Perché la polizia americana non può spiare nei cellulari (senza un mandato)
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Tecnologia

Perché la polizia americana non può spiare nei cellulari (senza un mandato)

Gli smartphone (ma anche i tablet e tutti gli altri dispositivi digitali) contengono troppi elementi della vita privata per poter essere esaminati senza un’opportuna richiesta

In un telefono cellulare c’è tutta la nostra vita. E qualsiasi tentativo delle autorità di frugare fra i suoi contenuti equivale a tutti gli effetti a una perquisizione. La Corte Suprema americana si è pronunciata in modo unanime su uno dei temi più controversi del diritto digitale: la ricerca di eventuali prove di reato da parte delle forze dell’ordine all’interno di smartphone e altri dispositivi elettronici.

Intervenendo nella causa promossa da David Leon Riley, un cittadino americano fermato dalla polizia dello Stato della California per una violazione del codice della strada e successivamente arrestato per via di una serie di informazioni trafugate dal suo cellulare, la giustizia americana ha stabilito che la polizia non può accedere ai dati personali di una persona - benché in stato di fermo o di arresto - senza l'autorizzazione di un magistrato

"Con tutto ciò che contengono e tutto quello che possono rivelare”, ha spiegato nella sentenza il giudice John G. Roberts Jr., “i cellulari sono titolari della vita privata di molti americani. Il fatto che la tecnologia ora permette a un individuo di portare tali informazioni in mano non la rende meno degna di tutela. La nostra risposta alla domanda su quello che la polizia deve fare prima di cercare un telefono cellulare da sequestrare in seguito a un arresto è quindi semplice: ottenere un mandato".

Gli smartphone, dunque, ma anche i tablet e tutti gli altri dispositivi della nostra era digitale non possono essere considerati al pari di portafogli, borse e altri effetti personali utili per un’indagine immediata. La sentenza della corte suprema a stelle e strisce sancisce infatti l’enorme valore in termini di privacy contenuto all’interno dei supporti tecnologici. Per cercare informazioni personali su un telefonino di terzi, dunque, sarà necessario d’ora in avanti avere un mandato che chiarisca le ragioni dell’indagine, proprio come succede per una qualsiasi perquisizione all’interno di case, uffici e altri luoghi privati.

Per la giustizia americana, infatti, gli smartphone e tutti vari device digitali sono oggetti capaci di radunare al loro interno non solo informazioni di carattere testuale, ma anche coordinate geografiche, fotografie, registrazioni vocali e altre informazioni sensibili. La loro trafugazione equivale insomma alla ricerca di diari, album fotografici e registrazioni all'interno di un appartamento.

Si tratta di una decisione che ovviamente avrà alcune ripercussioni sulla capacità della legge nel combattere il crimine, ha commentato ancora il giudice Robert, che ha assicurato che la polizia potrà comunque esaminare gli aspetti fisici del terminali (per assicurarsi che non contengano al loro interno armi o strumenti in grado di consentire la fuga di un arrestato), spegnere il dispositivo o rimuoverne la batteria per evitare che i dati vengano cancellati da remoto.

 

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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