Balliamo sul mondo: stop alla violenza contro le donne
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Balliamo sul mondo: stop alla violenza contro le donne

Oggi One Billion Ricing, il flash mob mondiale per dire no ai soprusi contro le donne

Hanno ballato, stanno ballando e balleranno fino a sera, in tutto il mondo, contro la violenza. È One Billion Rising, l'iniziativa planetaria ideata dalla drammaturga americana, autrice dei “Monologhi della vagina”, Eve Ensler, che punta a portare in piazza un miliardo di donna per dire “basta abusi” e sollevarsi sopra di essi a passo di danza. Perché "un miliardo di donne violentate - recita lo slogan - è un'atrocità. Un miliardo di donne che ballano una rivoluzione".

Nel cortometraggio di tre minuti realizzato per promuovere il mega flash mob di oggi sulle note di Break the chain, la regista Eve Ensler mostra le tante facce della violenza: da quella sessuale, alle avances sul lavoro, dalle mutilazioni genitali, ai volti sfregiati con l'acido, alla schiavitù.

Ad aderire, però, sono anche tanti uomini. Segno che non tutti loro sono uguali e che la maggioranza condanna chi maltratta le donne fino ad ucciderle.

Ogni abuso è sempre una scelta, non si tratta mai di patologia”.

A sgomberare il campo da ogni tipo di giustificazionismo è Luigia Barone, 38 anni, calabrese, avvocato e da 9 anni operatrice dell'associazione Differenza Donna, una delle tante che in Italia gestisce i centri anti-violenza sul territorio.

Nel suo caso, la scelta di dedicare tempo e professionalità a chi ha bisogno di aiuto è maturata già ai tempi del liceo quando scoprì la storia di Franca Viola, la prima donna in Italia a rifiutare il matrimonio riparatore dopo aver subito violenza sessuale.

Da questa vicenda – spiega Luigia - capii come anche da un piccolo paesino della Sicilia si potessero iniziare a cambiare le cose”.

E dopo 9 anni a contatto con donne abusate, ne sei ancora convinta?
Cambiare è difficile, soprattutto se non si parte dal presupposto che a cambiare deve esser l'approccio culturale nei confronti della violenza. Fino a quando si penserà al cambiamento solo a livello legislativo non si faranno grandi passi avanti.

Quanto è difficile per una donna chiedere aiuto?
La richiesta di aiuto arriva dopo un percorso non semplice, ma ci si arriva prima in quei territori dove la rete tra associazioni che gestiscono i centri anti-violenza, forze dell'ordine e presidi sanitari è più stretta e agisce sulla prevenzione e non solo sul contrasto.

Quante donne nel 2012 si sono rivolte ai centri anti-violenza?
Quelli gestiti da Differenza Donna a Roma e in provincia intercettano ogni anno più di 2mila donne. Consideriamo che non in tutte le regioni italiane sono presenti centri anti violenza.

Bastano davvero i centri anti-violenza a salvare le donne dai loro aguzzini e soprattutto a fare in modo che non siano costrette a tornarci?
Il centro anti-violenza è un nodo, ma serve il sostegno delle forze dell'ordine, dei presidi ospedalieri, dei servizi sociali per far sì che le donne non siano costrette a trovare una sistemazione, spesso anche con i propri figli, fuori dalla loro casa.

Sono sempre compagni e mariti a fare più male?
Sì, all'80% parliamo di maltrattamento in ambito familiare, nelle relazioni intime. E per quanto sia scontato dirlo, devo ribadire che si tratta di un fenomeno assolutamente trasversale che non conosce differenze legate al livello culturale o allo stato sociale. L'iniziativa di oggi, One Billion Ricing, testimonia proprio la trasversalità di un fenomeno che coinvolge tutto il mondo e donne di classi sociali, economiche e culturali diverse perché gli uomini violenti appartengono a razze, religioni, classi sociali e culturali assolutamente trasversali.

Gli uomini possono smettere di usare violenza sulle donne?
Gli uomini devono smettere di usare violenza sulle donne. La violenza è una scelta, non è una patologia. Non è vero che tutti i bambini che hanno subito violenza o assistito a scene di violenza diventeranno degli adulti violenti. Moltissimi non lo diventano affatto. E così il contrario: non tutti gli uomini violenti sono stati da bambini testimoni di atti di violenza.

Perché allora alcuni uomini fanno del male alle proprie donne?
Perché non si sentono in colpa, perché subiscono un condizionamento culturale, ambientale e sociale per cui maltrattare la propria compagna, vissuta come una proprietà, è considerato normale Ma esiste sempre una responsabilità individuale. E c'è necessità di una condanna pubblica molto forte.

Si guarisce dalla violenza subita?
Dal trauma, con il dovuto sostegno, sì. Soprattutto quando una donna riesce a convincersi che non è stata colpa sua e che non si meritava quelle violenze.

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Claudia Daconto