Così il Rione Monti ha accolto Giorgio Napolitano
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
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Così il Rione Monti ha accolto Giorgio Napolitano

L'abbraccio dello storico quartiere nel cuore di Roma al suo abitante più illustre

Giorgio Napolitano arriva dal Quirinale in via dei Serpenti a bordo della Thema presidenziale. Un percorso di solo 300 metri, ma lungo quasi 9 anni. Sono le 12.07 di mercoledì 14 gennaio, il cielo su Roma è coperto, solo ogni tanto filtra qualche raggio di sole. Per il due volte presidente della Repubblica è il giorno dell'addio e del benvenuto. Anzi, del bentornato. Il Rione Monti, dedalo di viuzze e sanpietrini, insegne d'epoca ed echi antichi, aspetta per strada il suo abitante più illustre.

L'auto si ferma davanti al civico 14, lui scende, si gira intorno, capisce in un attimo che sono tutti lì per accoglierlo. Allora si leva il cappello e sventolandolo ricambia l'abbraccio dei suoi vicini di casa, dei commercianti storici, dei semplici curiosi. Mentre un caloroso applauso lo avvolge, sembra riconoscere i presenti uno a uno. C'è un ragazzo alto con un cagnolino in braccio che sta battendo le mani, il presidente lo vede, allora si ferma e gli sorride emozionato.

“Presidente, presidente” lo chiamano i giornalisti, lui, senza dire una parola, con la signora Clio al fianco, sale un gradino e sparisce dietro un portoncino di legno. A quasi 90 anni è tornato a casa. I lunghi anni di “semi-prigionia” - come lui stesso ha definito la sua residenza al Colle rispondendo a una bambina che gli chiedeva se fosse contento di tornare a casa – sono finiti da mezz'ora.

Adesso, finalmente, ricominceranno le sue amate passeggiate per il quartiere, tra il giornalaio e il barbiere, tra il bar e il macellaio. La moglie, forse, si affaccerà di nuovo alle riunioni di condominio, con gli abitanti del palazzo che la ricordano come una “tosta” e sempre presente. Lui potrà tornare dal suo amico barbiere del civico 75 ogni volta che vorrà, senza dover incastrare quel momento tutto per sé tra i mille appuntamenti ufficiali di un capo dello Stato. Ogni tanto era riuscito a prenderci un appuntamento anche durante gli anni della sua presidenza, più spesso si era dovuto far raggiungere a domicilio.

Tra chi spera di rivederlo presto la domenica seduto ai propri tavoli con figli e nipote come prima di traslocare al Quirinale, ci sono anche i proprietari del ristorante Tavernelle, storica trattoria aperta dal 1870 e quella del bar della piazzetta, la signora Loredana, che non vede l'ora di potergli offrire un caffè.

Chi è sicuro che Napolitano non rinuncerà a fargli visita spesso è il suo macellaio di fiducia, Pietro Stecchiotti, orgoglioso di definirsi “amico di Giorgio dal 1960” e “fornitore del Quirinale da 30 anni, 6 presidenti e senza raccomandazione”. E' lui il promotore della festa “soft” in programma sabato pomeriggio nella piazza Madonna dei Monti per dare il bentornato al presidente. “Una cosa semplice – la annuncia Pietro - con un piccolo concerto di musica classica pianoforte e violino, un repertorio classico e una versione speciale dell'Inno di Mameli, senza bande e compagnia bella”. Ma l'ospite d'onore ci sarà? L'invito sicuramente gli sarà recapitato.

Intanto è già stato diffuso un volantino con su scritto che “i cittadini del Rione Monti partecipano con gioia al suo ritorno e rendono onore al suo impegno di una vita dedicata al servizio delle istituzioni e ai valori di giustizia sociale e unità nazionale della Repubblica Italiana”. Se negli anni scorsi e anche nelle ore recenti non sono mancate le critiche, le accuse, gli attacchi talvolta violentissimi a un uomo che ha battezzato cinque diversi governi (Prodi, Berlusconi, Monti, Letta e Renzi) e che per la prima volta nella storia della Repubblica è stato eletto due volte, qui invece, nel cuore di Roma – sua città d'adozione essendo lui napoletano - lo amano tutti.

E lo difendono a spada tratta. Anche quelli che magari non l'hanno sempre pensata come lui. Né quando era un leader del Pci né rispetto ad alcune decisioni prese soprattutto negli ultimi due anni. Qui, in questo fazzoletto di metropoli, i parametri sono altri. E hanno a che fare con la dimensione umana, intima dei rapporti. La sua “galanteria” ma anche la cordialità, l'essersi sempre mostrato come “uno di loro” vale più di ogni altra cosa. Anche del sacrificio, che comunque tutti gli riconoscono, di essersi sobbarcato un impegno immane. Certo, un po' di dispiacere per aver lasciato la guida dell'Italia c'è. Ma bisogna pur essere un po' comprensivi. “E poi così - dicono - lo potremo vedere più spesso”. Tra loro.

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Claudia Daconto