L'evasività di Prodi sul pasticcio kazako - Video
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L'evasività di Prodi sul pasticcio kazako - Video

Raggiunto sul'Appennino tosco-emiliano, l'ex premier fornisce risposte evasive alla nostre domande sul caso del rapimento della moglie e della figlia di Ablyazov

 

Mentre l’Italia soffoca sotto il solleone di Caronte, sabato 27 luglio, al fresco dei boschi di Ligonchio, sull’Appennino tosco emiliano, Romano Prodi, abbronzato ed in maniche di camicia, invitato da Reggio Children, parla delle “cose che cambiano nel mondo”. Panorama.it l’ha raggiunto per chiedergli la sua impressione sull’affaire kazako, un caso che ha provocato un terremoto al Viminale e che fa traballare il Governo e nel quale si paventa l’ipotesi di una gravissima violazione dei diritti umani. I diritti di Alma Shalabayeva e della figlia Alua, di sei anni, moglie del dissidente Mukhtar Ablyzov, espulsa dall’Italia il 31 maggio scorso con una frettolosa procedura, oggi oggetto di inchieste amministrative e giudiziarie, su richiesta delle autorità del Kazakistan.

Un caso che si è prestato ad innumerevoli strumentalizzazioni. Se infatti alcuni autorevoli osservatori definiscono il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev, un satrapo o addirittura un dittatore, altri  - capi di Stato, statisti e politici di livello internazionale – lo frequentano. Al punto da recarsi spesso ad Astana, la capitale kazaka, per convegni e seminari. Collaborazioni, pare, assai bene retribuite. Tra queste, una delle più assidue, proprio quella dell’ex premier italiano Romano Prodi. Che, stando alle rivelazioni del settimanale tedesco Der Spiegel, per i suoi consigli riceverebbe lauti compensi. A Romano Prodi, che il presidente kazako conosce molto bene, tanto da aver proposto, e ottenuto, già nel 1997, che gli venisse attribuita l’onorificenza del Gran Cordone, la più alta concessa dal Quirinale (allora occupato da Oscar Luigi Scalfaro), Panorama ha posto alcune chiare e semplici domande. Se ritiene che si sia verificata una violazione dei diritti umani, se ritiene che la moglie e la figlia del dissidente kazako siano in pericolo, se, soprattutto, ritiene che il presidente del Kazakistan sia un satrapo e dittatore o una persona per bene.

Prodi prima divaga con una risposta tra lo storico e il geopolitico, affermando, poco verosimilmente, di non aver seguito la vicenda. Ammette vagamente che il Kazakistan è un paese a forte elementi autoritari, sostenendo però che sta evolvendo. E sull’eventualità che con l’espulsione della moglie e della figlia del dissidente kazako siano stati violati i diritti umani, invece, Prodi risponde che così è stato detto dal Financial Times, accusando il cronista di voler “fare il furbetto”. Tagliando corto, aggrappandosi ad un’altra domanda come ad una ciambella di salvataggio, e non rispondendo alle domande.

 

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Giorgio Sturlese Tosi

Giornalista. Fiorentino trapiantato a Milano, studi in Giurisprudenza, ex  poliziotto, ex pugile dilettante. Ho collaborato con varie testate (Panorama,  Mediaset, L'Espresso, QN) e scritto due libri per la Rizzoli ("Una vita da  infiltrato" e "In difesa della giustizia", con Piero Luigi Vigna). Nel 2006 mi  hanno assegnato il Premio cronista dell'anno.

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