Il processo contro Dominique Strauss Kahn
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Il processo contro Dominique Strauss Kahn

Donnaiolo, libertino e peccatore, certo. Ma l'ex direttore del Fmi è anche uno sfruttatore di prostitute?

Imputato insieme ad altre tredici persone  per un giro di squillo di alto bordo che parte dall'Hotel Carltone di Lille, passa per Parigi e Bruxelles e arriva fino a Washington e New York, l'ex direttore del Fondo Monetario InternazionaleDominique Strauss-Kahn non ha mai negato di essere un inguaribile «donnaiolo» che ha sempre amato concedersi «serate libertine» negli hotel che frequentava dove, «dopo che si è consumato un pasto», «si formano delle coppie che hanno relazioni sessuali». Quello che ha sempre negato - e che costituisce il «cuore» della sua linea difensiva nel processo che si è aperto a Lille, in Francia, per «sfruttamento aggravato della prostituzione» - è che il suo comportamento - riprovevole fin che si vuole sul piano morale - possa essere considerato un reato penale.  «Siamo sempre stati tutti adulti e consenzienti: non c'è mai stata costrizione» così ha sempre ripetuto.  «Hanno inventato un reato di lussuria» ha rimarcato il suo legale Henri Leclerc. «Non immaginavo nemmeno che quelle ragazze fossero pagate» ha ribadito DSK a Stephanie Ausbart, il pm che istruisce il processo, nel 2012, quando fu fermato.

Per il reato che gli viene contestato,  «sfruttamento aggravato della prostituzione», DSK, che già dovette dire addio al suo lavoro al Fmi e al suo sogno di candidarsi all'Eliseo quando nel maggio 2011 fu fermato al Sofitel di New York con l'accusa (poi caduta, ndr) di aver stuprato una cameriera dell'albergo, rischia fino a 10 anni di carcere oltre al pagamento di una sanzione di 1,5 milioni di euro di sanzioni. Un capo d'accusa pesante, che secondo i magistrati è giustificabile con il fatto che Strauss Kahn non era un cliente qualsiasi delle feste che avvenivano negli hotel di lusso dove soggiornava ma il vero e proprio «re» delle «orge» che organizzavano  due suoi imprenditori amici, Fabrice Pazkowsky e David Roquet, finiti anch'essi sul banco degli imputati. Non un semplice  «beneficiario» dunque ma in qualche modo - secondo l'accusa - l'organizzatore che poteva contare su un corposo giro di escort messe a disposizione da un protettore del «giro» (anche lui finito sotto accusa, ndr) e chiamate a rallegrare, dietro un compenso fino a 2500 euro a serata che pagavano i suoi amici imprenditori, lo stesso ex presidente del Fmi e i suoi potenti amici. 

L'accusa può contare sulla testimonianza di di due escort che si sono costituite parte civile nell'affaire Dsk: Jade e Marion. I loro racconti, finiti alla stampa per trasformare forse un processo penale in uno scandalo capace di «indignare» l'opinione pubblica, grondano particolari anche piccanti di questi diciassette festini finiti sotto l'occhio dei magistrati, tra Lille, Washington e Parigi. Secondo Marion, l'imprenditore Roquet, uno degli organizzatori di questo giro di «feste libertine» a Washington nel 2010, «mi tenne i polsi mentre Strauss Kahn cercava di sodomizzarmi»: «Trovavo che l'atmosfera fosse davvero bestiale. Mi sembrava strano vedere dei tipi passeggiare nudi gli uni vicini agli altri. Alcuni si masturbavano senza vergogna. Era puro consumo sessuale».  Resta il fatto che questo processo ha spaccato l'opinione pubblica. E non tutti si dicono convinti che sia giusto porre sotto accusa un uomo per i suoi comportamenti privati, laddove non ci sono ingenue ragazzine ma vere professioniste del sesso. Ha spiegato Elisabeth Levy, direttrice di Causeur, nonché firmataria del Manifesto dei 343 maiali che lo scorso anno ha puntato in Francia il dito contro la «deriva puritana dello Stato e della magistratura francese» che «vuole punire i semplici clienti»: «La definizione di sfruttamento della prostituzione si sta allargando a dismisura fino a punire i semplici clienti. La nostra vita privata è minacciata da un'inquisizione femminista permanente» .

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