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Unioni civili e adozioni gay: i nodi politici

Il Pd è spaccato sulle adozioni gay. Ncd tentato di votare sì in cambio di un ministero, M5s contro per danneggiare i dem

I tempi stringono, il Ddl sulle unioni civili sbarcherà al Senato il prossimo 26 gennaio e la matassa appare ancora molto ingarbugliata. Il tema divide infatti non solo alleati di governo ma anche lo stesso partito di maggioranza. In casa Pd i cosiddetti catto-dem resistono sulle barricate contro la stepchild adoption, l'adozione del figlio biologico del partner, il provvedimento simbolo contenuto nel testo di legge.


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Matteo Renzi cerca una mediazione esterna e soprattutto interna al suo partito. Impresa niente affatto semplice. Anche perché la questione si porta dietro dissidi mai sanati tra l'anima più laicista e quella più cattolica degli eredi delle due grandi famiglie, Pci e Dc, da cui ha preso origine il Partito democratico. Dissidi che stanno esplodendo in varie forme. Comprese le liti via web.

Le liti in casa dem
Ieri, per esempio, a dirsene di tutti i colori sono state Cristiana Alicata, esponente della comunità Lgbt, e l'europarlamentare Silvia Costa di cui Alicata ha chiesto l'espulsione dal Pd insieme a tutti coloro che sostengono l'esistenza di una “lobby gay” nel Parlamento europeo che preme perché sia fermata la condanna contro la maternità surrogata. L'area cattolica del Pd propone una soluzione alternativa alla stepchild adoption, il cosiddetto “affido rafforzato”. Ma si tratterebbe di un pasticcio normativo di dubbia costituzionalità e quindi difficilmente percorribile.

Per il 18 gennaio è già convocata una direzione nazionale dei dem per affrontare il nodo delle amministrative ma anche il dossier unioni civili che il premier Matteo Renzi ha deciso di affidare al ministro delle Riforme Maria Elena Boschi che così farà il suo rientro in scena dopo il breve allontanamento per far sedare le polemiche sulla vicenda banche.

Ai parlamentari dem viene riserva la libertà di voto, ma un'indicazione arriverà senz'altro. Renzi lo ha detto chiaro e tondo: una soluzione va trovata perché “mi vergogno di stare in un Paese che non ha una legge del genere”. E certo non gli va giù l'atteggiamento da barricata assunto da esponenti del partito anche a lui molto vicini. Beppe Fioroni, per dirne uno, ha già annunciato che voterà contro. Di lacerazioni il Pd ne ha già subite parecchie e il premier, costretto a ragionare anche da segretario, sa che prima delle amministrative e del referendum di ottobre sulla riforma costituzionale è necessario impiegar ogni sforzo per restituire al Pd un'immagine di rinnovata compattezza.

La posizione di Ncd
Anche perché per quanto riguarda il suo principale alleato, Renzi è convinto, già da tempo, che Angelino Alfano non aprirà nessun fronte di crisi su questo tema, nonostante si tratti di un argomento fortemente identitario per Ncd su cui, anche se blandamente, il ministro dell'Interno è stato in qualche modo costretto a sostenere una battaglia. Un mini rimpasto di governo potrebbe però risarcire i centristi che otterrebbero un nuovo ministero.

La “soluzione politica” all'orizzonte sembrerebbe essere proprio questa. I nomi in lizza già ci sono. Si tratterebbe di quelli dell'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, del vice ministro Enrico Costa o della deputata Dorina Biachi. Proprio per questo una parte di Ncd, guidata da Renato Schifani e Beatrice Lorenzin, spinge per votare addirittura a favore del Ddl Cirinnà. Ma c'è anche chi, come Gaetano Quagliariello, tuona contro il rischio di sdoganamento della pratica dell'utero in affitto e da tempo minaccia l'addio.

Forza Italia, Sel-Si e M5S
Al voto di coscienza si richiama anche Forza Italia. Una parte del partito, capitanata tra gli altri da Maurizio Gasparri, è nettamente contraria a unioni e adozioni gay. L'altra, guidata da Mara Carfagna e Stefania Prestigiacomo, a favore. Chi voterà compatta per il sì è la pattuglia di Sel-Sinistra itlaiana mentre l'incognita maggiore è però rappresentata dai 5Stelle che, sfruttando il segreto dell'urna, potrebbero decidere di infliggere un duro colpo al Pd votando contro un provvedimento su cui, pubblicamente, si sono sempre detti favorevoli.

Cei e "Family day"
I vescovi italiani, da parte loro, ancora non si sono ufficialmente esposti. Oggi però è prevista una riunione della Cei per decidere anche se partecipare o meno al “Family day” previsto a Roma a fine gennaio e al quale è prevista la partecipazione anche di diversi esponenti dem. La posizione della Chiesa è comunque storicamente contraria alle unioni omosessuali e quindi alle adozioni per i gay. Papa Francesco non ha mai attaccato direttamente il provvedimento ma, parlando di famiglia, ha sempre detto che ogni bambino ha diritto di crescere in una famiglia “con una mamma e un papà”.

Il nodo principale
È evidente però che c'è un tema che non potrà esser eluso nel caso di via libera alle unioni civili anche tra persone dello stesso sesso. Cosa succede infatti se uno dei due componenti della coppia dovesse venire a mancare? Che fine farebbe il figlio naturale di uno dei due cresciuto all'interno di quel nucleo familiare? Senza un provvedimento che consenta al coniuge sopravvissuto di poterlo adottare o comunque di ottenerne l'affido, il minore sarebbe destinato a un istituto. È una questione di coscienza, appunto. Conta di più il principio della cosiddetta “famiglia naturale” fondata sull'unione di un uomo e di una donna, o il benessere del minore? C'è chi non ha dubbi. Ma il calcolo politico, spesso, ha la meglio sulla questione morale.

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Claudia Daconto