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Il Venezuela: la storia in foto dagli Spagnoli a Maduro (1498-2017)

Dai conquistadores alla crisi del 2017, dai "caudillos" al socialismo di Chavez fino ai giorni nostri

La visita di Cristoforo Colombo e Alonso de Ojeda in Venezuela nel 1498 segna l'inizio della presenza spagnola della regione nordorientale del Venezuela.

La prima ribellione contro la madrepatria data 1749 e l'instabilità politica prosegue sino alle guerre napoleoniche, quando la popolazione venezuelana approfitta delle vittorie di Bonaparte per ribellarsi ai colonizzatori.

Dieci anni dopo, il Venezuela dichiara l'indipendenza dalla "Grande Colombia spagnola" di Simon Bolivar, indipendente dalla Spagna. Hanno inizio i decenni di governo dei "caudilllos", una serie di uomini forti in competizione tra loro per il potere.

Alla fine del XIX secolo uno di questi, Antonio Guzman Blanco, fu in grado di attrarre investimenti stranieri, di modernizzare le infrastrutture e di sviluppare l'agricoltura e la scolarizzazione.

L'inizio del ventesimo secolo vide il Venezuela affrontare nuove crisi economiche, in particolare quella del 1902-1903 sotto la presidenza di Cipriano Castro, che vide il Venezuela sull'orlo della bancarotta per la grave insolvenza verso gli investitori esteri.

Quando Castro lasciò il potere per gravi problemi di salute, gli successe Juan Vincente Gòmez. La sua ascesa al potere segnò per il Venezuela l'inizio di un lungo regime che durerà fino al 1935. Sotto la guida di Gòmez il Venezuela vide realizzata la svolta che ancora oggi è alla base dell'economia del Paese: la scoperta del petrolio. Ben presto Gomez e i proprietari terrieri siglarono accordi con le grandi multinazionali per le concessioni di esplorazione e estrazione del greggio, inaugurando una politica fiscale blanda che attirò gli investitori in quello che in pochi anni era diventato il primo paese esportatore di petrolio al mondo.

Quando il dittatore morì nel 1935, il Venezuela era una nazione fortemente divisa tra una élite bianca e benestante nata attorno a Gòmez e il resto della popolazione mulatta (i pardos) poveri e per la maggior parte analfabeti.

Il regime, non particolarmente repressivo, fu continuato dall'ex ministro della guerra Eleazar Lopez Contreras fino al 1945. Durante il primo anno della sua presidenza si verificò il primo grande sciopero dei lavoratori dell'industria petrolifera, nel quale emerse per la prima volta l'attività dei marxisti venezuelani.

Dopo il 1945 il potere passò all'uomo di fiducia di Contreras, Isaias Medina Angarita. Personaggio mite, si spinse a concedere la legalizzazione dei partiti politici. Il 18 ottobre 1945 Medina fu destituito da un colpo di stato alla cui base vi era il movimento popolare di Accion Democratica, che transiterà il paese verso la costituzione in un triennio dal 1945 al 1948, guidato da una maggioranza ispirata alla socialdemocrazia marxista.

Il primo esperimento democratico che portò a libere elezioni e alla vittoria di Romulo Gallegos ebbe vita brevissima: un colpo di stato militare guidato dal generale Delgado Chalbaud cancellò le istituzioni democratiche senza spargere sangue. Si inaugurò un triumvirato militare che detenne il potere per un quadriennio, fino alla morte di Chalbaud avvenuta a seguito di un rapimento nel 1950 nel quale il membro della giunta rimase ucciso. A seguito dell'episodio iniziò l'ascesa di uno dei generali di Chalbaud: Marcos Perez Jimenez, un uomo ambizioso e attratto dalla grandeur di stampo fascista. Coerentemente con il suo modello ideologico, Perez Jimenez avviò una serie di investimenti nelle grandi opere pubbliche e nelle infrastrutture, creando lavoro di stato con i proventi altissimi dell'esportazione del petrolio. Lo sviluppo del Venezuela e le ampie possibilità offerte dai proventi del greggio attirarono negli anni della dittatura un gran numero di lavoratori dall'Europa, di cui una buona parte erano italiani.

Convinto di aver fatto un ottimo lavoro, Perez Jimenez indisse le elezioni nel 1952. La chiara vittoria di Accion Democratica che si stava profilando indusse il dittatore a chiudere le urne ed autoproclamarsi presidente per un altro quinquennio. Negli ultimi anni del suo governo, il dittatore fu zelante alleato degli Stati Uniti e della CIA. Proseguì lo sviluppo urbanistico rendendo Caracas la città più moderna dell'America Latina. Nel 1957 Perez Jimenez indisse un plebiscito pilotato al posto delle elezioni, obbligando al voto a suo favore i dipendenti pubblici. Il culto della personalità e la sicurezza ostentata dal dittatore irritarono una parte dei vertici militari e spronarono l'azione clandestina di democratici e comunisti. Il crescendo della protesta militare e civile indusse Perez Jimenez alla fuga con il suo aereo personale verso la Repubblica Dominicana.

Le elezioni del 1958 videro la vittoria del candidato di Accion Democratica Romulo Betancourt. L'esponente democratico dovette subito affrontare la difficile eredità della dittatura, specie in politica estera e nei confronti delle autocrazie che lo circondavano negli altri paesi dell'America meridionale, così come dovette mantenere l'equilibrio nei rapporti con Washington e con la neonata Cuba castrista. Nel 1960 Betancourt scanna ad un attentato orchestrato dal dittatore dominicano che ospitava Perez Jimenez, Rafaèl Leonidas Trujillo.

Proseguendo sostanzialmente l'opera di modernizzazione del paese iniziata dal precedente regime, il governo Betancourt fallì in alcune scelte macroeconomiche che produssero scontento tra la popolazione, come l'abbandono della rete ferroviaria per favorire le autostrade e delle coltivazioni estensive di riso inaugurate dal regime, sacrificate per lo sviluppo dell'energia idroelettrica. La fine dell'immigrazione degli anni di Perez Jimenez contribuì inoltre ad innescare un flusso di immigrazioneclandestina sottoqualificata dalla vicina Colombia, che creò problemi a livello sociale. Politicamente, Betancourt fu sempre in equilibrio precario e costantemente minacciato da destra e da sinistra: dai militari che lo consideravano un comunista sotto mentite spoglie e dagli stessi comunisti che guardavano alla Cuba castrista come un modello per il Venezuela, generando una serie di disordini durante l'ultimo periodo della presidenza Betancourt. Nel 1964 le elezioni videro da vittoria del democratico RaùlLeoni, che fu impegnato alla repressone dei guerriglieri comunisti che si erano ritirati sulle alture, consigliati da emissari cubani. La fortuna del governo di Caracas fu che a differenza di quanto si verificò a Cuba, i comunisti venezuelani mancavano totalmente dell'appoggio popolare.

Un periodo di particolare prosperità investì il Venezuela all'inizio degli anni '70, quando la guerra dello Yom Kippur causò la crisi petrolifera mondiale. Il presidente eletto nel 1974 era Carlos André Perez, un giovane dinamico democratico che sfruttò il momento estremamente favorevole per creare occupazione nel settore pubblico e nelle infrastrutture, trascurando tuttavia i gravi problemi sociali che l'urbanizzazione di massa degli anni d'oro del petrolio aveva generato, creando un escalation di violenza che fece del Venezuela uno dei luoghi più pericolosi del mondo. Sotto la presidenza Perez l'industria del petrolio fu nazionalizzata, così come quella dell'acciaio. Uno dei punti deboli della sua politica fu l'eccessiva burocratizzazione alla base dell'apparato statale, che produsse un grave effetto deterrente sulle imprese estere e sullo sviluppo della piccola media impresa locale. Da un punto di vista internazionale Perez difese le democrazie dell'America Latina, condannando i regimi come il Cile di Pinochet. I principali problemi che si verificarono al termine del mandato di Perez furono le spese incontrollate nel settore pubblico e l'irrisolta questione sociale che manteneva forti squilibri tra la popolazione, oltre alla corsa incontrollata del debito pubblico di quello che negli anni della sua presidenza era stato soprannominato il "Venezuela Saudito".

Dopo una parentesi di quasi un decennio dominata dalla vittoria elettorale dei centristi Cristiano-sociali in anni di stagnazione, Perez ritornerà presidente nel 1989 con un programma liberista caratterizzato da privatizzazioni in contrasto con la politica del suo primo mandato. I risultati furono disastrosi perché la politica neoliberista generò un impennata dei prezzi del petrolio, innescando la rivolta sociale. Gli scontri di piazza fecero quasi 300 vittime e identificarono per sempre la figura di Perez come legata ai poteri forti e corrotta.

Tre anni dopo, nel 1992, il colonnello Hugo Chavez tentò il primo golpe a cui ne seguirà un secondo che, fallito, porterà alla sua incarcerazione. La parabola di Perez terminerà con l'impeachment del 1995 dopo la condanna del presidente per gravi reati di corruzione. Le elezioni del 1994 caratterizzate dall'altissimo astensionismo portarono alla presidenza l'ultraottantenne Rafael Caldera, supportato dalla borghesia urbana. Il vecchio politico fu presto sopraffatto dalla crisibancaria del 1994 e dal crollo dei prezzi petroliferi, fino alla crisi dei partiti politici storici che spingeranno il vecchio presidente a scarcerare Chavez.

Queste ultime fasi di uno dei periodi più difficili della storia del Venezuela furono le premesse dell'ascesa di Hugo Chavez, militare della frangia "rivoluzionaria" dell'esercito. Chavez approfittò della crisi politica degli anni di Perez per vincere le elezioni del 1998. Una volta in carica il colonnello iniziò il mandato con un programma rivoluzionario di redistribuzione della ricchezza, di supporto sociale e di inversione della politica di privatizzazione dei precedenti governi. Flagellato dai prezzi del petrolio ai minimi storici, Chavez iniziò la sua attività di lobbying all'OPEC per un taglio della produzione che avrebbe favorito il rialzo del prezzo al barile. Fallito il tentativo, Chavez espresse la volontà di terminare la nazionalizzazione dell'industria petrolifera e di alzare le tasse agevolate alle grandi multinazionali del greggio che operavano in Venezuela. A livello fiscale propose l'istituzione di una tassa di lusso per i grandi proprietari terrieri. L'azione risoluta del presidente, che passò nel 2001 oltre 49 leggi per decreto, generò nella classe dirigente e nei sindacati i timori di una possibile "cubanizzazione". Queste paure generarono un'ondata di scioperi e proteste in tutta la nazione contro le leggi "cubane" di Chavez. L'anno successivo il presidente sarà estromesso dal potere da un colpo di stato organizzato dalle forze d'opposizione con il Paese sull'orlo del collasso economico. La breve presidenza di Pedro Carmona non sarà in grado di risollevare la situazione, gettando le premesse al ritorno di Chavez nel 2004.

Nel suo secondo mandato il presidente rivoluzionario terminò le riforme del suo programma, che videro la riforma agraria eliminare il latifondo, la riduzione della libertà di stampa e il nuovo rapporto economico con la Russia sulla fornitura di tecnologia e armi. Nel 2006 Chavez ottiene la più larga maggioranza di consensi alle politiche (63%) della storia nazionale. L'anno successivo annuncia il vasto piano di nazionalizzazione dei settori-chiave del'economia venezuelana incluse le telecomunicazioni. Il rifiuto di Exxon a cedere gli impianti al governo venezuelano, spinge Chavez all'esproprio degli impianti. L'anno successivo le nazionalizzazioni vorrebbero includere il sistema bancario, mentre si stringono sempre più i legami militari con Mosca, che preoccupano gli Stati Uniti e le democrazie occidentali. La parabola discendente di Chavez si consuma tra il 2009 e il 2010 con la crisi internazionale al confine con la Colombia, quando il presidente venezuelano decise di inviare truppe in seguito alla concessione di Bogotà per l'utilizzo delle basi militari da parte degli Usa. Nel 2010 l'economia nazionale risentì gravemente della crisi internazionale e il paese fu flagellato da gravi inondazioni.

L'ultima vittoria di Chavez alle politiche è del 2012: l'anno successivo, dopo una lunga lotta, il presidente si spegne vinto dal cancro. Gli succede nel maggio 2013 Nicolas Maduro, che raccoglie l'eredità politica di Chavez in un paese in caduta libera dal punto di vista economico e sociale. I razionamenti e la scarsità di generi di prima necessità unitamente alla crescita del contrabbando e della criminalità nonostante i tentativi di intervento da parte del governo rendono la nazione una polveriera. Le continue proteste in corso dal 2013 e i duri scontri che queste hanno generato, hanno spinto il paese sull'orlo della guerra civile alla metà del 2017 dopo che le proteste di piazza per le elezioni anticipate e per scongiurare la riforma della costituzione voluta da Maduro hanno provocato numerose vittime negli scontri con le forze dell'ordine.

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Il caudillo venezuelano Juan Vicente Gomez (1859 - 1935), ritratto negli anni '20.

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Edoardo Frittoli