«Non siamo al bar sport»; «Dovevo parlare con Dudù?», il Renzi linguaggio
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«Non siamo al bar sport»; «Dovevo parlare con Dudù?», il Renzi linguaggio

Renzi difende l'incontro e l'accordo con Berlusconi che ringrazia per essere andato al Pd. E risponde alle critiche con un linguaggio che ricorda l'ex premier - L'Italicum

Come spiegare l’accordo con il «nemico» e difendersi dall’accusa «vergognati»? È nato un nuovo linguaggio a sinistra il «renziano». «Non dovevo parlare con Silvio Berlusconi ma con Forza Italia? Ditemi voi con chi allora? Forse dovevo parlare con Dudù?». «Non dovevo ricevere Berlusconi nella sede del Pd? Ma voi con la vecchia Unione e il potere di ricatto dei piccoli partiti che fecero cadere Romano Prodi, lo avete fatto andare a palazzo Chigi, non al Nazareno». Matteo Renzi vanta l’incontro con il Cav come un merito. Spiega  di averlo ricevuto per impedire che la politica «diventi bar Sport». Ovvero, discussione inutile senza «incisività e cambiamento». Come votare in direzione? «Il voto non è a la carte». E quindi, «il pacchetto è unico»: riforma della legge elettorale; abolizione del Senato, riforma del titolo V per porre ordine nelle Regioni. Perché «non vengano più fuori, mutande verdi o magari rosse per Capodanno pagate con i rimborsi spesa». E a Beppe Grillo: «Mi hai dato dello show man! Detto da te è un complimento. Allora senti, collega, fino a quando terrai chiusi i tuoi parlamentari nel blog e negherai agli elettori il pin?».

 «Fonzie» come autoironicamente si definisce, dopo che gli fu appiccicata l’etichetta per via del giubbetto con il quale fu fotografato dalla rivista «Chi», si difende così davanti alla direzione del partito. La invita a votare l’accordo con Forza Italia, perché è il secondo partito del paese. E ringrazia, «Fonzie», «il capo di Forza Italia per essere venuto da noi». Non lo dice, ma evidentemente pensa che Berlusconi avrebbe anche potuto non accettare,  dopo che il Pd con i Cinquestelle hanno lavorato alacremente per farlo decadere da senatore. L’accordo sulla riforma elettorale è stato fatto in modo tale, dice Renzi, per non uccidere anche i piccoli partiti, a cominciare dal Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, e quindi per non far cadere il governo. E su questo dà atto a Berlusconi di «senso di responsabilità». Se nell’ex Pci-Pds-Ds avessero sempre ragionato così, l’Italia oggi avrebbe una marcia in più. Ma «il renziano» che spiega all’Italia la politica in modo semplice («Non dovevo dire profonda sintonia? Allora avreste preferito convergenze parallele») non è solo merito di Renzi. Il Cav evidentemente ha fatto scuola con la comunicazione anche al nuovo Pd. 

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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