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Gli show e gli affari di Mr. Fedez

Con la sua presa di posizione a favore della legge Zan ha già conquistato i cuori (e i voti) della sinistra. Ma il suo portafoglio è stabilmente a destra. Tanto da avere schermato i propri business dietro a una fiduciaria.


Orologione d’oro bianco, Lamborghini Huracàn grigio opaco, attico meneghino e fiduciaria a schermare il rigoglioso business. Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, ha sempre amato l’iperbole. Ma l’album Comunisti col Rolex, scritto nel 2017 assieme al collega rapper J-Ax, sembra oggi un’ingiusta diminutio. Segnatempo che costano come un monolocale a Buccinasco, ruspante hinterland dove il versatile artista è cresciuto. Casa a due piani, appena acquistata, nel più esclusivo quartiere milanese. Fuoriserie con cui ha già improvvisato un safari urbano, per donare mille euro a cinque, selezionati, indigenti. E poi la holding di famiglia, in mano a una fiduciaria: quella usata pure dai Riva, gli ex padroni dell’Ilva di Taranto, per evitare la ribalta. Autori di «crimini contro l’umanità» attaccava Beppe Grillo, fondatore del Movimento nel cuore dell’artista.

Compagno Fedez. Ecco il nuovo idolo degli agonizzanti giallorossi. Dopo l’arrembante intemerata al concertone del primo maggio, il rapper è diventato la più dirompente novità della sinistra: insulta i leghisti, insolentisce il Vaticano, denigra il Parlamento, sventola il vessillo della legge Zan sull’omofobia, vende smalti agli uomini. Dai tempi di Berlinguer non si vedeva tanto coraggio.

L’agibilità politica gli è stata, inavvertitamente, fornita dai potenziali contendenti. Enrico Letta, segretario del Pd, ascoltata la concione, twitta: «Condivido in pieno le parole di Fedez». Urgenza manifestata, con speculare cinguettio, anche dall’ex premier Giuseppe Conte, in eterno predicato di guidare i Cinque stelle: «Io sto con Fedez. Nessuna censura». Swg, storico istituto di sondaggi, coglie l’attimo: quanto vale il partito di Fedez? Il risultato è sbalorditivo. Il 17 per cento degli intervistati lo vorrebbe in politica. Entusiasti i teenager della generazione z: 27 per cento di osanna. Seguono a ruota i millennial, insomma gli under trenta: 24 per cento di favorevoli.

Torniamo, dunque, al momento solenne: l’ultima festa del lavoro. Occasione perfetta per parlare dell’odierno dramma occupazionale? Macché. Il cantastorie milionario non s’è curato di esodati e partite Iva. Non ha alzato la voce contro le multinazionali che pagano tasse irrisorie in Italia: come Amazon, di cui è incidentalmente testimonial. S’è mostrato invece disposto a tutto pur di salvare il mondo dalla supposta omofobia del partito di Salvini. Certo, pure in questo caso, s’affacciano incongruenze. Il rapper ci aveva deliziato in passato con eleganti rime su Tiziano Ferro, omosessuale dichiarato: «Ora so che ha mangiato più würstel che crauti. Si era presentato in modo strano con Cristicchi: “Ciao sono Tiziano, non è che me lo ficchi?”». Errori di gioventù, si giustifica.

Era solo un tamarro di Buccinasco. Che poteva saperne di omotransfobia? Adesso invece è sposato con una delle influencer più ricche e famose del pianeta: Chiara Ferragni. Dal reciproco amore sono nati Leone e Vittoria. Le loro sfavillanti vite sono online da mane a sera. Insieme fanno 36 milioni di follower: oltre 12 milioni lui, quasi il doppio lei.

Sono i Ferragnez. Il neologismo, già entrato nella Treccani, rivela implicitamente l’imperante matriarcato casalingo. Detto volgarmente, da chiunque li frequenti o li abbia incrociati: comanda lei. Di brutto, si potrebbe aggiungere mutuando il linguaggio del marito.

Gli show e gli affari di Mr. Fedez

Insomma: dietro le sterminate velleità di Federico, fresca icona del populismo grillino, c’è Chiara, nuovo volto di Bulgari. E tutto si tiene, al fine di accrescere fama, soldi e potere. Impensabile, poi, che una celebrità planetaria come lei s’accontenti di un uomo di spettacolo. Ci vuole ben altro: un consorte che duelli con Salvini e indirizzi il popolo. Così, livido in volto, abbiamo assistito al rimbrotto belluino rivolto a quei felloni dei dirigenti di Rai3, noto covo sovranista, che osano tentar di censurare il suo anelito di libertà. Video prontamente girato ai follower, come sempre. «Avere il coraggio di andare contro tutti per dire cosa si pensa non è cosa da poco. Sono super fiera» commenta quindi Chiara. A perfetto corollario delle sue aspettative, da aforisma di Oscar Wilde: l’importante è che se ne parli.

I Ferragnez condividono pure un sensazionale fiuto per gli affari. Alla famiglia del cantante, conduttore e testimonial sono riconducibili cinque società: Zedef, Autoscontri, Zdf, Doom Entertainment e N-App. Le prime quattro sono guidate da Annamaria Berrinzaghi, detta Tatiana: nata 56 anni fa a Genova, madre onnipresente. Nell’ultima srl della lista, invece, amministratore unico è Franco Lucia, padre dell’artista. Fino al 2017, i tre, direttamente o meno, detenevano tutte le quote delle aziende. Ma poi, dopo la rottura artistica e societaria con J-Ax, i Lucia hanno riorganizzato gli affari. A partire dalla capogruppo: Zedef, palindromo del nome d’arte del talentuoso figliolo, che gestisce diritti e business musicali.

Tutte le quote della società, il 7 luglio 2017, sono state trasferite a una spa con sede a Milano, in Foro Bonaparte: Carini fiduciaria. La stessa usata dagli ex padroni dell’acciaieria tarantina, accusata dai pentastellati per anni di aver causato morte e disperazione. La fiduciaria, infatti, possedeva il 25 per cento della holding Riva Fire: storica cassaforte di famiglia, in liquidazione dal 2015, finita nell’inchiesta della procura di Taranto per disastro ambientale.

Gli show e gli affari di Mr. Fedez

Dalle visure camerali, non è però difficile risalire alla proprietà di Zedef: perfino la sede legale resta a Rozzano, in via Monte Pollino, dove mantengono la residenza virgulto, padre e madre. Che è pure l’amministratrice unica dell’azienda. Qualunque sia il motivo che abbia spinto i Lucia a cedere formalmente le quote, l’ultimo bilancio approvato registra ricavi in crescita, a poco meno di 3,8 milioni. Nell’ottica della diversificazione, Zedef controlla Autoscontri, che noleggia «veicoli di rappresentanza per business meeting e occasioni speciali».

Zedef possiede pure il 60 per cento di N-App, azienda che l’affianca nell’attività gestionale. Le altre quote sono in mano a Lucia senior, che è anche amministratore unico. Ma la palindromica società, sempre tramite Carini fiduciaria, detiene Zdf, vero termometro del giro d’affari che ruota attorno a Fedez. Negli ultimi bilanci pubblicati, i ricavi sono quasi raddoppiati: da poco più 4 milioni a oltre 7 milioni nel 2019.

Zdf, a sua volta, ha il 49 per cento di Doom entertainment, fondata l’anno scorso. Il resto delle azioni è di Be, gruppo digitale quotato in borsa nel segmento Star. Doom è l’acronimo di Dream of ordinary madness, ovvero Sogno di ordinaria follia. Core business: scovare, lanciare e gestire «performer, influencer e youtuber». Insomma, nuove Ferragni e novelli Fedez. Il primo bilancio è stato appena chiuso, con reciproca soddisfazione: 7 milioni di ricavi.

Sono lontanissimi, insomma, i tempi in cui la famiglia Lucia si accontentava di gestire un bar. Dell’attività commerciale si trova lontana traccia anche negli archivi camerali. Il 17 ottobre 2012, due giorni dopo il suo ventitreeesimo compleanno, viene creata l’omonima impresa individuale, intitolata all’allora «piccolo imprenditore» Lucia Federico Leonardo. Attività: vendita di tabacco e ricevitoria del lotto. A fine mese, però, l’attività viene ceduta. E il 29 novembre 2012 la società viene chiusa.

«I miei genitori ebbero questa geniale idea di prendere un bar» ha raccontato il rapper, un anno fa, al Maurizio Costanzo show. «Lo abbiamo poi venduto a persone che non ci hanno pagato. Ci sequestrarono la licenza del bar e quindi iniziò tutto ad andare parecchio male». Ma dopo «le discese ardite», come cantava Lucio Battisti, uno dei cantautori più amati da Fedez, spesso ci sono «le risalite». La carriera musicale, anche causa Covid, sembra ristagnare. In compenso c’è la tv: ultima apparizione, ancora in coppia con Mara Maionchi, già collega giudice a
X Factor, è stata su Amazon prime, per condurre Lol. È Instagram, però, la gallina dalle uova d’oro. Nella classifica di Hopper HQ, sito che analizza i social media, Fedez è all’ottantaquattresimo posto tra le celebrità su Instagram meglio pagate del mondo: 31 mila dollari a post. La metà della moglie, colei che ne ha favorito l’ascesa sui social.

Ora, sul suo profilo, campeggia uno smalto da uomo, promosso con impareggiabile tenacia: NooN by Fedez. Lo produce Layla cosmetics, azienda milanese da oltre 8 milioni di fatturato. Federico è un testimonial coi fiocchi: ha sostituto la bio di Instagram con un link all’e-commerce dello smalto, in bellissima vista. Nelle sue stories continua a sfoggiare mani cangianti. E non perde occasione per magnificare il ddl Zan, bandiera dei gay, potenziali consumatori del prodotto. Un caso da manuale dell’influencer. Magari da studiare alla Harvard business school, dove la consorte è stata invitata per una lectio magistralis.

I successi imprenditoriali di Chiara Ferragni hanno appena raggiunto l’apice. L’hanno scelta come global ambassador di Bulgari. E Diego Della Valle l’ha chiamata nel cda di Tod’s. Il 9 aprile 2021, giorno dell’annuncio, le azioni della società di moda sono salite del 14 per cento: un guadagno borsistico di 133 milioni.

L’influencer, 34 anni, parte nel 2009, ai tempi dell’università, con un blog, The Blonde Salad, aperto insieme all’allora fidanzato, Riccardo Pozzoli, che poi lascerà la società guadagnandosi l’eterno disappunto della vecchia fiamma. Un po’ come accaduto al consorte: prima con J-Ax e poi con Fabio Rovazzi, di cui curava immagine e affari. Di Tbs crew, che gestisce anche il sito, Ferragni ha il 55 per cento. La società registra 6,4 milioni di ricavi e utili per 450 mila euro. Ancora più brillanti i risultati di Sisterhood, di cui ha una piccola quota la sorella Valentina. L’azienda si occupa di campagne pubblicitarie: ha archiviato il 2019 con 11,3 milioni di ricavi, oltre il doppio dell’anno precedente, e un utile di quasi 5 milioni.

Soffre, invece, Fenice srl. Gestisce il marchio d’abbigliamento Chiara Ferragni collection. Nel 2019 ha avuto un fatturato di poco più di un milione e una perdita che supera i 500 mila euro. L’infuencer cremonese ha però annunciato nuove strategie, destinate a moltiplicare il giro d’affari. Il rilancio, al momento, sembra passare dalla linea New born, che campeggia sul sito: abbigliamento per neonate, tutto bianco e rosa, chiaramente ispirato a Vittoria, la secondogenita appena nata. Talmente caro da aver scatenato le ire di fedeli follower. Esempio: tutina in maglia di cachemire e lana, 295 euro. Eppure il compagno Fedez, nel documentario dedicato alla moglie Unposted, assicurava: «Non abbiamo mai usato nostro figlio ai fini commerciali».

Le avventure dei baby Ferragnez sono comunque diventate centrali nei profili Instagram dei genitori. Che, da vere star globali, si impegnano anche in plateali e meritori gesti filantropici, come la raccolta fondi per costruire un reparto di terapia intensiva al San Raffaele. E in appena due mesi, da marzo a maggio 2020, mettono insieme quasi 17 milioni.

A sinistra, tutti li vogliono. Tutti li ossequiano. Lo scorso dicembre Beppe Sala, sindaco di Milano, gli consegna l’Ambrogino d’oro, massima onorificenza cittadina. E il premier Conte, nell’autunno 2020, chiede alla coppia di sensibilizzare i ragazzi sull’uso della mascherina. Del resto Fedez non ha mai nascosto la sua ammirazione per i Cinque stelle. Nel 2014 scrive perfino l’inno dei grillini, sebbene adesso non suoni certo profetico: «Dalla marcia su Roma fino al marcio su Roma. È solo un Movimento che va avanti all’infinito…». I Ferragnez sono i Kardashian italiani. Anzi, meglio. Perché loro filano d’amore e d’accordo. Al contrario, Kim ha appena lasciato il rapper Kanye West: un altro dalla robusta autostima, che si reputa «incontestabilmente e indubbiamente l’artista più grande di tutti i tempi».

Le analogie col collega italiano sono comunque svariate: mogli influencer planetarie, mamme manager e velleità politiche. Kanye s’è candidato senza fortuna alle presidenziali Usa: solo lo 0,8 per cento di consensi. I suoi sfidanti, però, erano Joe Biden e Donald Trump. Invece, la corsa di Federico Leonardo Lucia alla leadership della sinistra sembra in discesa. Davanti a lui, Giuseppi ed Enrichetto arrancano. Mal che vada, sarà un successo.

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