Trump e Kim Jong-un
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Stati-Uniti-Corea del Nord: l'accordo vago che piace alla Cina

Trump e Kim si sono impegnati a mantenere la pace sulla penisola e a iniziare un negoziato che porti alla denuclearizzazione, come si aspettava Pechino

Kim Jong-un preferisce confrontarsi con Donald Trump o con Xi Jinping? A Singapore, Trump ha dichiarato di essere molto soddisfatto dei risultati dell'incontro più atteso dell'anno, ha detto a Kim di essere onorato di poter finalmente dialogare con lui. Il leader nordcoreano ha ricambiato sottolineando come con grande sforzo da entrambe le parti sia stato dinalmente possibile superare ombre e pregiudizi di un rapporto bilaterale che potrà da oggi in poi essere sereno e costruttivo.

Il presidente americano, dopo il faccia a faccia a porte chiuse con Kim e un paio d'ore di colloqui bilaterali, ha confermato come il vertice sia andato meglio anche rispetto a quanto previsto dagli osservatori più ottimisti. "L'accordo è più che soddisfacente", ha annunciato Trump. "Siamo riusciti a lasciarci il passato alle spalle. Il mondo noterà subito un grande cambiamento" gli ha fatto eco Kim.

Il comunicato finale

In effetti, il vertice si è concluso con un comunicato in cui i due paesi si sono impegnati a rilanciare la pace tra le due nazioni, a consolidare la pace nella penisola, a liberare i prigionieri di guerra, e a lavorare sulla denuclearizzazione. Nessuna data, nessun impegno concreto, solo un'intesa sulla buona volontà reciproca.

La Cina ufficialmente non è presente, ma Kim Jong-un è arrivato nel Sudest asiatico volando su un aereo di linea dell Repubblica popolare che Pechino si era anche impegnata a scortare con mezzi militari. Quindi insomma, anche Cina e Corea del Nord si parlano, e parecchio. Ed è proprio per questo che il Segretario di Stato americano volerà a Pechino il 14 giugno per parlare del Summit di Singapore e di tanti altri piccoli problemi, dopo una rapidissima tappa a Seul.

La Cina è stata anche il primo paese a commentare l'esito del vertice, con la dichiarazione incoraggiante del Ministero degli Esteri Wang Yi che ha a sua volta sottolineato come questo incontro permettera di scrivere una "nuova storia" per la penisola coreana, aggiungendo come una denuclearizzazione per tappe che rassicuri l'Occidente dovrà procedere di pari passo con la concessione della garanzie di sicurezza di cui la Corea ha bisogno per sentirsi al sicuro nella regione.

Il punto di vista di Kim

In realtà, più passa il tempo più diventa chiaro che ciò che sta davvero a cuore al leader nordcoreano sia la sua poltrona e, di conseguenza, il suo paese, visto che ha bisogno della venerazione di tutto il suo popolo e in particolare dell'élite che lo sostiene per rimanere in sella. Ecco perché Kim tratta con tutti. Sfruttando con grande abilità i contrasti tra i suoi interlocutori per ottenere vantaggi personali.

Il ruolo della Cina

Alla vigilia del vertice di Singapore la Cina è stata definita dalla stampa inglese "l'elefante nella stanza", espressione tesa a sottolineare la problematicità del triangolo Pyongyang-Pechino-Washington.

La domanda chiave cui dovremmo cercare di rispondere è questa: la Cina sta lavorando sottobanco per ottenere qualcosa o no? Se sì, mantiene la stessa posizione e lo stesso ordine di priorità sia quando dialoga con gli Stati Uniti che quando parla con la Corea del Nord? Oppure qualcuno sta cercando di mantenerla in una posizione di secondo piano (Trump) o di sfruttarla solo quando fa comodo (Kim)?

Cosa vuole Pechino

Pechino ha un solo obiettivo: mantenere la pace e lo status quo sulla penisola coreana. Il suo problema è che non si fida ne' della Corea del Nord ne' degli Stati Uniti, soprattutto da quando sono guidati da Trump, e ha spinto per il summit di Singapore perché preferisce che questi due paesi dialoghino anziché insultarsi. Una guerra di parole può degenerare in un conflitto reale. Un dialogo normale può solo sostenere la pace.

Il rischio collasso

Altro aspetto che viene troppo poco considerato è che per la Cina un collasso della Corea del Nord rappresenterebbe un vero e proprio disastro. Ma il collasso, più che militare, rischia di essere economico. Da qui il gioco delle sanzioni a fisarmonica seguto da Pechino: ha approvato la linea di Trump per sostenere la comunità internazionale e far capire alla Corea del Nord in una fase in cui sembrava essere diventata troppo anti-cinese che non può prescindere dall'aiuto di un paese che compra il 90 per cento del suo export. Per poi tornare indietro per permettere al regime di rimanere a galla. 

Attenzione però: quello degli eventuali accordi commerciali tra Stati Uniti e Corea del Nord è un tema che la Cina prende molto sul serio. In Corea c'é tanto da fare, e c'è spazio per tutti, è vero, ma se gli americani riusciranno ad aumentare la loro presenza sul territorio la dipendenza dalla Cina ne uscirà indebolita.

Una vittoria cinese?

Sono tanti gli analisti convinti che alla chiusura del sipario su Singapore toccherà alla Cina gestire la vera transizione. Difficile dirlo ora. Bisogna aspettare che Pechino venga aggiornata sia dagli Stati Uniti sia dalla Corea del Nord per decidere come comportarsi. Quel che è certo è che la denuclearizzazione completa della Penisola rimarrà una chimera. Ma è anche vero che, in questo momento, pace e stabilità possono essere mantenuti solo con interventi sull'economia.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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