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(Ansa)
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Quale il senso oggi delle gite scolastiche?

Da anni cresce lo scetticismo intorno alle gite di più giorni nella scuola superiore, tra pericoli e assunzione di responsabilità sempre maggiori. Quest’anno si è fatto largo anche il tema dei costi esorbitanti. E poiché ne vale ancora la pena, serve ripensare tutto

La scuola italiana ha mille problemi uno diverso dall’altro, e tra questi adesso c’è anche quello dei viaggi di istruzione. Organizzarli è un onere sempre più gravoso per la scuola e per gli insegnanti che si intestano il progetto: è difficile trovare i docenti accompagnatori disponibili, poi vengono le difficoltà burocratiche, quelle pratiche e organizzative, dalla scelta della meta, alle prenotazioni fino alle necessità specifiche e varie di ogni membro. Come se non bastasse, quest’anno molte scuole hanno dovuto fare i conti – è il caso di dirlo – con una nuova e insuperabile prova: il costo esorbitante di questi viaggi. Tanto che molti istituti in tutta Italia si sono trovati a far fronte a preventivi così alti che le famiglie, e talvolta le scuole stesse ancor prima di sentire le famiglie, hanno dovuto declinare. E’ stato uno stillicidio spesso riportato nelle edizioni locali dei giornali: “preside rinuncia alle gite per il suo istituto”, “docenti non proseguono l’organizzazione dei viaggi”, “genitori in rivolta non aderiscono per i loro figli”. Il motivo, sempre lo stesso: costano troppo.

E così, poiché è impensabile che un’attività proposta per il gruppo classe risulti in qualche modo esclusiva per questioni economiche, si rinuncia e, scornati, si sta in classe.

Ora, le riflessioni che possono scaturire sono differenti. C’è da chiedersi ad esempio se i viaggi di istruzione siano ancora un’opzione valida nell’offerta formativa e culturale degli ultimi anni della scuola superiore.

Innanzitutto, si ripensi alla durata. I viaggi vanno valutati alla luce della miriade di attività che interrompono il percorso di studi curricolare: percorsi di PCTO, attività di orientamento post diploma, test di ogni tipo, iniziative territoriali per l’educazione civica, la giornata della Memoria, l’open day e altro ancora. E poi ancora. Non si tratta di considerare la scuola solo per l’azione didattica in aula, ma - come dire - questa non è ancora stata formalmente soppiantata da attività altre e matematica, latino, disegno e diritto si imparano in classe, per cui in qualche modo l’ora di lezione va ancora preservata, garantita, custodita. Quanto si rischia di essere considerati passatisti – vere cariatidi - nel formulare questo pensiero!

Ecco quindi che può essere una buona opzione quella di considerare un viaggio fatto di due giorni pieni e di una notte l’alternativa ideale per inserirsi nella proposta didattica annuale di una quarta o di una quinta superiore. Certo, per gli studenti potrebbe essere deludente vedersi proposta la “sola” notte compresa nel viaggio. Attenzione però: per questione di costi, quest’anno per molti l’alternativa alla singola notte in gita è stata restare in aula. Serve realismo, quindi.

In secondo luogo, occhio alle mete. Molti viaggi negli ultimi anni scolastici prevedono la visita di una capitale europea, da Barcellona a Parigi, da Vienna a Praga, ma se fino a vent’anni fa queste località potevano risultare un valore aggiunto nella formazione degli studenti, oggi accade sempre più spesso che gli studenti a cui si propone il viaggio abbiano già visitato questi luoghi. O è verosimile pensare che lo faranno entro qualche anno in autonomia, sfruttando voli low cost o attraverso vari progetti legati all’università, per chi ci andrà. Ha quindi senso chiedere cifre che sono più vicine ai 1000 che ai 500 euro per qualche giorno in un luogo che certamente si rivisiterà o che si conosce già?

Un viaggio di istruzione ha diverse finalità: c’è quella culturale, in primo luogo, ma c’è anche quella legata alla socializzazione e al gruppo di compagni di classe che si forma e cresce anche attraverso iniziative di condivisione come può essere una gita di più giorni. Si tratta di obiettivi nobili, alti per cui vale la pena battersi ancora ma, facendo i conti con il realismo economico e di opportunità, una proposta è quella di restare in Italia, facilmente raggiungibile in treno.

Visitare in maniera intensiva Firenze, Venezia, Napoli e Milano coinvolgendo una notte è possibile, mentre per Roma potrebbero servirne comunque due.

L’Italia è spesso vista come un ripiego perché non è una meta esotica, perché non è il mito adolescenziale Amsterdam o l’immersione linguistica della carissima Irlanda, però se non fossimo italiani l’Italia sarebbe in cima alla lista delle mete da visitare per gli studenti.

Serve coraggio, quindi, e dedicarsi alle nostre città e non solo a quelle, facendo di necessità splendida virtù.

Italia, dunque, e tutto in una notte, sì.

Si tratta di viaggi dal tasso culturale elevatissimo e, se organizzati con dedizione, capaci di far entrare in contatto con luoghi indimenticabili e rari: i Musei Vaticani, gli Uffizi, il Cenacolo solo per fare qualche esempio macro.

Certo servirebbe anche un giro di vite nelle convenzioni tra scuola e cultura, perché se per l’estero voli e alloggi sono stati l’ostacolo nuovo e principale sul fronte rincari, in Italia i biglietti per le visite guidate non risparmiano le comitive di studenti, alla faccia di chi critica le lezione frontale e poi non fa nulla per favorire attività al di fuori delle mura scolastiche.

I viaggi di istruzione non sono in cima ai problemi del mondo della scuola, ma generano un’onda lunga di riconoscenza, o di delusione, se si realizzano o meno. Tocca spendersi anche per le gite quindi, per non lasciare sempre al caso, alla trascuratezza, all’occasione del momento un elemento progettuale strategico dell’anno scolastico.

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Marcello Bramati