Viaggio tra gli istituti di "riabilitazione" per gay
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Viaggio tra gli istituti di "riabilitazione" per gay

Abusi, elettroshock, full-immersion nel mondo etero, celle di isolamento e torture di ogni tipo: ecco come nel mondo alcune cliniche degli orrori trattano gli omosessuali

A cosa serve la legalizzazione dei matrimoni gay o la maggiore tolleranza che (finalmente) si inizia a respirare in taluni paesi se in tutto il mondo continuano ad esistere istituti di "riabilitazione" per omossessuali, noti anche come "cliniche per la conversione dei malati sessuali", o come un vero e proprio inferno in terra per chi viene costretto con la forza a cambiare i propri gusti sessuali perché quelli "naturali" sono considerati "sbagliati", quando non "perversi"?

Abusi, elettroshock, full-immersion nel mondo etero, celle di isolamento, corsi intensivi di educazione sessuale: per guarire questi presunti malati è stato tentato un po' di tutto, naturalmente senza successo, perché gli omosessuali sono tutto fuorché malati e, statisticamente, queste "terapie" hanno effetto solo su chi ha un carattere o una personalità più debole e solo per questo finisce con l'accettare di piegarsi al volere di chi gli impone una "conversione" forzata.

Chiesa cattolica, chiese evangeliche, ebrei ultra ortodossi, chiese musulmane: anche la maggior parte delle scuole religiose è contro l'omosessualità, e non si contano i centri clandestini in qui queste ultime cercano di curarla. Partendo da sedute di discussione collettive in cui si esamina il "problema" in tutte le sue sfaccettature, per finire col fare ricorso a elettroshock, terapia dell'avversione (uno specifico trattamento psichiatrico nel quale il paziente viene esposto a due stimoli simultaneamente: il primo orientato ad eliminare il comportamento "sbagliato", il secondo volto a provocare disgusto o dolore fisico per lo stesso), sostanze psicotrope (che alterano le normali funzioni biologiche, psicologiche e mentalie del paziente) e ipnosi ogni volta che le parole non bastano.

In Ecuador l'omosessialutà viene curata con violenze e sevizie. Ci sono centri che chi ha avuto la sfortuna di visitare da paziente racconta essere soliti legare, lasciando senza cibo e possibilità alcuna di lavarsi, i "malati" da "curare", per poi sottoporli ad ogni tipo di tortura. Le "terapie sessuali", ad esempio, sono stupri volti a "scacciare il male" dal corpo di chi ne è posseduto. In Cina in genere si alternano sessioni in cui vengono mostrate ai "malati" immagini sessualmente molto spinte, dopo aver fatto assumere loro farmaci per farli vomitare, a momenti di "confronto" con consulenti che spiegano che essere gay è immorale e nessun genitore potrà mai perdonare un figlio macchiatosi di un peccato tanto disgustosa e grave.

Appena un paio di mesi fa in Uganda è entrata in vigore una legge anti-gay che prevede niente meno che l'ergastolo per gli omosessuali. Discutendo i dettagli della nuova legge in una conferenza stampa, il presidente Yoweri Museveni ha addirittura affermato che quella dei gay è una "distorsione genetica" da punire più che curare. 

Per fortuna non tutti i paesi del mondo fanno passi indietro come l'Uganda, e iniziano a rendersi conto che questo approccio sta creando danni psicologici irreparabili in persone già in difficoltà perchè la società in cui vivono, in genere, non li accetta. Ci sono nazioni che hanno finalmente smesso di chiudere gli occhi di fronte a tutti quei casi di giovani che da questi istituti non sono mai usciti perché non sono stati in grado di reggere la violenza fisica e mentale delle loro terapie. 

Appena un paio di giorni fa negli Stati Uniti qualcuno ha iniziato a chiedersi se abbia ancora senso tenere aperte queste cliniche infernali. A New York, in California e nel New Jersey le cliniche per omosessuali sono finalmente fuorilegge (a New York la normativa che regolamenta il settore non è ancora stata implementata del tutto), e sempre negli Stati Uniti è iniziata la campagna #BornPerfect , indirizzata non più ai gay ma alle loro famiglie, ai loro amici, cui oggi è più urgente che mai spiegare che i loro cari non sono ne' strani ne' malati, ma normalissimi, e come tali vanno non solo accettati, ma anche rispettati.  

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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