Renzi e la mania di fissare scadenze alle sue riforme
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Renzi e la mania di fissare scadenze alle sue riforme

Ma nessuna ha visto la luce nei tempi previsti

Da quando ha ricevuto l'incarico di formare un nuovo governo Matteo Renzi non ha fatto altro che fissare scadenze per le numerose riforme da lui promesse. Ma quante e quali sono state effettivamente rispettate? Che la strategia del premier sia quella di buttare più carne al fuoco possibile per fare fumo sufficiente a confondere le cose e distrarre gli osservatori è cosa nota. Così come la sua mania di fare presto, di andare veloce. Un po' nevrosi, un po' tattica. Se inseguendo di corsa un traguardo, Renzi si rende conto di non poter raggiungerlo abbastanza in fretta, allora cambia traguardo, scarta, devia verso un' altra meta e a chi stava ad aspettarlo dall'altra parte spiega che, in fondo, arrivarci prima o dopo non fa più tanta differenza.

E' il caso della Riforma del Senato. Anche se il via libera definitivo avverrà (almeno nelle intenzioni di premier) entro il 2015, Palazzo Madama avrebbe dovuto votare entro l'8 agosto. Adesso, viste le forti resistenze delle opposizioni e di alcuni settori, soprattutto targati Pd, della stessa maggioranza, va bene anche settembre.

Un dejà vu: il 12 aprile, inaugurando la campagna elettorale del Pd per le europee, Renzi prometteva il superamento del biacameralismo entro il 25 maggio (data delle elezioni). Qualche giorno dopo il termine era stato già spostato al 5 giugno e il 10 sempre Matteo Renzi si diceva certo che anche con 15 giorni in più “nessuno si scandalizza”.

Riavvolgendo il nastro fino al 17 febbraio, si ritrova poi un premier incaricato premier annunciare altre quattro riforme fondamentali in 100 giorni (3 mesi): legge elettorale a febbraio, lavoro a marzo, pubblica amministrazione ad aprile e fisco a maggio.

Traguardi tutti mancati, o raggiunti solo a metà. L'Italicum, infatti, ha ottenuto per ora solo l'ok della Camera. Dopo il famoso accordo del Nazareno con Silvio Berlusconi e i tentativi di dialogo con il M5S, per ingraziarsi altre forze politiche come Sel e non rischiare di vedersi bocciare la riforma elettorale, Renzi ha dovuto cedere a possibili modifiche su quella del Senato.

Il 15 maggio diventava invece legge quella del Lavoro (il Job Act), ma solo per un pezzo, quello su apprendistato e tempo determinato. Per il resto (riordino dei contratti, ammortizzatori e novità in tema di pensioni) ci sarà ancora da aspettare.

Annunciata per aprile, solo a fine luglio il decreto di riforma della pubblica amministrazione ha ottenuto la fiducia della Camera per far diventare legge le norme sul ricambio generazionale, abbassamento dell’età dei dipendenti pubblici, piano di mobilità nazionale e contenimento degli stipendi dei dirigenti.

Mentre per quanto riguarda i debiti della PA, se il 25 febbraio scorso il presidente del Consiglio chiedeva 15 giorni di tempo per sbloccare 60 miliardi, passati quattro mesi, giorni fa ha rimandato di nuovo il pagamento entro il 21 settembre nonostante nel documento economia e finanza il esso sia previsto addirittura a ottobre e per soli 13 miliardi.

La riforma fiscale, anticipata dal decreto Irpef (quello dei famosi 80 euro su cui pero ad oggi restano i dubbi sulle coperture), doveva vedere la luce a maggio. Ridotta a un pacchetto di semplificazioni fiscali è ancora alla fase di mero annuncio.

La riduzione del 10% dell'Irap per le imprese attesa il 1 maggio è slittata al 2015.

Il fondo da 3,5 miliardi di euro per il piano straordinario per la sicurezza scolastica annunciato 12 marzo si è ridotto a luglio a 1 soltanto; il taglio del 10% dei costi dell'energia, inizialmente previsto entro Maggio, avverrà forse non prima di settembre.

Attesa per giugno, slitta alla riapertura delle camere la riforma in 12 punti della giustizia per semplificare e velocizzare, in primo luogo, il processo civile.

Dovrebbe...ma con deputati e senatori che già scalpitano per andare in ferie, l'abolizione del Senato e l'Italicum in ballo, chi ci metterebbe la mano sul fuoco?

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Claudia Daconto