scuola pioltello
(Ansa)
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I problemi, veri, della scuola di Pioltello sono quando è aperta, non un giorno di chiusura

Mancata unione tra italiani ed immigrati, preparazione limitata, i guai della scuola al centro delle polemiche per la famosa festa di fine Ramadan sono altri. E ci mettono davanti ad una domanda

Fin dall’inizio della vicenda della scuola di Pioltello che aveva deciso di sospendere le lezioni nel giorno ella fine del Ramadan per rispettare la volontà del quasi 50% degli studenti dell’istituto, musulmani, la domanda che mi frulla per la testa non è tanto se la scelta del Preside e del Consiglio di Istituto sia stata giusta o sbagliata. Di questo se ne stanno occupando programmi tv, radio e giornali son le solite immancabili divisioni tra chi è contrario all’ennesima concessione agli stranieri e chi invece la condivide, in nome dell’accoglienza. Il solito…

Quello che mi è interessato davvero è cercare di capire quale fosse la situazione non nel giorno di chiusura di cancello ed aule ma quale fosse l’andazzo a scuola aperta; com’è la vita in una scuola italiana composta per la metà da ragazzi e ragazze straniere, di origine nordafricana, musulmani? Com’è la convivenza quotidiana con i coetanei italiani di origine? Qual è il livello di studio delle classi che si trovano composte per gran parte da studenti con difficoltà con l’italiano?.

Ho così chiesto a Marianna Baroli, abile collega e cronista, di occuparsi, andando fuori dalla scuola come hanno fatto altre redazioni. Di tutto mi sarei aspettato dalla sua prima trasferta, non che tornasse con la seguente dichiarazione: «non vuole parlare nessuno, hanno paura…». Una risposta del genere di solito la si riceve quando si segue una storia di criminalità più o meno grossa, in un quartiere paese più o meno complesso. Di sicuro non avrei mai pensato che fuori da una scuola media ci fosse paura ed omertà, come per la mafia. Eppure così. E questo da solo ci dice molto delle difficoltà esistenti.

Il Preside ammette che ci sono delle difficoltà sia di convivenza tra italiani e stranieri (sia a livello di ragazzi, che di genitori) con questi ultimi che vogliono un po’ dettare le regole anche comportamentali (persino alimentari. Del tipo evitare di portare per merenda prodotti non presenti nella dieta musulmana… racconta un genitore che vuole restare anonimo…) ma soprattutto di istruzione e formazione.

Le classi sono indietro, molto indietro rispetto alle altre, ai pari età di altri istituti.

Non solo quindi non c’è una volontà reale di integrazione ma questa barriera diventa un freno per l’istruzione, di tutti. Evito facili ragionamenti su immigrazione-accoglienza-integrazione ma mi concentro sulla questione di fondo per arrivare alla famosa domanda di inizio articolo.

Siamo in un’epoca dove come genitori possiamo scegliere la scuola dei nostri figli. Ormai l’autunno è diventata la stagione degli Open Day dove i vari istituto di ogni ordine e grado fanno gara a mettersi in mostra per avere più studenti possibili. Anche io da papà ho visionato diversi istituti facendo attenzione alla storia, parlando con presidi e docenti, guardando la struttura, raccogliendo i pareri di chi si trova all’interno. Una scelta difficile, quindi, seria e ponderata; soprattutto una scelta importante dato che stiamo parlando dell’istruzione dei nostri figli.

Ed ecco, quindi, la domanda fatidica: voi mandereste vostro figlio o figlia nella scuola di Pioltello?

Non esiste sia chiaro una risposta giusta o sbagliata. Esiste solo una risposta onesta (con se stessi).

Fosse toccato a me non avrei avuto dubbi a dire No.

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Andrea Soglio