Calciatori sotto tiro: l'Aic denuncia 52 azioni intimidatorie
FILIPPO MONTEFORTE/AFP
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Calciatori sotto tiro: l'Aic denuncia 52 azioni intimidatorie

Nel report 2014-15 i numeri di un fenomeno tutt'altro che marginale. Il grido d'allarme di Tommasi: "Due schiaffi non devono essere la normalità"

"Si deve eliminare il senso di normalità intorno a eventi di aggressione e minacce ai giocatori. In Italia si pensa che se qualcuno retrocede, due schiaffi se li merita". Damiano Tommasi, presidente dell'Assocalciatori, ne è convinto: per riportare la serenità sui campi della Penisola, è necessario rivedere, meglio, stravolgere l'approccio dei tifosi nei confronti dei loro beniamini in calzoncini corti. E' questo il messaggio che ha accompagnato la presentazione del secondo report "Calciatori sotto tiro", una sintesi tutt'altro che completa degli episodi di violenza o intimidazione dei quali sono stati vittime i giocatori del calcio italiano. Dalla Serie A al pallone di provincia: l'allarme è comune e merita di non passare sotto traccia. "Alcuni passi avanti sono stati fatti", ha detto Tommasi, confermando tuttavia che la strada per cambiare l'inerzia di un rapporto che negli anni è diventato sempre più scivoloso è ancora molto lunga. 

I numeri del fenomeno e le ragioni del sommerso

Nel corso del campionato di calcio 2014/2015, l'Aic ha censito "52 azioni intimidatorie" ai danni di squadre e giocatori, dalla Terza categoria alla Serie A. Nella maggior parte dei casi, ogni situazione è stata l’occasione per mettere in atto, soprattutto da parte delle tifoserie non avversarie (71% dei casi), una o più "azioni minacciose ed intimidatorie". Ma è logico supporre che i numeri reali siano molto distanti da quelli elencati nel rapporto. La ragione è presto detta: sono infatti numerosi i calciatori che su consiglio delle società o dei loro procuratori decidono di non denunciare i responsabili per evitare conseguenze sul piano personale e sportivo.

Calciatori sotto tiro: ecco come

Le auto, prima di tutto. Nel 19% dei casi segnalati, i calciatori hanno subìto danni alle loro auto, prese di mira dal lancio di oggetti fuori e dentro gli stadi. Nel 17% dei casi si è trattato invece di insulti rivolti direttamente ai giocatori in modo ravvicinato, cui sono seguiti aggressioni fisiche (schiaffi, pugni, calci, spintoni, bastonate, minacce con coltelli) e l’intonazione di cori offensivi e razzisti durante le partite (13% dei casi). E poi, l'invito che spesso sa di obbligo di presentarsi sotto la curva al termine delle gare, per togliersi le maglie e chinare la testa in segno di resa. E' successo anche ai giocatori di Roma e Atalanta.

Al Sud peggio che al Nord

I calciatori maggiormente sotto tiro sono quelli che giocano nei campionati professionistici (il 70% dei casi) e, tra questi, soprattutto quelli di Lega Pro (il 35% di casi), seguiti dai colleghi della Serie A (31%). Una sola situazione è stata rilevata in Serie B, sul campo del Varese, ma grave al punto di impedire la partita con l'Avellino. Il fenomeno delle intimidazioni e delle minacce nei confronti dei calciatori è diffuso a livello nazionale: ne sono interessate 12 regioni su 20. Tuttavia, è ancora nel Centro-Sud che i giocatori rischiano di più. La Campania (26% dei casi) è la regione più "calda". Seguono la Calabria (13%) e il quartetto Lazio-Lombardi-Umbria-Piemonte (9%).

La criminalità organizzata, il nuovo spettro

"La forte selezione all’ingresso, la condivisione di una serie di regole in cui la violenza costituisce il pilastro fondamentale, l’omertà trasversale al mondo del tifo, non limitata ai soli compagni di curva, e il ricorso a elementi simbolici, come i tatuaggi, che denotano l’appartenenza al gruppo". Per Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale dell'associazione antimafia "Avviso Pubblico" e responsabile dell’Osservatorio Aic, il tifo sta sviluppando l'atteggiamento tipico dell'organizzazione mafiosa.

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Dario Pelizzari