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Sì della Consulta al cognome della madre per i figli. Ecco cosa vuol dire

Le coppie potranno richiedere per il proprio bambino il doppio nome. Anche l'Italia dice addio a secoli di automatismo dell'anagrafe

Con il nome della madre. Con un colpo di spugna la Consulta cacella secoli di automatismo a favore del cognome paterno. Con un accordo tra i coniugi i figli nati nel matrimonio potranno chiamarsi come la mamma, oltre che solo come papà.

Dopo quasi 40 anni di distanza dalla presentazione della prima proposta di legge in materia e le aspre battaglie di quei genitori che non riconoscevano in una consuetudine la regola (l'ultimo testo di riforma giace ancora fermo al Senato), la Corte costituzionale si è pronunciata dando, almeno in parte, via libera a un diritto da tempo legge in altri Paesi e la cui negazione è già costata una condanna all'Italia da parte della Corte di Strasburgo.

E anche se si attende che la sentenza della Consulta venga pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, una cosa è sicura: le coppie che lo desiderano potranno chiedere all'ufficiale dello Stato civile di attribuire al figlio i due cognomi a cui, solo se in discussione, verrà dato quello del padre. Perché il quadro oggi è cambiato. Rispetto a dieci anni fa, proprio la Consulta posta di fronte allo stesso problema, aveva riconosciuto che l'automatismo rappresentava un "retaggio di una concezione patriarcale della famiglia", ritenendo però che cancellarlo avrebbe creato un "vuoto di regole", incolmabile senza invadere i compiti del legislatore.

Accogliendo le obiezioni sollevate dalla Corte d'appello di Genova, ora la stessa Consulta ha dichiarato incostituzionale l'automatica attribuzione del cognome paterno ai figli nati nel matrimonio, quando i genitori vogliono fare una scelta diversa.

Grande successo, quindi, per la coppia italo-brasiliana che con il suo ricorso è arrivata fino alla Corte costituzionale. Il loro bambino, nato a Genova, ma con la doppia cittadinanza, aveva già il doppio cognome in Brasile, ma non riusciva a ottenerlo in Italia. Poi la svolta: la Corte d'appello di Genova manda gli atti alla Consulta sollevando la questione di legittimità costituzionale.

L'automatismo a favore del cognome paterno, che la Consulta ha fatto cadere, infatti non è previsto da una norma specifica, ma è desumibile da una serie di disposizioni, a partire da diversi articoli del codice civile.

E secondo i magistrati genovesi viola diversi diritti sanciti dalla Carta fondamentale: quelli all'identità personale (art.2), all'uguaglianza e alla pari dignità sociale dei genitori nei confronti dei figli (art.3), alla parità morale e giuridica dei coniugi (art.29).

Oltre ad essere in contrasto con il dovere dello Stato di rispettare gli obblighi internazionali (art.117), a partire dalla Convenzione di New York sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, ratificata nel 1985 dall'Italia.

Certo la Consulta avrebbe potuto andare anche oltre, imponendo il doppio cognome come regola obbligatoria in tutti i casi. Ma la battaglia si può dire vinta, vinta da tutte le famiglie che ci hanno creduto, vinta da tutte le donne che si vedono riconoscere un diritto.

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Chiara Degl'Innocenti