '80 (Inter Photo Archive)

PUPILLO DI MARIO CORSO - Solo una settimana di differenza divide Ciocci da Beppe Signori, attaccante che anche lui cresce nelle giovanili dell'Inter, ma su cui i tecnici nerazzurri non riposero fiducia. Massimo, invece, si fa largo nel vivaio della Primavera allenata da una leggenda come Mario Corso.

"Mariolino mi voleva bene, ci faceva lavorare moltissimo sulla tecnica, del resto lui ne aveva ancora tantissima e ci impressionava tutti negli allenamenti. Eravamo un bel gruppo con i vari Pizzi, Rivolta, Minaudo, Mandelli... tutti piccolini, ma rapidi e, appunto, tecnicamente preparati. Con lui abbiamo vinto il Viareggio".

Ed è proprio l'ex ala sinistra di Helenio Herrera, famoso per le punizioni a foglia morta, a promuoverlo in prima squadra, quando nell'85 subentra a Ilario Castagner. Nel ritorno dei quarti di finale di Coppa Italia contro la Roma, Corso deve fare a meno dei sei nazionali già in Messico per il Mondiale e per rimontare il 2-0 incassato all'Olimpico schiera una formazione "green" con Monti (19 anni), Minaudo (19), Cucchi (20) e Pellegrini (20).

Ad un quarto d'ora dalla fine, sul punteggio di 2-1 per i nerazzurri - quando servirebbero ancora due reti per la qualificazione - il tecnico fa esordire Ciocci mandandolo in campo al posto di Fanna. È questa l'ultima partita per Mariolino, in tribuna il presidente Ernesto Pellegrini siede accanto a Giovanni Trapattoni, prossimo all'investitura.

SOTTO L'ALA DEL TRAP - Nel nuovo allenatore Ciocci trova un secondo padre, Massimo è da tempo lontano dalla famiglia, a soli 14 anni si era trasferito a Milano da Corridonia, paese di quindicimila abitanti in provincia di Macerata che deve il suo nome al suo concittadino Filippo Corridoni, uno dei padri del sindacalismo rivoluzionario.

"Il Trap veniva spesso in camera a parlarci il giorno prima delle partita, spiegandoci con calma cosa avevamo sbagliato in settimana e cosa ci avrebbe aspettato il giorno dopo. Verso noi più giovani esercitava anche una sorta di controllo paterno. Era un grande passionale, in tutti i momenti. Da lui ho imparato quanto grande può essere l'amore per questo sport". Ed è nella partita più importante della stagione che l'allenatore di Cusano Milanino fa esordire Ciocci: 22 marzo 1987, quando l'Inter ospita un Napoli lanciatissimo verso la conquista del suo primo scudetto. La squadra di Ottavio Bianchi, a otto giornate dal termine, guida la classifica con 5 punti di vantaggio sulla Roma di Eriksson e 6 sulla Juventus di Marchesi, sul Milan di Liedholm (che dopo due giornate sarà sostituito dal debuttante Capello) e, appunto, sull'Inter. Punti pesanti, poiché la vittoria vale solo 2 punti. A San Siro va in scena una partita dalle grandi emozioni, con un Walter Zenga in formato Uomo Ragno che respinge tutti gli assalti di Maradona e Giordano. L'Inter, priva di Rummenigge e Passarella, prova ad offendere con la coppia formata da Altobelli e Garlini, poi a 18 minuti dal termine il Trap sostituisce quest'ultimo proprio con Ciocci. Passano pochi minuti e Bergomi realizza il gol della vittoria, riaprendo il campionato. "Se ho scambiato la maglia con Diego? No, mi sono tenuta stretta la mia".

LA PRIMA RETE - Il primo gol Massimo lo realizza un mese più tardi a San Siro contro la Fiorentina che in panchina ha un giovane Baggio. Anche Ciocci parte come numero 16, ma entra presto in campo per sostituire Tardelli, malamente caduto e infortunatosi alla mano. La partita ingrana dopo la seconda sostituzione quando, al posto di uno spento Matteoli, fa il suo ingresso Cucchi, lo sfortunato calciatore scomparso a soli 31 anni per un melanoma.

"Con Enrico vivevamo insieme al "Pensionato Inter" in zona Navigli. Oltre ad essere stato un ottimo giocatore era un ragazzo d'oro. A differenza di quasi tutti noi, studiava sempre. Quando andavamo agli allenamenti, in autobus o metro, era sempre sui libri". L'assist glielo fornisce Passarella, Ciocci la stoppa di petto e conclude di sinistro, il suo piede, fulminando Landucci, l'attuale vice di Allegri sulla panchina della Juventus. Si guadagna il soprannome di "piccolo Buitre", per la somiglianza con Emilio Butragueno, nella rapidità e opportunismo, anche se Zenga preferisce paragonarlo invece ad un cestista: "Sono un grande tifoso di Milano nel basket e Ciocci oggi è stato il nostro Riccardo Pittis". 

A FARSI LE OSSA DA LIPPI - L'anno successivo si aprono spiragli nell'organico, lasciano Milano Rummenigge e Garlini, e Ciocci sale a prima riserva dietro Spillo e Aldo Serena, rientrato all'Inter dopo tre anni a Torino (uno in granata, due in bianconero). Nel girone di ritorno, nella sfida casalinga contro la Roma è il protagonista di giornata con un rigore procurato e due gol realizzati, guadagnandosi anche i complimenti di Zibì Boniek. A fine gara conquista anche simpatie per l'onestà con cui confessa di essersi tuffato sull'azione del penalty.

A fine stagione la scelta dell'Inter è di mandarlo in provincia a farsi le ossa: Padova, Ancona e Cesena. "In principio, ci rimasi male, ma era giusto così, dovevo farmi le mie esperienze, calpestare campi difficili, dove si lottava con il sangue per conquistare una rimessa laterale". In Romagna trova il 42enne Marcello Lippi, alla sua prima panchina di Serie A, dopo alcune esperienze toscane in C: Pontedera, Siena, Pistoiese, Carrarese. "Mi impressionò subito, Lippi preparava la partita con grande sagacia, ci diceva puntualmente quello che sarebbe successo. Lavoravamo molto sulle ripartenze, io facevo coppia con il brasiliano Amarildo, lui, alto, forte di testa, io, rapido ad attaccare gli spazi. Segnai 15 reti e per me fu un'ottima stagione, purtroppo non per la squadra che retrocesse in Serie B. Dopo una buona partenza - alla settima giornate eravamo settimi - la situazione precipitò e Lippi fu esonerato". 

NELLA GABBIA DI ORRICO - Ciocci rientra all'Inter con grandi speranze, il Trap è andato via, sostituito da Corrado Orrico, la risposta nerazzurra alla nouvelle vague zonista lanciata da Sacchi e Maifredi.

"Tornai all'Inter nel momento sbagliato, peccato perché ero nel mio periodo migliore. Speravo di giocare di più, davanti avevo Klinsmann e Fontolan, ma i problemi furono soprattutto dietro, con la difficoltà della squadra, abituata a giocare a uomo, a modificare il suo sistema di gioco. La gabbia? A me piaceva, era un ottimo esercizio per migliorare i riflessi". Archiviato Orrico, l'Inter sceglie di ripartire con Bagnoli e rivoluziona la linea d'attacco con l'arrivo di Ruben Sosa, Darko Pancev e Totò Schillaci. Ciocci viene sacrificato e ceduto alla Spal. Riprende così a girare l'Italia e quando sembra rientrare nel giro giusto, con lui si accanisce la sfortuna. "Avevo già firmato per il Napoli e avevamo fatto anche la presentazione. Nell'ultimo allenamento con il Genoa però mi ruppi il crociato e così la squadra partenopea preferì non procedere all'acquisto". Gli ultimi anni di attività per il piccolo Buitre sono segnati da una serie di infortuni che ne minano il rendimento.

EDUCATORE GIRAMONDO - Terminata la carriera da giocatore Ciocci ha iniziato a lavorare con le strutture giovanili dell'Inter all'estero.

È da poco rientrato in Italia dopo aver trascorso 3 anni a Tokyo come responsabile della Inter Academy Japan. "Un posto molto bello, sono stato benissimo. Il Giappone ti insegna rigore, disciplina, rispetto verso le altre persone. Ero alla guida di una struttura che insegnava calcio ai ragazzi dai 6 ai 12 anni, formavamo anche i coach locali, con le nostre metodologie di allenamento. Tecnicamente in Giappone sono molto preparati, occorre però lavorare sulla personalità, fare emergere il carattere del singolo. Nei tre anni di lavoro ho visto però grandi progressi anche su questo aspetto. Lasciare Tokyo è stato doloroso, ma volevo restare vicino alla famiglia e sono rientrato in Italia".

In precedenza Ciocci aveva condotto anche stage per l'Inter negli Emirati Arabi, in India e in Cina. "A Shanghai c'era una grande voglia di emergere, c'è un movimento in grande espansione, molto interessante da seguire".

Prima di partire per l'estero Ciocci ha superato anche una fase oscura della vita per un tumore all'intestino, fortunatamente superato. "E' stato un periodo difficile, ma anche molto istruttivo, mi ha insegnato a rimettere in ordine le priorità della vita. Ex compagni vicini in quel momento? No, ma non per colpa loro, mi ero isolato e non lo sapeva nessuno. Non volevo compatimento. Quando poi si è saputo, ho ricevuto diverse telefonate".

L'anno prossimo Ciocci compirà 50 anni e ha una gran voglia di festeggiarli in tuta, con un pallone tra i piedi e circondato da ragazzi a cui insegnare il gol e i valori della vita.

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Filippo Nassetti