Selfie sui binari del treno: un gioco (molto) pericoloso
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Selfie sui binari del treno: un gioco (molto) pericoloso

Dilaga tra gli adolescenti la mania di scattarsi foto rischiose. Ma ieri sera a Soverato il gioco si è trasformato in tragedia

Un ragazzo di 13 anni è morto ieri sera a Soverato, nel Catanzarese, mentre in compagnia di due coetanei scattava un selfie con lo sfondo di un treno in arrivo. Il giovane è stato investito ed è morto. Illesi gli amici che dopo la tragedia sono scappati per paura.

Ve lo ricordate? Era già successo un anno fa, quando un ragazzo di 17 anni di Napoli è stato travolto dal treno in corsa mentre stava facendo selfie e giochi di equilibrismo sui binari assieme ad un coetaneo. I due si trovavano nei pressi di San Pietro a Patierno, quartiere della periferia nordorientale di Napoli, quando sono stati sorpresi dell'intercity diretto a Roma.

E ancora un anno prima a Ostiglia, in provincia di Mantova, un gruppo di ragazzi si sdraiava sui binari per scattarsi selfie pochi minuti prima che arrivasse il treno per il Brennero. Un gioco? Una moda. Già una moda incosciente che porta alla morte. Per un selfie.

Ma come funziona?

Una volta immortalata "la posa giusta”, i ragazzi la pubblicano su Facebook.

Alessandro Padovani, psicologo, uno "scatto" può annullare il senso del pericolo?
Da sempre l’adolescente tenta di mettere in scacco il limite, il pericolo, l’incertezza, anche talvolta facendone un motivo di vita: però sono comportamenti che non si realizzano in solitario, ma in compagnia, perché i compagni sono spesso i destinatari che devono vedere queste condotte. Uno scatto non toglie il senso del pericolo, ma ingrandisce il senso di potenza, mette un intermediario tra sé stessi e l’esterno. Il giovane che scatta ferma il tempo in quel momento, lo congela, lo mette in freezer. Comunica a sé stesso e agli altri ragazzi o ragazze: “vedi, riesco a farcela”. Per chi vive con gli adolescenti moderni, questo aspetto si nota anche nei modi di relazione, nello stile di pensiero, quasi che il tempo non sia un flusso continuo e dinamico ma quasi una serie di spot, di clip. Il selfie è una clip.

I protagonisti non sono bambini e neppure adolescenti ma studenti di scuole superiori ai quali la polizia ha elevato una multa di quasi 300 euro. Che valore può avere per questi giovani la sanzione della Polizia?
Speriamo che non diventi solamente un ulteriore costo economico per i genitori. Ogni sanzione stabilisce un confronto e degli obblighi verso una autorità, ma ha valore se permette di attivare una serie di percorsi di consapevolezza, sia per i giovani e sia per gli adulti che vivono con loro. Il primo riguarda l’assunzione di responsabilità, che significa in primis che ogni comportamento provoca, nella realtà, delle ricadute e conseguenze. Il secondo risponde alla domanda: “come posso riparare?”, in modo da far accedere qualcosa di reale e di concreto, oggettivo, che permette di confrontarsi a livello psicologico e nell’impegno sociale con le effettive possibilità di cambiamento e di responsabilizzazione. Il terzo aspetto rimanda alle capacità critiche e di valutazione del proprio agire in un contesto di realtà, vuol dire chiedersi cosa provoca una mia condotta nell’ambiente circostante.

Questo gesto può essere giustificato come una bravata? Come deve comportarsi un genitore nei confronti del proprio figlio che mette a repentaglio in questo modo la propria vita?
Non esistono le bravate, ma esistono condizioni che limitano la capacità di leggere, interpretare e collocarsi in modo costruttivo nella realtà. Talvolta l’adolescente ha bisogno di sostegno nella percezione e nella codifica della realtà individuale e sociale. In questo la funzione dei genitori e delle istituzioni: domandarsi certamente cosa fanno i figli, come passano il tempo, ma anche mantenere costante la curiosità sul perchè dei comportamenti, sui pensieri che li producono. Vuol dire anche rendersi disponibili ad un proprio percorso di consapevolezza e di assunzione di responsabilità. Questo atteggiamento ha però un grande nemico: la percezione di fallimento nella funzione educativa e di riferimento parentale, con una sensazione di impotenza e di incapacità ad essere ancora interlocutori nella vita dei figli. Un consiglio: utilizziamo questi fatti e queste vicende come il punto di partenza per ritornare ai perché, al senso di realtà: su questo spendiamoci del tempo.


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Nadia Francalacci