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Quei ragazzi poveri che diventeranno terroristi

Perché un esercito di giovani disoccupati e poco istruiti minaccia la sicurezza globale e cosa fare per salvarli e salvarci

I prossimi anni e decenni vedranno affacciarsi sulla scena globale una generazione numericamente senza precedenti: non c'è mai stata una quantità di giovani così consistente nella storia del pianeta.

Tuttavia, le persone tra 15 e 24 anni vivono per la maggior parte in Stati fragili e in aree dove un conflitto potrebbe scoppiare da un momento all'altro (o è già in corso): basti pensare che in Afghanistan, Angola, Chad, Timor Est, Niger, Somalia e Uganda due terzi della popolazione ha meno di venticinque anni.

La loro capacità di forgiare il futuro del pianeta presenta enormi opportunità e rischi altrettanto grandi.

Le radici del fanatismo delle nuove generazioni

Benché questi giovani portino con sé un potenziale incalcolabile in termini di energie e creatività, in molti Paesi lo scenario non è confortante.

Altissimi livelli di disoccupazione, servizi insufficienti, il richiamo a migrare verso i Paesi ricchi e, soprattutto, le sirene dell'estremismo e del fanatismo

I governi di quei Paesi non sembrano in grado, proprio per la loro condizione di sottosviluppo, di mettere in piedi un sistema che accompagni la crescita dei ragazzi, a partire dalle scuole e dall'ambiente sociale e urbano.

La situazione non offre molte speranze: ad esempio, dopo qualche anno di miglioramenti, si stima che la disoccupazione giovanile a livello mondiale stia di nuovo crescendo. Uno studio dell'Organizzazione Mondiale del Lavoro ha rivelato che nel 2016 i disoccupati sotto i 24 anni erano ben 71 milioni.

Una nuova minaccia per la sicurezza globale

Una simile massa di persone non può, purtroppo, non essere considerata anche come una potenziale minaccia per la sicurezza globale. Chi non intravede un futuro migliore, è infatti facilmente attirato dai gruppi che predicano la violenza o l'islamismo radicale.

Al Pentagono ne sono consapevoli e alti ranghi dell'esercito americano non nascondono come la lotta contro organizzazioni quali lo Stato Islamico e Boko Haram potrebbe essere vinta militarmente piuttosto in fretta, ma che queste si rigenererebbero con nuovi militanti altrettanto rapidamente.

Sviluppo e istruzione per combattere gli estremismi

La risposta risiede nel rafforzamento e nella rifinitura delle politiche di aiuto, in modo da evitare che larghe fette della popolazione si senta marginalizzata.

Migliorare il sistema scolastico e rendere più efficiente il mercato del lavoro in Africa e nelle altre regioni meno sviluppate del pianeta, tuttavia, non è sufficiente.

A fomentare la rabbia giovanile è, secondo gli studi, soprattutto la percezione di ingiustizie, di cui la fonte può essere la corruzione, vera e propria piaga endemica in molti Stati, oppure le disuguaglianze, specie se provocate dalla concentrazione della ricchezza e del potere nelle mani di élites autoreferenziali e chiuse.

Il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo riferisce che addirittura il 71% di coloro che si sono uniti a gruppi estremisti è stato motivato da qualche tipo di azione delle autorità, come un arresto di parenti o amici giudicato arbitrario.

Più aiuti e meno interventismo militare, insomma, potrebbe essere la ricetta per prevenire quella che rischia di essere la minaccia maggiore di questo secolo.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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