Scuola, i furbetti del Diploma
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Scuola, i furbetti del Diploma

Esiste un mercato di titoli contraffatti che consentono a docenti e bidelli trasferimenti e supplenze farlocche

Ci sono docenti con titoli e diplomi comprati al mercato dei falsari che hanno scalato le graduatorie a esaurimento o quelle d’istituto per l’assunzione temporanea nelle scuole, lasciando fuori chi, invece, quegli studi li ha fatti davvero. C’è chi ha approfittato anche di disabili e ragazzi con problemi d’apprendimento, facendosi preparare ad arte riconoscimenti speciali per poter entrare nelle graduatorie per il sostegno. Oppure chi, al momento della mobilità, quello che decreta i trasferimenti, ha calato l’asso (ovviamente falsificato) ed è riuscito ad avvicinarsi a casa. E c’è perfino chi è entrato nella segreteria di un istituto e si è creato un certificato di servizio per gli anni precedenti con tanto di timbri e firme.

L’epidemia di truffe coinvolge anche il personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario). E pure i bidelli. Con l’avvio dell’anno scolastico i controlli sui furbetti della scuola sono ricominciati. E saltano fuori ancora i diplomi prodotti a Mangone, in provincia di Cosenza, dove un pensionato settantenne aveva messo su un vero e proprio diplomificio, producendo su carta pergamena i vecchi certificati di istituti magistrali (quelli che erano già abilitanti all’insegnamento) statali e paritari della provincia di Cosenza e di Reggio Calabria, ma anche di scuole di specializzazione per l’insegnamento del sostegno agli alunni portatori di handicap, con tanto di logo dell’Istituto nazionale scuole e corsi professionali di Cosenza. L’uomo è riuscito a «infettare» con i suoi prodotti istituti di tutta Italia: ne sono stati trovati a Cosenza, a Lecce, a Pistoia, a Milano, a Bergamo, a Forlì e a Cesena.

Le pergamene non venivano depositate solo da aspiranti insegnanti calabresi, segno che, sostengono gli investigatori, il pensionato era riuscito a creare un bel giro d’affari che ha varcato i confini calabresi. E, così, la stamperia illegale di Mangone, poco meno di mille abitanti, paesello già famoso per le scorribande di uno dei briganti più attivi durante la proclamazione del Regno d’Italia, Marco Berardi, soprannominato il Re della Sila, è tornato alla ribalta 200 anni dopo. I carabinieri hanno battezzato l’inchiesta «Minerva», per la testa della dea usata nel simbolo della Repubblica italiana stampato dal falsario sui diplomi. Gli investigatori hanno identificato 25 docenti che, stando agli atti, non avrebbero esitato a compiere più di un reato per assicurarsi la tanto agognata cattedra. Le accuse: falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità materiale commessa da privato in concorso, falsità ideologica in atto pubblico.

Sono stati due dirigenti scolastici a notare che qualcosa in quei diplomi non quadrava e hanno inviato una segnalazione ai carabinieri e all’ufficio scolastico regionale. Interrogato il primo furbetto, è spuntato il nome del falsario. I carabinieri si sono fiondati a casa sua e dalla perquisizione sono saltate fuori le bozze di 30 stampe di diplomi compilati con nominativi di alcuni insegnanti già entrati in ruolo e due risme di carta pergamena pronte per la stampa. Al falsario è stata contestata la contraffazione di 22 titoli di studio presentati nelle segreterie di istituti scolastici. Una delle prof ha confidato ai carabinieri che, tramite un intermediario, il falsario avrebbe chiesto 3 mila euro in cambio del diploma tarocco. Risultato? I furbetti sono stati esclusi dagli elenchi e le graduatorie sono state ripristinate. Interrogatori a tappeto ad Avellino, dove il procuratore Rosario Cantelmo ha convocato 43 furbetti che tramite un ex collaboratore della Cisl, soprannominato Mister 2 mila euro, riuscivano a ottenere certificazione informatica di tipo europeo e attestazioni varie a pagamento con le quali poi presentavano domande dopate nelle scuole del Nord.

A Salerno, invece, l’ufficio scolastico regionale si è concentrato sui trasferimenti, scoprendo che i titoli di riserva e precedenza indicati da alcuni docenti salernitani che avevano chiesto il trasferimento o l’avvicinamento annuale a Salerno erano falsi o non esistevano. Sette i casi sospetti individuati finora. Anche qui l’epidemia da furbetto si è diffusa presto in altre città e sono scattati controlli a Torino, Milano, Firenze e Roma. C’è addirittura chi avrebbe chiesto il ricongiungimento a un figlio minore, senza avere prole. Ma da Salerno la vera epidemia coinvolge i bidelli: dalle scuole del Nord Italia, soprattutto dal Veneto, sono partite circa 500 segnalazioni al ministero dell’Istruzione per verificare i diplomi, tutti con il massimo dei voti, presentati dai bidelli per scalare le graduatorie di terza fascia (nelle quali rientra chi non ha fatto un concorso, ndr). Con quelle attestazioni alcuni di loro, partendo dalla città campana, sono riusciti a ottenere supplenze anche annuali negli istituti scolastici del Nord. Quattro bidelli salernitani e uno veneto sono già stati licenziati. Altri quattro licenziamenti a Piacenza, dove già da gennaio è scoppiato un altro bubbone: titoli di servizio inesistenti perché provenienti da scuole fantasma e autocertificazione per aumentare i punteggi di merito.

Solo a Piacenza si contano almeno 15 irregolarità da verificare. Il provveditore si è visto costretto a convocare scuole e sindacati per chiedere maggiore attenzione ai curriculum dei candidati ai vertici delle graduatorie. C’era chi è riuscito a ottenere un bonus di 14 e chi, con pochi anni di esperienza, ha incassato una supplenza annuale certificando titoli che in pochi anni di servizio non avrebbe mai potuto accumulare. «C’è chi è pronto a rischiare la galera per lavori che offrono un reddito da mille euro al mese» ha denunciato più volte Paola Votto della Cisl scuola. «Un dato sociale allarmante da guerra tra poveri». Altri sette furbetti sono stati scoperti nelle scuole padovane.

Sono ben 146 casi sospetti anche nelle scuole del Torinese, sempre grazie ai diplomi facili conseguiti al Sud. Aspiranti docenti e personale Ata erano disposti a pagare anche 15 mila euro pur di avere un curriculum da primi posti in graduatoria. In tanti anche qui hanno attestato di aver lavorato in scuole paritarie, ma poi non hanno superato la verifica Inps. Cosimo Scarinzi, coordinatore nazionale di Cub Scuola, stigmatizza il solito andazzo negli istituti paritari «di “pagare” solo in punteggio». Niente stipendio né contributi. A quel punto, la certificazione, dopo un semplice controllo, viene messa in discussione e si rischia l’esclusione dalla graduatoria. È accaduto anche a Lucca. Le verifiche nell’aggiornamento delle graduatorie di istituto valide fino al 2021 per il personale Ata di terza fascia hanno portato al licenziamento di sei collaboratori scolastici.

Il provveditore Donatella Buonriposi ha definito la situazione «preoccupante». Solita storia: candidati troppo giovani e punteggi troppo alti. Ma nel popolo dei furbetti della scuola figurano anche i commissari dei concorsi: a Roma il pubblico ministero Desiree Digeronimo ha aperto un fascicolo sull’ultimo concorsone per dirigenti scolastici. Alcuni di loro avevano il dono dell’ubiquità: sono risultati presenti in commissione durante le correzioni mentre, invece, partecipavano a incontri ufficiali, a un consiglio comunale o a un consiglio d’istituto.

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Fabio Amendolara